Imballaggi

«La sostenibilità ambientale, che in Coop è un tema di cui ci occupiamo dagli anni Ottanta, si regge necessariamente su un sistema valoriale di fondo, ma non può stare in piedi da sola. Il mercato deve reggere economicamente», ha detto Chiara Faenza, responsabile sostenibilità e innovazione Coop Italia. L’occasione per il dibattito è l’osservatorio sul packaging promosso da Nomisma. All’interno del quale molti degli attori della filiera hanno tirato le fila della normativa vigente e delle sue criticità. Senza mancare di approfondire nel dettaglio quanto l’impatto di un’economia circolare aziendale e del riciclaggio degli imballaggi pesi all’interno degli obiettivi di emissioni zero nel 2050 promossi dal Green Deal europeo. È lo stesso consumatore, secondo lo studio promosso dall’Osservatorio, a ricercare packaging interamente riciclabili e senza eccessivi imballaggi.

Su questo aspetto aziende come Tetra Pak sono leader nel mercato, e spingono la concorrenza a puntare a soluzioni sempre più sostenibili. Come l’utilizzo dei derivati della canna da zucchero, impiegabili nel confezionamento alimentare. Nel 2015 sono stati i primi a realizzare packaging prodotti interamente con materiali rinnovabili vegetali.

Sull’applicabilità della normativa, invece, diverse le opinioni emerse. Se da un lato è chiaro il mandato all’adozione di approcci sostenibili, dall’altro l’esigenza, che si lamenta essere inascoltata, imporrebbe di valutare aspetti territoriali e geografici non secondari. «Spesso i limiti disposti impongono un metodo non obiettivo, che crea diffidenza per gli operatori. E spesso non viene chiarito quali saranno i ritorni sugli investimenti introdotti in termini di sostenibilità», spiega Armando Garosci di Largo Consumo. Per alcune imprese si tratta di scelte complesse, e la rincorsa alle tendenze non è sempre approcciabile, come spiega Marika Bondi, responsabile packaging Conserve Italia: «In cooperative come la nostra, dove il peso degli agricoltori è determinante le decisioni vanno equilibrate anche alle congiunture economiche del momento. Sostituire gran parte delle confezioni sarebbe difficile, un packaging riciclato rispetto ad uno vergine costerebbe evidentemente di più». In Europa nel 2020 i rifiuti da imballaggio riciclati sono stati solo il 52%, di cui il 41% da packaging di carta. Se gli imballaggi prodotti con fonti fossili rimangono ancora estremamente diffusi, le recenti scoperte sul polietilene furanoato (PEF) promettono bene. Si tratterebbe di un’alternativa biocompatibile al 100% al polietilene a base di petrolio, il comune poliestere. Che potrebbe consentire di superare interamente l’impiego del carbonio fossile, in vista degli obiettivi, tutt’altro che azzardati, della neutralità nel 2050.

 

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