affitti

Costretto per mesi a dormire in macchina, Nicholas, 27 anni alla fine sentenzia: «Bologna sai che ti dico? Vaffanculo! Sei bella quanto inospitale». C’è chi, prima di mollare, propone di organizzarsi contro il caro affitti e chi suggerisce di allestire un «bell'accampamento sotto l’ufficio del sindaco visto che qua parlano di “soluzioni abitative” da anni ma ci troviamo con gli sgabuzzini a 100 euro in più ogni anno». Le pagine Facebook di annunci di case in affitto grondano di post di questo tenore. E ogni tanto tra messaggi di presentazione e richieste di aiuto, spunta l’offerta di una stanza in affitto. Peccato che spesso si tratta di prezzi molto alti se si pensa a una studentessa o un lavoratore della classe media: «Offro stanza singola in viale della repubblica. 600 euro al mese, dovranno essere versati alla proprietaria 500 euro di caparra».  Oppure: «Annuncio per sole studentesse: libera da subito stanza singola in via del Navile a 500 euro al mese più costi di agenzia e utenze escluse».  

Che a Bologna non si trovi facilmente un posto letto in affitto non è una novità, ma la situazione è peggiorata dopo la pandemia di Coronavirus. Una delle cause principali - vedi numero 2 del Quindici del 2 marzo 2023 - è stato l’aumento di case destinate agli affitti brevi turistici, che hanno sottratto 4 mila alloggi al mercato dell’affitto in città. Il Rettore dell’Alma Mater ha affermato che «il problema degli alloggi per gli studenti e le studentesse esiste e l’Università si sta impegnando per risolverlo, ma non credo che abbia inciso molto sul calo delle iscrizioni». Secondo una stima di Luca Dondi, amministratore delegato di Nomisma, gli appartamenti destinati agli affitti a lungo termine di fuorisede, sarebbero circa 10mila. Ipotizzando che ogni casa ospiti in media tre persone, si può dedurre che almeno 30.000 studenti e studentesse vivano in una casa in affitto. 

A Bologna, però, le persone iscritte all’Università sono circa 80 mila, di cui 50 mila fuorisede. È bene ricordare che la dimensione universitaria è una delle più attrattive della città; possibile, dunque, che Bologna non sia in grado di offrire alloggi a prezzi ragionevoli agli studenti e alle studentesse che da quasi mille anni sono il volano dell’economia cittadina?

Solo il due per cento delle persone iscritte all’Alma Mater trova posto in uno studentato pubblico. Sono gestiti da Ergo che, ci spiega l’assessora regionale alla scuola e all’università Paola Salomoni, ha «il ruolo di garantire il diritto allo studio e rispondere alla necessità di studenti e studentesse meritevoli e in condizione di disagio». Fino a ottobre del 2022 metteva a disposizione solo 1.600 posti letto. Ora, aggiunge Salomoni, grazie a un accordo tra l’azienda regionale e la fondazione Ceur, sono stati creati «altri 72 posti letto per le persone iscritte all’Università idonee nella graduatoria Ergo, all’interno del Camplus di via dei Carpentieri». Inoltre, l’ente regionale per il diritto allo studio, metterà a disposizione altri 85 nuovi posti: 30 nella residenza di via Barontini e 55 in uno studentato a ridosso delle mura cittadine di Bologna, in via San Donato. Edifici che verranno affittati da Ergo grazie a un investimento di 4,7 milioni di euro, di cui 2,65 milioni dallo Stato; le assegnazioni sono in corso e i posti letto dovrebbero essere disponibili entro la metà del mese. 

Oltre a Ergo esistono anche studentati privati: il più importante e capillare è proprio Camplus. A Bologna la società, vicina alla Compagnia delle Opere e Comunione e Liberazione, mette a disposizione circa 2.000 posti letto. Meno rilevanti le disponibilità di altre due aziende private: Social Hub e Beyoo, che sul territorio dispongono rispettivamente di 400 e 513 posti letto. Nessuna di queste due strutture si rivolge esclusivamente a studenti e studentesse ma spesso anche a turisti, lavoratrici e nomadi digitali. Si tratta, inoltre, di realtà non accessibili a chiunque dal momento che i prezzi si aggirano intorno ai mille euro al mese, compresi di utenze e altri servizi.  

Nel complesso, insomma, Bologna dispone di 5mila posti letto negli studentati a fronte di 50.000 fuorisede, di cui solo 1.757 messi a disposizione da un ente regionale; forse non abbastanza per accogliere e garantire il diritto allo studio di tutte le persone iscritte all’Alma Mater. La ragione? Secondo Sarah Gainsforth, ricercatrice indipendente e scrittrice freelance, «si è preferito finanziare con fondi pubblici iniziative private; tutte le soluzioni vengono demandate al mercato, e mancano offerte di case accessibili». Secondo la ricercatrice «il mercato non funziona come risposta alla crisi abitativa, ma il pubblico continua a finanziarlo». 

