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Va avanti da mesi la polemica intorno ai taxi e l’emissione di nuove licenze, che ha coinvolto moltissime città italiane. La questione, nello specifico, riguarderebbe l’inefficienza del servizio, soprattutto nei capoluoghi e nei grandi centri, che potrebbe essere risolta attraverso l’emissione di nuove licenze. Eppure, i comuni non hanno quasi mai emesso nuovi titoli, per evitare di inimicarsi la categoria, che in tal caso vedrebbe aumentare la concorrenza sul mercato. Ma, nonostante tutto, è di oggi la notizia della definitiva conversione in legge del decreto “Asset”, approvato dal governo Meloni lo scorso agosto; ma non sono mancate le critiche.

Nello specifico, la legge prevede la possibilità per i Comuni di rilasciare licenze temporanee per gestire flussi eccezionali di persone e turisti, come nel caso del Giubileo di Roma del 2025 o le olimpiadi Milano-Cortina del 2026. Le licenze avranno la durata complessiva di 24 mesi, ma potranno essere rilasciate solo a chi già svolge quest’attività, che a loro volta potranno affidarle a nuovi autisti. Secondo Riccardo Carboni, presidente di Cotabo e del Cna Fita taxi (un’associazione di rappresentanza), «la legge dal punto di vista della categoria ha diverse problematiche che erano già state segnalate durante la fase di conversione. Il tema non è che i tassisti fanno strenua opposizione all’aumento dei titoli, ma che i provvedimenti dovrebbero avere un criterio rispetto ai reali bisogni dei territori, che non sono uguali per tutte le città, e questa è una legge pensata per le metropoli e i grandi eventi, nello specifico Roma e Milano».

Infatti, oltre alle licenze temporanee, comuni capoluogo, città metropolitane e quelle sedi di aeroporto potranno aumentare il numero anche delle “licenze standard”, fino a un massimo del 20% attraverso una misura accelerata. Ed è proprio questa soglia a far storcere il naso alle associazioni di categoria, dal momento che «bisognerebbe fare delle valutazioni oggettive per misurare di quanto effettivamente aumentare i titoli: mediamente in Italia, durante le trattative con le pubbliche amministrazioni, si raggiungono degli accordi dove nel peggiore dei casi il potenziamento dei titoli si aggira intorno al 10% e non al 20%. Tutto ciò con degli accordi liberi e non con dei vincoli e obblighi», continua Carboni.

Per esempio, per quanto riguarda Bologna, Carboni ci tiene a sottolineare che «esiste una trattativa che va avanti da tempo per il potenziamento dei servizi; la categoria, però, ha sempre richiesto di fare un’analisi di contesto: bisogna tenere in considerazione che si tratta di una città in evoluzione e quindi bisogna valutare quale sarà l’impatto di questi cambiamenti (tram, Bologna 30…) sulle modalità di spostamento dei bolognesi. Aumentare a dismisura dei titoli senza sapere quali saranno gli effetti sulle abitudini della cittadinanza potrebbe avere delle ripercussioni negative».

Inoltre, secondo Carboni un altro problema riguarderebbe le modalità di attivazione delle seconde guide, che discriminerebbe i titolari di licenza. Questi ultimi, infatti, prima di poter esercitare, devono dimostrare di possedere certi requisiti (l’iscrizione al ruolo conducenti della camera di commercio, il possesso della patente professionale di tipo KB e l’obbligo di avere intonso il casellario giudiziale), e i controlli a posteriori potrebbero portare allo svolgimento dell’attività da soggetti che non hanno questi requisiti».

La soluzione? Sicuramente esiste un fattore che, secondo il presidente di Cna Fita taxi, vale per tutta Italia; negli ultimi mesi, infatti, «il settore taxi sta assorbendo una domanda non propria, perché ci sono delle difficoltà nell’erogazione dei servizi di trasporto di massa (autobus, metro, tram…) che sposta parte della domanda sui taxi». Questa tipologia di servizio deve essere integrativa, sottolinea Carboni, ed «è impossibile avere un servizio efficiente quando si parla di un trasporto che riguarda singole persone o piccoli gruppi. Solitamente le valutazioni sull’inefficienza del settore taxi vengono misurate nelle stazioni centrali o negli aeroporti, dove arrivano migliaia di persone contemporaneamente. Se l’intero sistema mobilità funzionasse, le inefficienze potrebbero essere ridotte. Il problema non riguarda solo i taxi ma è molto più complesso. Va bene potenziare questo servizio ma bisogna potenziare anche tutto il resto», ha concluso il Presidente.

 

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