strage 2 agosto

«Ieri Paolo Bellini in aula ha dichiarato cose tutt’altro che banali, ponendo un grosso punto di domanda sulle sue prossime mosse». Giovanni Vignali, autore del libro biografico “L’uomo nero e le stragi” ragiona su quanto accaduto ieri in tribunale durante il processo all’ex “primula nera”. «Le ipotesi sono due: o sta lanciando metaforicamente dei messaggi vaghi, non verificabili oppure in passato è stato realmente ingaggiato da degli apparati dello Stato».

 

Questi i due possibili risvolti di questa storia, che da anni porta la città a interrogarsi sulla colpevolezza di Paolo Bellini durante la strage del 2 agosto 1980.  «La grossa novità è sicuramente il racconto della notte tra il 3 e il 4 agosto 1980. Bellini, già all’epoca latitante di estrema destra, ha dichiarato che era presente anche lui nell’albergo del padre insieme al procuratore capo di Bologna Ugo Sisti, che in quel momento indagava proprio sulla strage – spiega Vignali –. Non si è mai saputa questa cosa, si sapeva che Sisti fosse lì di nascosto ma che insieme a lui ci fosse anche Bellini è un fatto abbastanza clamoroso». Questo perché le dichiarazioni del collegio difensivo dell’associazione familiari delle vittime continuano ad alimentare un sospetto, non provato, che lui fosse esponente di quello che oggi chiameremmo deep state, stato nascosto.  

 

«Un altro importante segnale a supporto di questo è stato lanciato da Bellini quando ha parlato dei giudici. Dice una cosa che non aveva mai detto, e cioè che nel ’92 si recò in Sicilia per indagare sulla mafia per conto di Francesco Cossiga, Presidente della Repubblica all’epoca», aggiunge il biografo. Il processo si trova quindi difronte a uno snodo importante, «Bellini tornerà a parlare continuando a lanciare messaggi confusi oppure deciderà di chiarire meglio a che titolo e per conto di chi ha fatto queste cose». 

 

 

Nell'immagine Paolo Bellini. Foto Ansa