Pasqua
Qual è il destino dei prodotti pasquali una volta trascorse le festività? «Le uova di Pasqua rimaste invendute sono a carico dei supermercati», spiega Claudio Roda, proprietario di un supermercato Conad a Bologna. Normalmente i prezzi vengono abbassati già qualche giorno prima della domenica di Pasqua e «se le giacenze sono elevate i prezzi calano ancora di più», allo scopo di tentare i consumatori all’acquisto. Se anche in questo modo alcuni prodotti rimangono sugli scaffali, «una buona parte dei fornitori riconosce un accredito sull’invenduto». Così la questione è risolta a livello economico; dal punto di vista materiale, l’articolo viene gettato. Infatti, «essendo l’uovo un prodotto confezionato, non c’è possibilità di aprirlo e recuperarlo in un altro modo perché comporterebbe una violazione delle norme sulla tracciabilità alimentare», spiega Roda.
Questo problema si pone in misura minore per un altro prodotto tipico della Pasqua, la colomba, che continua a essere venduta successivamente al periodo pasquale. «Dalle nostre parti la chiamiamo “operazione San Biagio” – racconta il titolare del punto vendita Conad – si tratta dello smaltimento dei prodotti da forno di ricorrenza, che avviene anche per pandori e panettoni in epoca natalizia». Anche in questo caso, ad alcuni fornitori viene riconosciuto un compenso minimo per i prodotti rimasti. Al contrario delle uova di cioccolato, quindi, le colombe non vengono smaltite ma rimangono in commercio finché non oltrepassano la data di scadenza.
Secondo una rilevazione condotta da Altroconsumo, associazione per la difesa e la tutela dei consumatori, nelle città di Milano, Roma e Padova quest’anno i prezzi delle colombe classiche sono aumentati di più del 30% rispetto al 2022; più ridotti gli aumenti per l’altro prodotto pasquale per eccellenza, le uova di cioccolato, che oscillano tra il 9 e il 15% rispetto all’anno precedente.
«L’aumento dei prezzi delle colombe è oscillato tra un euro e un euro e mezzo al chilo in più rispetto all’anno scorso», conferma Roda. Ciò è causato dall’aumento dei costi della produzione, dovuto a sua volta all’innalzamento dei costi delle materie prime, in primis zucchero, farina e uova. «È ovvio che su una colomba artigianale, con un prezzo medio di undici, dodici euro, un aumento di un euro incide di poco, del 10%», commenta il proprietario del supermercato. Diversa è invece la questione per le colombe classiche vendute nei supermercati a tre, quattro euro, il cui prezzo lievita del 30%.
«Per le uova la crescita dei costi è simile, pari al 15%, ma molto più differenziata», spiega Roda. Infatti, come emerge dall’indagine di Altroconsumo, a determinare il prezzo delle uova di Pasqua, a parità di marchio, non è tanto il tipo di cioccolato, ma sono il formato, il tipo di sorpresa e il coinvolgimento di personaggi specifici.
Da un’indagine condotta su circa 1.000 utenti della piattaforma Acmakers, è emerso poi che la maggior parte dei consumatori non spenderà più di 20 euro per le uova di cioccolato, prediligendo l’acquisto nei supermercati a quello nelle pasticcerie.
Tuttavia, «le vendite delle uova di Pasqua stanno andando molto bene, ci stiamo riprendendo dalla situazione pandemica», commentano da Majani, l’azienda cioccolatiera di antica storia, con sede a Crespellano. Spiegano che, a differenza del periodo natalizio, quando le vendite iniziano a novembre, i clienti non acquistano con largo anticipo ma «proprio a ridosso del periodo pasquale». «Per questo, prevediamo un rush finale» di acquisti di prodotti pasquali, concludono.
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