Anche Dondi conferma questa valutazione. «Gli investimenti destinati all'edilizia residenziale pubblica – dice l’Ad di Nomisma – negli ultimi dieci anni si sono ridotti invece di aumentare. Ciò è dovuto anche dalla mancanza di interventi di riqualificazione delle ex aree ferroviarie e militari, attualmente di proprietà di Cassa Depositi e Prestiti, perché il Demanio, che si occupa della cura del patrimonio immobiliare dello Stato, compiendo un’operazione contabile per abbassare il debito pubblico, ha venduto a un prezzo alto le aree inutilizzate». 

E se gli investimenti nel pubblico sono diminuiti, l’andamento sembra essere opposto per quello che riguarda gli studentati privati, come sottolinea Gainsforth. Sono molte, infatti, le strutture Camplus presenti a Bologna e finanziate dalla legge 338 del 2000 con oltre 16 milioni di euro. Un’ulteriore spinta da questo punto di vista è avvenuta grazie ai fondi del Pnrr. Nello specifico il piano nazionale di ripresa e resilienza ha stanziato 960 milioni all’housing universitario. Il primo decreto (1046 del 2022), rivolto sia a soggetti pubblici che privati, ha messo a disposizione 300 milioni di euro, ma non ha ricevuto abbastanza candidature; per questo si sono ridotti i fondi da 300 a 150 milioni. 

Di questi fondi Camplus ha ricevuto cinque milioni solo a Bologna (per 164 posti letto), mentre Ergo solo 885.000 euro (per 40 posti letto). È uscito, poi, un secondo bando (decreto 1252 del 2022) per destinare i restanti 150 milioni che è scaduto il 28 dicembre 2022 e bisognerà aspettare la graduatoria per conoscerne gli esiti.Inoltre, nessuno dei due bandi prevede l’obbligo di destinare almeno il 20% degli alloggi, come prevedeva il decreto 937 del 2016 in riferimento alla legge 338/2000, a «studenti capaci e meritevoli anche se privi di mezzi». I decreti parlano, infatti, solo di priorità e non di un vero e proprio obbligo.  

Gli altri 660 milioni del Pnrr, nel frattempo, sono confluiti in un nuovo fondo per l’housing universitario, istituito dal decreto 144 del 2022. In questo caso a far storcere il naso è l’articolo 25, comma 2, che modifica la legge 338 del 2000. È qui, infatti, che sono definiti i soggetti destinatari dei fondi:Alle risorse (...) accedono, anche in convenzione (...) con le università, le istituzioni Afam o gli enti regionali per il diritto allo studio, le imprese, gli operatori economici e altri soggetti privati”. Insomma, tutti soldi destinati esclusivamente a società e imprese private che, eventualmente, possono stipulare degli accordi con enti pubblici come l’Università, ma senza alcun obbligo.   

A Bologna, come abbiamo visto, la società privata più importante è Camplus che offre diverse soluzioni alle persone ospitate: Camplus Guest, dedicato soprattutto a turisti, dato che si tratta di alloggi a breve termine; Camplus Appartament, e Camplus College che comprende sia le Residenze, che i College di merito.

Ma che cosa offre Camplus in cambio dei 21 milioni di finanziamenti pubblici ricevuti? L’azienda da noi interpellata fin da gennaio, dopo una lunga serie di rinvii ha preferito non rispondere alle nostre domande.  Le rette, tuttavia, non sembrano essere destinate neppure in parte a persone iscritte all’Università e “prive di mezzi”. Nelle residenze i prezzi, comprensivi di bollette e servizio di reception, variano dai 600 agli 800 euro al mese per una camera doppia, e dagli 800 ai 1000 euro per una stanza singola. Nei Collegedi merito - Bononia, San Felice e Alma Mater, quest’ultimo aperto dal 1998 con terreno e immobile finanziato interamente dal Comune e dalla Regione - le rette superano i 14 mila euro per undici mesi. Nel prezzo sono compresi anche i servizi di colazione e cena, le spese per le bollette, oltre un servizio di tutoraggio, che Camplus propone in questi termini: «Il nostro vero plus: un’ampia scelta di servizi formativi modellati sulle tue passioni e sul tuo percorso». Eppure, queste attese non sembrano soddisfare tutte le persone che vivono nei College. 

«Quello del tutoraggio non è un servizio molto valido dice Federica – residente Camplus – Io ho fatto un corso di francese, a un certo punto la professoressa doveva essere sostituita, però fino alla fine dell'anno non hanno trovato nessuno». Altri studenti e studentesse lamentano il fatto che il servizio sia stato progressivamente ridotto: «Ad oggi le ore totali sono soltanto 10, che parliamoci chiaro, sono assolutamente inutili», sostiene Caterina, un’altra ospite della struttura. In generale, tuttavia, la maggior parte di coloro che alloggiano nei College di merito si sono espressi positivamente riguardo la loro esperienza. «Camplus mi ha permesso di vivere a Bologna e studiare nella facoltà che mi era stata consigliata - spiega Rosa - per quanto possano esserci dei contro, se sono ancora qua è perché i vantaggi superano gli svantaggi. Il fatto è che non ci sono case e, quindi spesso diventa una scelta obbligata». 

 

 

Foto: Sofia Centioni