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Soffrire di disturbi alimentari non è una scelta, tagliare il fondo sì. Lo aveva fatto recentemente il governo Meloni scegliendo, nella legge di bilancio varata a dicembre 2023, di non rinnovare il contributo finanziario di 25 milioni di euro istituito dal precedente esecutivo per contrastare il fenomeno Dca (disturbi del comportamento alimentare). La decisione ha suscitato non poche polemiche tanto che, venerdì 19 gennaio, medici, pazienti, famiglie e associazioni scenderanno nelle piazze di tutta Italia per manifestare ed esprimere il proprio dissenso. Ma dopo le accese proteste, il governo ha già scelto di fare retromarcia ed è subito corso ai ripari. Nella giornata di ieri, il ministro della salute Orazio Schillaci ha infatti annunciato lo stanziamento di 10 milioni di euro (per tutto il 2024) da dedicare alla cura dei disturbi alimentari.
Approfondiamone alcuni aspetti.

Cos’è il Fondo per i Dca
Il Fondo per i Dca, istituito nel dicembre 2021 dalla legge di bilancio per il 2022, prevedeva una dotazione di 25 milioni di euro in due anni: 15 milioni per il 2022 e 10 milioni per il 2023. Attualmente, nei Lea (Livelli essenziali di assistenza) i disturbi del comportamento alimentare rientrano ancora sotto l’area generale delle "malattie mentali" e non costituiscono, invece, una categoria scorporata. Il fondo era dunque stato stanziato in via emergenziale, ossia in attesa che i Dca divenissero un’area a sé stante. Con un’apposita categoria nei Lea, infatti, i Dca acquisirebbero una specifica rilevanza rispetto alle "malattie mentali" e potrebbero dunque disporre di finanziamenti strutturali, fissi e stabili nel tempo.

Cosa sono i Lea
I Lea (Livelli essenziali di assistenza) sono le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale (SSN) è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o con pagamento di un ticket, con le risorse pubbliche raccolte attraverso le tasse.

I nuovi soldi stanziati per il 2024
Per recuperare i soldi si ricorrerà a un emendamento di maggioranza al decreto Milleproroghe, da convertire poi in legge. Il ministro della Salute Orazio Schillaci, dopo aver annunciato alla Camera lo stanziamento di 10 milioni per il 2024, ha aggiunto: «In futuro scorporeremo i Dca nei Lea, così da poter disporre di finanziamenti fissi e strutturali». Il ministero è dunque al lavoro per trovare una soluzione che consenta, dal 2025 in poi, di poter contare su risorse stabili e non dover rifinanziare il fondo ogni anno.  

I numeri: dati allarmanti e casi in aumento
In Italia ci sono quasi quattro milioni di pazienti in cura per i disturbi alimentari, la metà dei quali sono under 18.  
«A Bologna 400 persone soffrono di anoressia e bulimia – ha spiegato il medico e presidente della onlus Fanep (Famiglie Neurologia Pediatrica) Emilio Franzoni – con un aumento dei casi di oltre il 40% rispetto al passato».
La situazione è critica in molte regioni, tra cui l’Emilia-Romagna. Ma l’assessore regionale alla sanità Raffaele Donini rassicura: «La nostra regione continuerà a battersi e nessun centro cesserà la propria attività».

 


 



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«Bella e dannata, provocante e raffinata». È Valentina Dallari, dj e autrice bolognese che, dopo un anno di ricovero alla Residenza Gruber di Bologna, è riuscita a uscire dal tunnel dell’anoressia nervosa. Oggi Valentina sta bene e ha scelto di far sentire la propria voce. É volontaria di "Animenta", associazione no-profit che si occupa di disturbi alimentari. Nei suoi due libri - "Non mi sono mai piaciuta" e "Uroboro" - parla dei Dca con attenzione e delicatezza, per sensibilizzare la comunità sul tema e aiutare chi, come lei, ha sofferto - o ancora soffre - di questa malattia. Anche Valentina parteciperà alla manifestazione di venerdì a Bologna, in piazza Scaravilli.


Valentina, venerdì sarà importante esserci. 
«Se si scende in piazza significa che c’è qualcosa che non va. Ciò non dovrebbe accadere quando si tratta di sanità: il sistema di cura dovrebbe funzionare, ma così non è e ne prendiamo atto. Manifestiamo. La piazza fa bene a chi la fa, dona un senso di appartenenza e comunità. Esserci significherà unire i nostri corpi, far sentire le nostre voci. Per vincere la battaglia, per raggiungere l’obiettivo».

Quale obiettivo?

«Ottenere uno stanziamento annuale fisso e stabile. Il fondo ha un carattere provvisorio ed emergenziale: è una toppa, nulla di effettivamente duraturo. Non scenderemo nelle piazze solo per sollecitarne il rinnovo, ma anche per chiedere che i Dca vengano introdotti nei Lea, i Livelli essenziali di assistenza, come categoria a sé stante. A oggi, infatti, i disturbi alimentari rientrano sotto la classificazione più generale di "malattie mentali". Dunque, fin quando non ne verranno scorporati, non sarà possibile destinarvi risorse specifiche».  

Sembrerebbe che il governo abbia fatto retromarcia.
«Si, ma solo per darci il ‘contentino’, una sorta di premio di consolazione. Hanno deciso di cercare nuovi soldi non perché hanno compreso la gravità della situazione, ma solo per zittirci e metterci a bada. Ma non ci riusciranno, la nostra battaglia continua».

In effetti, un’adesione così non c’era mai stata prima d’ora.
«
Esatto, sarà una mobilitazione nazionale. L’aumento dei casi degli ultimi anni ha portato sempre più persone a rendersi conto del problema, c’è un clima di scontentezza generale. Se la protesta non parte da noi, nulla cambierà».

Intende dire che non si può fare affidamento sul governo?
«Sinceramente, credo di no. Giorgia Meloni è tornata più volte sul tema, definendo i Dca come una devianza, un problema da poter curare facendo sport e mangiando sano. Questo significa non averne consapevolezza, non conoscerli, non sapere cosa rappresentano davvero».

Infatti, spesso, il disturbo viene ricondotto solo al cibo.
«Esatto. Non si parla mai di quanto questa malattia impatti sulla vita delle persone, molto al di là del piano alimentare. Viviamo in una cultura in cui i Dca vengono ancora troppo semplificati, mai realmente compresi. Ma è ovvio che sia così: è difficile, oserei dire impossibile, capirne la reale essenza se non li si ha vissuti o studiati. Solo pochi sanno di cosa parliamo».

Come diffondere consapevolezza sul tema se, in primis il governo, non mostra interesse nel farlo?

«Con la nostra voce. Ci sono molte associazioni che, ogni giorno, lavorano attivamente per sensibilizzare la comunità: organizzano campagne di informazione, creano dibattito, stimolano confronti. Altro modo, inserire percorsi educativi ad hoc anche nelle scuole. Sarebbe importante tanto quanto l’educazione sessuale».

Determinante, in tal senso, anche il ruolo dei social.
«Sono un’arma a doppio taglio. Possono aiutare, ma anche distruggere: tutto dipende dall’uso che se ne fa. Specialmente i giovani dovrebbero imparare a usarli in maniera responsabile, per ridimensionarne l’importanza ed eliminarne il lato tossico. Spesso li viviamo passivamente, come una forma di dipendenza. La perfezione non esiste: sui social ci sembra di vederla, ma non è così».

 

 

 

 

In copertina: l'influencer bolognese Valentina Dallari. Foto concessa dall'intervistata 

Nel testo: foto della locandina della manifestazione di venerdì 19 gennaio a Bologna