INCHIESTA

Piazza Maggiore piena di turisti

Basta scorrere uno qualsiasi dei gruppi Facebook, come "Bologna affitto studenti e/o lavoratori", per rendersi conto di come per molte persone la situazione sia disperata. «Rispondere agli annunci Facebook è un incubo. Devi costantemente aggiornare la pagina finché non viene pubblicato un nuovo annuncio che puntualmente ha già 40 commenti», spiega Simone, 25 anni. Tra messaggi di persone che chiedono se qualcuno abbia un posto letto dove dormire e lavarsi perché costretto a dormire in macchina e chi propone di organizzarsi per protestare contro le istituzioni per il caro affitti, si ha la sensazione di vivere un dramma collettivo. Spesso si trovano annunci che arrivano a proporre stanze a seicento euro di affitto spese escluse, con tanto di caparra e spese d'agenzia da dover sostenere, pena rimanere esclusi dal mercato abitativo che si è creato sotto le torri. 

Secondo i dati del portale Immobiliare.it, i prezzi degli affitti a Bologna sono saliti di oltre il 20% nel 2022 rispetto all'anno precedente. Durante la pandemia il problema di trovare casa era temporaneamente scomparso, con tanti studenti fuori sede che hanno avuto la possibilità di seguire le lezioni a distanza, e il turismo fermo a causa delle restrizioni agli spostamenti. Con il ritorno alla normalità si è però in una situazione anche peggiore di quella precedente. «Il turismo ha favorito la crescita di locazioni a breve termine, erodendo una quota significativa delle già poche case in affitto» spiega Mattia Fiore, dottorando in Sociologia e Ricerca sociale all’Unibo. 

Secondo i dati di Insideairbnb, un progetto nato per mappare tutti gli annunci di alloggi della principale piattaforma utilizzata per affittare case o singole stanze, sono oltre 3.800 gli annunci. Nata nell’ottobre 2007, ha visto la sua crescita accelerata dalla crisi finanziaria del 2008. «Durante la crisi è stata usata come fonte di reddito aggiuntivo da parte della classe media. Le famiglie che avevano una stanza in più la mettevano a disposizione dei turisti per arrotondare lo stipendio», dice Fiore. Con il tempo però la piattaforma si è radicalmente trasformata. I dati di Insideairbnb mostrano che il 73,8% degli annunci a Bologna è composto da interi appartamenti. Fiore aggiunge che «gestire un annuncio in maniera competitiva su Airbnb adesso richiede maggiore tempo investito, e molti decidono di esternalizzare la gestione a compagnie specializzate, veri e propri intermediari che in cambio di una quota tra il 20 e il 30% del prezzo si occupano della commercializzazione dell'annuncio e della sua conduzione. Il mercato è diventato ormai molto più simile a un hotel orizzontale diffuso sulla città, la cui gestione è centralizzata da questi intermediari, piuttosto che una piattaforma di sharing economy». Tra queste compagnie che gestiscono numerosi appartamenti a Bologna, la più grande è Wonderful Italy, che da sola gestisce oltre 140 case, a seguire vi sono poi Realkasa e Welcome to Emilia e Marche, con 70 case a testa. 

La necessità di regolare il mercato degli affitti brevi è stata sottolineata dal rettore Giovanni Molari, nel suo discorso per l’apertura dell’anno accademico, il 20 febbraio: «Dobbiamo intervenire sul mercato degli affitti brevi e brevissimi, e sulle situazioni ambigue e illegali, a Bologna ci sono tanti palazzi che potremmo adibire a studentati, ma servono investimenti cospicui». 

E anche il consigliere con delega al Turismo del Comune di Bologna, l’ex sardina Mattia Santori, sottolinea a Quindici che il mercato degli affitti va regolamentato «mettendo un tetto massimo al numero di notti e agli appartamenti che un host può mettere in affitto», ma aggiunge che se «il mercato degli affitti brevi può avere un impatto negativo nei centri storici delle principali città italiane, è altrettanto vero che nelle destinazioni minori e nei comuni di provincia può invece rappresentare una forma di accoglienza diffusa e autentica per il turista e un’importante integrazione del reddito per il locatore nei centri storici delle principali città italiane». È però proprio nel centro storico e nella prima periferia che si concentrano circa il 90% degli annunci di Airbnb, con la pandemia che ha danneggiato maggiormente proprio le proposte più lontane dal centro. 

