Quindici

erasmus

Anche Erasmo Da Rotterdam, uno tra i più illustri teologi e umanisti occidentali del Cinquecento, era uno “squattrinato” con il sogno di vivere a Bologna. E come lui oggi - ricalcando le orme del vecchio Grand Tour - centinaia di migliaia si mettono in viaggio per raggiungere l’Italia che, col passare dei secoli, non ha perso la sua attrattività. A suggerire il primato del Belpaese sono i dati di Indire. Nel 2023 nella classifica delle università più attive nei progetti di mobilità studentesca, su cinque università, quattro sono italiane e Bologna fa da capofila. Lo scorso anno in 3.276 hanno salutato le Due Torri e sono volati verso altri atenei esteri. Tutto ciò è reso possibile grazie ai fondi Erasmus da oltre 9 milioni di euro destinati all’Alma Mater che, anche in questo caso, la fa da padrona, prendendosi l’8% dei finanziamenti a livello nazionale. Non solo tante partenze, anche gli arrivi non sono da meno. Altro primato dell’Unibo è quello per gli studenti stranieri in entrata. Tra 2014 e 2020, 188mila studenti hanno scelto l’Italia e 21mila sono atterrati in Emilia-Romagna, di cui oltre 15mila avevano come meta Bologna.

Questi continui scambi esistono grazie ad un progetto che dal 1987 ha coinvolto più di 13 milioni di persone. Ma per capire come sia stato possibile bisogna fare un passo indietro. In particolare, agli anni Sessanta, quando quella che diventerà “Mamma Erasmus”, è ancora una studentessa. Sofia Corradi, ora pedagogista in pensione, sul finire degli anni Cinquanta, frequenta Giurisprudenza a Roma. Poi un giorno l’occasione della vita: una borsa di studio per la Columbia University a New York. Ma una volta tornata in Italia il sogno si rompe in mille pezzi: «Crede che regaliamo una laurea a chi si va a fare una scampagnata negli Stati Uniti? Torni a studiare e veda di essere promossa», si sente dire ancora con il bagaglio in mano. Da quell’ingiustizia nasce il desiderio di far sì che nessun altro universitario si sentisse rispondere in quel modo e avvia un ambizioso progetto, che qualche anno dopo prenderà il nome di Erasmus, European region action scheme for the mobility of university students. A trent’anni dalla sua creazione il piano di scambi internazionali non solo ha dato un nome a una generazione, ma ne ha create di nuove. Da alcune stime di Indire infatti sembrerebbe che, dalla fine degli anni Ottanta ad oggi, lo scambio di personale e studenti abbia creato tante coppie da far nascere circa un milione di bambini. Nato ufficialmente il 17 giugno 1987 dopo una serie di scambi pilota effettuati dal 1981 al 1986, il programma Erasmus inizialmente offriva agli universitari dei paesi europei coinvolti la possibilità di studiare in uno degli istituti partecipanti per un periodo compreso fra i tre e i dodici mesi. Quel primo anno ne partirono 3.244 da undici stati diversi. Il progetto nel 2014 diventa Erasmus Plus, allargando i confini e comprendendo anche la dimensione lavorativa e imprenditoriale, non solo quella studentesca. Negli anni il numero dei paesi partecipanti si è allargato arrivando fino a 33, di cui 28 membri dell’Unione Europea e altri cinque extra. Oggi chi vuole partire da Bologna ha la possibilità di scegliere tra 600 università diverse di 26 stati membri, tre dello spazio economico europeo (Islanda, Liechtenstein e Norvegia), e poi anche di Turchia, Macedonia, Svizzera e Regno Unito.

Ma la città delle Due Torri non è solo un punto di partenza, per molti è un agognato punto d’arrivo.

