Sgombero di via mazzini

Rabbia, dissenso e protesta. L’onda che sta attraversando l’Italia è ben lontana dall’attenuarsi dopo i fatti della settimana scorsa di Pisa. Una pagina di questo clima di tensione si scrive anche a Bologna. Oggi, infatti un centinaio di attivisti dei collettivi Tpo, Labas e Luna si sono riuniti nel cortile del pozzo di Palazzo D’Accursio per criticare aspramente le misure cautelari notificate ai sei attivisti che lo scorso ottobre occuparono l’istituto Santa Giuliana in via Mazzini.

I sei divieti di dimora a Bologna e provincia sono stati definiti a più riprese dai collettivi come «sproporzionati, medievali e insensati» perché rivolti a individui «ritenuti socialmente pericolosi ma sono sindacalisti, operatori del sociale, cooperanti e volontari che in realtà rispondono ai bisogni delle persone più fragili».

Presente il consigliere comunale di coalizione civica Detjon Begaj che ha espresso solidarietà ai «sei attivisti confinati in questo momento a Reggio Emilia». Anche loro, in viva voce al telefono, hanno partecipato alla conferenza stampa «determinati a combattere questa battaglia per una città più progressista e libera».

«Non è stato un bel buongiorno quello di ieri. Delle persone si sono svegliate con l’obiettivo di andare a cercare altre persone nei loro domicili per notificare un divieto di dimora, mentre un’altra parte della città si è svegliata con l’intenzione di promuovere vertenze per i diritti dei lavoratori sociali e fare proposte concrete per l’emergenza abitativa». A parlare è Martina Solidoro, 25enne che il 17 ottobre dello sgombero ha subito sei punti di sutura alla testa a causa di una manganellata di un agente di polizia. «Insomma una parte della città si svegliava con l’intenzione di notificare misure fasciste volte a reprimere una specifica fetta sociale di Bologna. Invece dall’altra parte abbiamo quella fetta sociale che si sveglia tutti i giorni con l’obiettivo di liberare le soggettività e non di opprimerle».

A prendere parola c’è anche Ilaria Cauzzi, studentessa 26enne che lo scorso 6 dicembre ha partecipato alla manifestazione organizzata dal collettivo universitario autonomo (Cua) contro gli sgomberi di due occupazioni. Cauzzi ha dichiarato di aver subito una violenza da parte di un poliziotto, che l'avrebbe colpita ai genitali. Tuttavia ieri la procura di Bologna ha presentato richiesta di archiviazione riguardo alla sua denuncia. «Quel calcio che ho ricevuto è stato un chiaro segno di quello che mi si voleva dire in quel momento ossia che io non ho spazio nelle piazze, bensì dovrei stare a casa in silenzio. Invece io ero lì proprio per contestare quello stesso sistema che si nutre di abusi polizieschi e non permette l’autodeterminazione delle soggettività. Ripeto, non stiamo parlando di mele marce ma di un problema sistemico di connivenza e piena legittimazione di ogni abuso».

 

Nell'immagine la protesta dei collettivi Tpo, Labas e Luna. Foto di Lorenzo Trisolini