Sindacato

«Pretendiamo che nessuno venga a fare cassa sulla pelle di centinaia di lavoratrici e lavoratori». Il presidente della Regione Stefano Bonaccini prende la parola davanti al presidio in viale Aldo Moro pochi minuti prima che inizi il tavolo di confronto sulla chiusura dello stabilimento Magneti Marelli di Crevalcore.

Al suo fianco tutte le sigle sindacali e gli operai in trasferta, accompagnati da numerose delegazioni di aziende come Ducati e Alberto Sassi. Ci si aspettava una giornata difficile, le premesse – la sospensione della procedura di chiusura di Crevalcore – facevano almeno sperare. Ma il tavolo di confronto, a cui oltre ai rappresentanti del fondo americano Kohlberg Kravis Roberts&co (Kkr) hanno partecipato la Regione e la Città metropolitana, si è concluso con un nulla di fatto. «L’azienda non ritirerà la procedura – esordisce Samuele Lodi della Fiom-Cgil appena uscito dalla Regione – Tutto rimarrà sospeso fino all’incontro con il Governo il prossimo 3 ottobre. Dopo il quale hanno chiarito di non avere le condizioni per il ritiro della procedura». Uno schiaffo per le lavoratrici e i lavoratori e la conferma di un’aria pesante anche per lo stabilimento di Bologna «sul quale chiediamo maggiore chiarezza», ha spiegato Bonaccini. Perché lo scenario, in questa direzione, si farebbe ancora più drammatico, sommando ai 229 che stanno combattendo per il proprio futuro altre centinaia di operaie e operai.

Di questa sospensione temporanea si inizia a vedere il lato oscuro. Una porta che giorno dopo giorno va a chiudersi, lasciando a chi rimane in presidio fuori dagli stabilimenti il dovere di convivere con una soluzione che sembra l’unica possibile “perché in Italia non ci sono le politiche che ci facciano andare avanti” come ha riferito il fondo. Politiche industriali che facciano uso di tecnologie adeguate e quindi infrastrutture che perseguano la transizione ecologica. Ma non stupirà che a presidiare a fianco degli operai in trasferta ci fossero anche i ragazzi di Fridays for Future. Perché di conversione all’elettrico si parla, ma come riferisce Donato, operaio dello stabilimento bolognese di Marelli «qui parliamo di un fondo che potrebbe investire se volesse. Lo sta dimostrando da inizio giugno quando ha iniziato le trattative per l’acquisto della rete telefonica di Tim». Un’operazione, sostenuta anche da Cassa depositi e presiti, che si aggirerebbe sui 23 miliardi di euro. Un investimento che, lamentano le operaie, potrebbe allora esserci anche nell’automotive. Per le prossime settimane si attende un allargamento della mobilitazione, che andrà a coinvolgere tutti gli stabilimenti Marelli nel Paese. «Perché – precisa Stefano Boschini della Cisl – se non cambierà la strategia di politica industriale comune di questo Paese a farne le spese non sarà solo Crevalcore».

 

 

Nella foto le operaie e gli operai dello stabilimento Marelli di Crevalcore

Foto di Ylenia Magnani