Negli ultimi cinque anni, oltre duemila studentesse e studenti provenienti da mezzo mondo si siedono nei banchi di una delle università più antiche del vecchio Continente. Per poi ritrovarsi la sera in uno dei pub di via Zamboni per un karaoke o una serata in compagnia. Ma Bologna, croce e delizia, per quanto accogliente, «è piena di truffe, persone che mettono annunci di affitti e che scompaiono, prezzi altissimi per gli studenti» - riassumendo il pensiero di chi ha scelto la città per studiare. «Quando sono arrivato a settembre 2023 ho girato per un mese alla ricerca di una casa. Spostandomi di albergo in albergo ogni due giorni» racconta Maruf, 29 anni, studente di Ingegneria, arrivato a Bologna dal Bangladesh. Le difficoltà non diminuiscono nemmeno se si gioca d’anticipo. Ad esempio dal Messico Clara, 26 anni, ha iniziato a cercare mesi prima del suo arrivo, scrivendo a chiunque mettesse annunci sui social. «Non voglio esagerare ma avrò mandato più di 200 messaggi - racconta la studentessa di Gender Studies -. Era tutto un messaggio, videochiamate di conoscenza, casting per sapere se fossi “quella giusta per loro”. E alla fine, sono stata fortunata perché ho trovato una camera condivisa a poco più di 200 euro spese escluse. Ma a una mia amica è andata peggio: le hanno chiesto 1000 euro di caparra e poi sono scomparsi». E se per Clara la questione casa è un’ottimo motivo «sconsigliare fortemente a chiunque di fare l’Erasmus a Bologna», per Maruf - che ormai una stanza condivisa a 10 chilometri dalla sua facoltà l’ha trovata - il peggio passato. È stata «un’esperienza temprante, sono determinato a studiare qui, per la storia dell’Università e l’altissimo livello accademico». Ed è forse proprio questa fama, unita a migliaia di video virali sui social che dipingono Bologna come “la città dei sogni” ad attirare tante studentesse e studenti alla corte dell’Alma Mater. Una tradizione, quella del viaggio, che sotto ai portici fa incrociare ogni giorno centinaia di storie, sguardi e lingue. Se nei primi anni Duemila i “nipoti” di Erasmo Da Rotterdam erano poco più di mille - come tra il 2005 e 2006 - oggi la cifra triplica. A segnare una battuta d’arresto il periodo Covid, quando gli spostamenti erano limitati e non si poteva nemmeno uscire di casa. Tra 2020 e 2021 a partecipare ai programmi di scambio sono stati solo 1.321 studenti stranieri. E anche da Bologna ne sono partiti in pochi: 1.908. Numeri nettamente inferiori al 2019 quando sono arrivati in 2.366 e hanno fatto i bagagli in 2.811.

Le motivazioni che guidano gli studenti stranieri a mettersi in viaggio sono delle più disparate. Se per Maruf è una questione di qualità delle lezioni, per Hanna, 26 anni, il sogno di vivere in Italia, «almeno per un po’ di tempo», è legato al passato della famiglia. «Mia mamma ha trascorso metà della sua gioventù a Roma. E io ho voluto seguire le sue orme». In città ha seguito i corsi della laurea magistrale di Letteratura moderna. Per realizzare il suo sogno nel cassetto prima di arrivare a Bologna ha fatto un corso intensivo di italiano durato tre settimane. Racconta di aver sentito «solo cose positive» sulla città. Questo però prima di provare sulla sua pelle la temuta “ricerca di una casa”. «È stato più complicato che trovarla a Cork, in Irlanda, dove ho fatto un’altra esperienza Erasmus. Le prime sei settimane di lezione le ho trascorse in sei Airbnb diversi». Ma la «follia» è arrivata ai suoi apici quando ha pagato «25 euro a notte per dormire su un divano in una cucina». Dopo settimane di disperate ricerche, la fortuna le sorride: «Ho trovato una stanza a 500 euro tutto incluso in pieno centro. Come prezzo è superiore di circa 200-300 euro rispetto agli affitti che ho pagato in due piccole città della Germania e, più o meno, 100 euro in meno di quanto invece ho speso in Irlanda. Se non fosse stato per i contributi Erasmus non avrei mai potuto permettermi prezzi del genere. Quel che mi dispiace - aggiunge - è che proprio per questo motivo gli studenti che vengono da fuori sono disposti a pagare molto di più». E una cosa che nota anche chi viene da fuori è la quantità «esagerata di strutture Airbnb. Cinque delle sei camere che ho prenotato tramite la piattaforma, potevano anche essere affittate come fossero a tutti gli effetti stanze per studenti». Nonostante l’esperienza della casa sia stata «durissima», per lei Bologna è meravigliosa e definisce il suo rapporto con la città come “una luna di miele”. Fatica anche trovarle dei difetti: «Se proprio devo, credo che ci sia poco verde, ma basta spostarsi un po’ per vederlo e ammirare le colline che appaiono all’orizzonte».

