brevi di giudiziaria

 

Tra le accuse associazione a delinquere, estorsione e autoriciclaggio

Condanne per due imputati minori, che hanno scelto il rito abbreviato: quattro anni per Giuseppe Vivona, tre anni per Nicola Leo. Un patteggiamento e rinvio a giudizio per i restanti trentadue imputati del processo 'Radici' da parte del gup del tribunale bolognese, Roberta Malavasi. Alcuni dovranno presentarsi davanti al giudice a Modena, altri a Ravenna.
Tutto era partito dall'indagine della Guardia di Finanza su presunti investimenti illeciti e infiltrazioni nel tessuto socio-economico dell'Emilia-Romagna da parte di personaggi ritenuti dall'accusa legati a organizzazioni criminali ndranghetistiche, in Calabria. Per questo motivo erano state emesse ventitré misure cautelari.
Tra le accuse di vario genere, associazione a delinquere, bancarotta, autoriciclaggio, intestazione fittizia e estorsione; reati in alcuni casi con l'aggravante di aver agito con metodi di 'Ndrangheta, attraverso forza intimidatrice, di assoggettamento e di omertà. In particolare nel mirino erano finiti i rapporti con le cosche Piromalli e Mancuso.
Il bilancio dell'operazione, un anno fa, era stato di 27 milioni di euro di beni sequestrati e di 23 misure cautelari, appunto, tra cui la custodia cautelare per Francesco Patamia, candidato alla Camera alle ultime elezioni con la lista Noi moderati di Maurizio Lupi, a Piacenza, e oggi rinviato a giudizio. Due hanno scelto il rito abbreviato, e oggi sono stati condannati a tre e quattro anni, mentre uno ha patteggiato una pena di un anno e quattro mesi. Il filone principale del processo riguarda gli imputati a cui viene contestata l'associazione a delinquere e si svolgerà a Ravenna a partire dal 13 febbraio, mentre gli imputati accusati di fatti avvenuti prima della costituzione dell'associazione saranno processati a Modena con l'udienza del 27 febbraio.

 

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Entrò nell'hub per contestare i vaccini e chiamò i Cc, vicequestore novax a processo

Processo con giudizio immediato per il vicequestore aggiunto Giuseppe Accroglianò, accusato dalla Procura di Bologna di interruzione di pubblico servizio. Nel gennaio del 2022 il poliziotto si era presentato all’hub vaccinale di Casalecchio di Reno insieme a un avvocato, facendo una serie di domande sul contenuto dei vaccini e mettendo in discussione la loro validità. Successivamente, non soddisfatto dalle risposte, aveva chiamato i carabinieri, trattenendo e sottoponendo anche i militari alle stesse questioni. Per questo comportamento il vicequestore era stato indagato per interruzione di pubblico servizio e la Procura lo aveva condannato al pagamento di una sanzione pecuniaria. L’avvocato di Accroglianò, Alessandro Ariemme, si è però opposto: il poliziotto andrà a processo con giudizio immediato il 13 febbraio 2024.

 

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