Santori afferma anche che è necessario «sollecitare le istituzioni dell'Ue a intervenire con norme comunitarie», anche se diverse capitali europee sono comunque già intervenute mettendo limiti ad Airbnb, con Barcellona che ha di fatto bandito la possibilità di affittare per brevi periodi se non in possesso di licenza turistica, mentre Amsterdam, Londra e Parigi hanno rispettivamente un limite di trenta, novanta e centoventi notti all'anno come limite di notti di affitti brevi. In Italia, invece, non esiste nessuna limitazione per Airbnb o qualsiasi altra piattaforma simile.  

Università e Comune, dunque, sembrerebbero voler affrontare il tema della regolamentazione del mercato, ma concretamente a Bologna (e in Italia in generale) non sono ancora state prese decisioni.  

Sarah Gainsforth, ricercatrice che si occupa a Roma di temi sociali legati alle città e alle loro trasformazioni, spiega che l’Italia «è uno dei pochi Paesi in Europa a non avere una regolamentazione sugli affitti turistici» e che è necessario «intervenire con norme pubbliche, perché l’offerta di case in affitto è quasi scomparsa». Gainsforth aggiunge anche che «fin dagli anni '80 lo Stato ha sempre promosso politiche abitative che spingessero verso l'avere una casa di proprietà. Ha agevolato l'apertura di mutui e reso l'acquisto della casa più conveniente rispetto al vivere in affitto. A causa di ciò, nel tempo l'offerta di case in affitto è diminuita. Ora c’è un evidente tema di competizione per lo spazio abitativo, con studenti e lavoratori a basso reddito, che vengono esclusi dal mercato delle case perché gli affitti brevi turistici sono molto più remunerativi». 

La decisione dei proprietari di immobili di affittare per brevi periodi ai turisti è giustificata infatti dai ricavi decisamente maggiori che ne derivano. Secondo Luca Dondi, amministratore delegato di Nomisma, nota società di ricerche di mercato con sede a Bologna, un bilocale in centro può fruttare tra i 1.800 e i 2.400 euro al mese, il doppio di quanto mediamente possa fruttare lo stesso tipo di immobile con un affitto tradizionale. Dondi sottolinea che «il patrimonio per gli investimenti destinati all'edilizia residenziale pubblica negli ultimi dieci anni si è ridotto anziché aumentare. Ciò è dovuto anche alla mancanza di interventi di riqualificazione delle ex aree ferroviarie e militari, attualmente di proprietà di Cassa Depositi e Prestiti, perché il Demanio - che si occupa della cura del patrimonio immobiliare dello Stato - compiendo un’operazione contabile per abbassare il debito pubblico, ha venduto a un prezzo alto le aree inutilizzate. Con i prezzi a cui Cassa Depositi e Prestiti venderebbe quelle aree, è impossibile qualsiasi processo di riqualificazione, sia da parte del pubblico che per investitori privati. Per consentire di poter avviare processi di riqualificazione in quelle aree, l’unico modo sarebbe poter stabilire al termine dei lavori qual è il reale valore che gli si può attribuire». 

Trovare una soluzione al caro affitti non è sicuramente affare semplice per il Comune, col sindaco Matteo Lepore che ha annunciato un piano casa entro marzo per far fronte a questo problema. C'è da augurarsi che vengano trovate delle soluzioni, per evitare che le persone che vogliono vivere a Bologna, non siano realmente costrette a vivere in roulotte, come provocatoriamente è stato scritto in un post su una pagina Facebook a chi cerca casa in città.

In foto Piazza Maggiore piena di turisti. Foto di Gabriele Mento