Ad notare diversi lati negativi della città è Clara, arrivata in città dopo un anno in Spagna per concludere il secondo anno del master Gemma (Gender studies and equal opportunities). Ormai si è laureata ed è tornata a casa in Messico, ma la 26enne il ricordo di camminare per le strade di Bologna la notte e sentirsi in pericolo non se lo toglie di dosso. Per lei «è una delle cose peggiori di Bologna. Non mi sono mai sentita sicura fino in fondo. Quando tornavo a casa di notte sfrecciavo velocissima sulla mia bici per paura che qualcuno potesse infastidirmi o farmi del male». Altro punto a sfavore della città che a Clara proprio non va giù è il costo della vita. «Ero molto lontana dal mio paese e spesso mi mancava. Così ogni tanto mi andava di cucinare qualche ricetta della tradizione che mi riportasse lì per un po’. Ma in Italia comprare prodotti come gli avocado è troppo caro. Si spende il triplo».

Ma nonostante i lati negativi dell’esperienza, anche Clara a Bologna si è innamorata dei portici, degli edifici antichi, della storia della città. Esther, 22enne che frequenta la facoltà di Filosofia, apprezza molto il «clima disteso e ospitale» che si respira sotto le Due Torri. La ragazza, arrivata da Bruxelles nel settembre 2023 e si è sentita subito a casa. «Non posso dire di aver trovato dei veri amici, ma sicuramente mi trovo bene con tutte le persone che ho conosciuto. Qui sono tutti molto gentili. Poi - aggiunge - sono una persona molto solare e per me non è affatto complicato trovare compagnia». Anche Clara ha stretto diverse amicizie e racconta che «anche se le feste per studenti non sono il mio forte, ho preso parte a un club per fare l’unicinetto e ad un altro per andare a fare qualche pedalata in compagnia. Tra le cose più belle della città c’è anche il fatto si possa viaggiare in giornata un po’ per tutta Italia senza spendere molto». Per quanto riguarda l’aspetto didattico Esther è entusiasta: «Ho scelto Bologna perché qui le materie sono più approfondite e le facoltà più grandi». Certo, le modalità d’insegnamento sono un po’ diverse, «molto studio individuale, molte letture. Ma dagli esami - confessa - non so cosa aspettarmi. Non ho idea del livello richiesto dai docenti». E se nel racconto di Esther tutto sembra abbastanza positivo, ad adombrarla è il discorso casa: «È incredibile quanto la nostra vita sia condizionata dai proprietari, i prezzi altissimi e tutti i messaggi che ho inviato mai risposti». Di questo ne sa qualcosa Maruf, 29enne del Bangladesh, che studia Ingegneria elettronica e si sta specializzando in Big Data, sistemi intelligenti e Iot (letteralmente: Internet of things). Non ha preso parte al programma Erasmus, ma fa parte di quei 700 studenti internazionali che, nel 2023, hanno scelto di immatricolarsi a Bologna per seguire un intero ciclo di studi. Maruf spiega che l’ateneo bolognese sia il migliore nel suo campo e dopo qualche ricerca online ha fatto armi e bagagli e lasciato il suo paese. Al suo arrivo però non si aspettava tante difficoltà nel trovare una stanza. Così, per un primo periodo, è passato di hotel in hotel: «Mi sono spostato quasi ogni due giorni. Arrivando a pagare 1000 euro in un mese. Cifra insostenibile per uno studente che arriva da un paese meno ricco di quello di arrivo». Un calvario che sembra concludersi quando finalmente trova un affitto stabile, peccato che in casa ci siano altre cinque persone e che l’appartamento si trovi a 10 chilometri dalla sua facoltà. «Stanza condivisa a 300 euro al mese, tre volte tanto quanto costerebbe in Bangladesh». Inoltre la mancanza di un contratto di affitto durante quei primi mesi gli ha fatto perdere anche una borsa di studio. Di positivo però c’è che anche per Maruf la «qualità dei corsi proposti è molto alta, anche se a volte ho qualche difficoltà di comprensione durante le lezioni a causa di qualche piccola lacuna di lingua inglese dei docenti». Ma Bologna la vive come una grande opportunità: «Le persone sono amichevoli e ci sono molte occasioni anche per poter svolgere dei lavoretti part-time adatti agli studenti». E forse è proprio per tutti questi motivi insieme: la qualità dello studio, le opportunità per studenti-lavoratori e un clima particolarmente accogliente che ogni anno sui banchi dell’Alma Mater si avvicendano migliaia di studenti stranieri in un valzer scomposto che mescola lingue, provenienze, sogni e aspirazioni.

 

Nell'immagine studentesse e studenti in via Zamboni all’uscita dalle lezioni. Foto di Chiara Putignano

 

L'articolo è stato già pubblicato sul Quindici n. 16 del 15 febbraio