emergenza abitativa

Con l’inizio dell’anno scolastico, arrivano puntualmente anche le proteste studentesche per quanto riguarda l’emergenza abitativa, che ormai dilaga nei maggiori centri universitari in Italia. E infatti qualche settimana fa il Comune di Milano ha proposto di creare 600 posti in case popolari vuote; secondo Marco Bertuzzi, presidente di Acer Bologna, si tratta di una strada effettivamente percorribile, e in effetti sembra essere una possibile soluzione anche per Bologna.

«Noi alla fine dello scorso anno abbiamo firmato un protocollo con Er.go per mettere a disposizione 14 alloggi in un nostro stabile in Via Barontini», ha detto Bertuzzi. Il presidente ci ha tenuto a sottolineare che già a febbraio 2023 si sono trasferiti nello stabile circa 30/35 studenti. «I fondi sono arrivati dal ministero dell’Università – ha aggiunto Bertuzzi – parlare di studentato è ovviamente azzardato per 30 posti letto, però si tratta sicuramente di una prima risposta da parte nostra». A essere precisi l’edificio in via Barontini non è classificabile come casa popolare, ma come “canone calmierato” e edilizia sociale, «quindi anche qualcosa in più rispetto alle mere case popolari», ha sottolinea il presidente.

Eppure, a oggi, sono 5.000 le persone in attesa di accedere a una casa popolare, a fronte di circa 600/700 alloggi sfitti. «Il problema sulle case popolari è che, nonostante la richiesta sia aumentata nel corso del tempo, le case sono rimaste sempre le stesse; noi abbiamo 5.000 persone in attesa e non deve diventare una guerra tra chi ne ha più bisogno. Per questo l’edilizia sociale a canone calmierato può essere un aiuto anche più mirato per gli studenti e studentesse», ha aggiunto Bertuzzi.

Dunque, per sopperire a questa problematica sarebbe necessario pensare di costruire nuove case popolari. «In Italia per troppo tempo si è smesso di farlo, ma con l’emergenza studenti da un lato e quella abitativa dall’altro, c’è un grande bisogno di case a canone calmierato e anche di case popolari. Infatti a oggi, anche se ripristinassimo tutti gli alloggi sfitti che abbiamo, non riusciremmo a soddisfare la domanda». Anche perché negli ultimi anni, dopo il Covid e l’aumento dei prezzi dell’energia e del gas, la lista d’attesa per un a casa popolare è cresciuta.

A proposito di alloggi sfitti, ce ne sono circa 600 ogni anno; «alcuni (circa una trentina) entrano nel circuito del cosiddetto turn over: ogni mese, per svariati motivi, si sfittano e entrano nel circolo dei ripristini. Altri, però, sono sfitti da anni e questo accade perché i rispristini costano moltissimo, ma i fondi non sono mai abbastanza», ha continuato Bertuzzi. Infatti, ogni anno i Comuni hanno a disposizione un budget manutentivo, cioè una quantità di risorse da utilizzare per ristrutturare le case, per esempio. «Si tratta, però, di risorse solitamente limitate dal momento che dipendono dai canoni che i Comuni incassano e, dato che i canoni sono bassi, lo sono anche le risorse che si hanno a disposizione. Questi fondi servono sia per la manutenzione ordinaria e straordinaria (spesso onerosa dato che si tratta di case che risalgono agli anni ‘50 o ‘60), che per i ripristini», ha concluso.

Proprio per risolvere questo problema, l’obiettivo del Comune di Bologna è quello di arrivare allo Sfitto 0: «Nel piano dell’abitare saranno inserite delle risorse per arrivare, da qui al 2027, all’obiettivo di abbattere lo sfitto storico delle case popolari, e in più garantire che il turn over venga sempre coperto dal budget manutentivo», ha spiegato. A oggi però i lavori non sono ancora cominciati perché mancano i finanziamenti che dovrebbero arrivare a novembre. «Appena arriveranno le risorse noi siamo pronti – ha concluso Bertuzzi – abbiamo già stilato le liste degli alloggi e appena arrivano i soldi facciamo partire i lavori».

Un altro tema che Bertuzzi ha inteso sottolineare è il grande lavoro fatto quest’anno per la riqualificazione energetica: «Noi quest’anno faremo quello che in una programmazione ordinaria si fa in 15 anni. Stiamo riqualificando energeticamente quaranta stabili e questo significa permettere agli e alle inquiline di pagare meno in termini energetici», ha concluso.