QUINDICI

lavoratrici ex saeco

Dopo quasi un anno di cassa integrazione a rotazione, l’incertezza e l’instabilità tornano a tormentare le lavoratrici (in gran parte sono donne) della ex Saeco, costrette a fare nuovamente i conti con un inarrestabile calo produttivo. Dal 12 dicembre fino alla Befana infatti – periodo solitamente contraddistinto da una massimizzazione delle vendite – la cassa integrazione diventa a zero ore per 160 delle quasi 200 dipendenti di cui l’azienda delle macchinette da caffè firmate Gaggia dispone. La notizia, diffusa a partire da inizio ottobre, ha incontrato da subito l’opposizione attiva dei sindacati, pronti a difendere i diritti delle lavoratrici nella speranza di prevenire la crisi che già nel 2015 aveva messo in ginocchio la ex Saeco – poi rinominata Versuni Manufacturing – causando 243 licenziamenti e la mobilitazione, in segno di solidarietà, di tutti i commercianti di Gaggio Montano, comune bolognese sull’Appennino, in cui l’azienda ha sede. Dopo qualche giorno di scioperi e presidi, è emerso da un breve incontro l’11 ottobre tra i rappresentanti di categoria Cgil-Fiom e Cisl-Fim e i vertici dell’a- zienda – che la ex Saeco non aveva il budget 2024, né disponeva di un piano industriale. Il quadro incerto della Versuni Manufacturing è stato poi riconfermato in occasione del tavolo con la Regione, il 30 ottobre, lo stesso giorno in cui il sindaco metropolitano Matteo Lepore aveva incontrato in Salaborsa le quattro aziende in crisi del Bolognese: Marelli, La Perla, Industria Italiana Autobus e, infine, anche la ex Saeco. In presenza dell’assessore allo sviluppo economico Vincenzo Colla e a Simone Raffaelli di Fiom-Cgil, i vertici della ex Saeco hanno formalmente annunciato di non poter fornire soluzioni concrete e a breve termine per la tenuta occupazionale delle dipendenti.

A inizio dicembre è previsto un altro incontro, ma ancora non risulta fissato.

Simona Greco, dipendente da 30 anni e rappresentante Fiom da 20, ripercorre le tappe della storia dell’azienda, raccontando della sua esperienza da neoassunta, quando la ex Saeco aveva appena acquisito il marchio Gaggia alla fine degli anni Novanta. In quel periodo, l’azienda era riuscita ad affermarsi come colosso internazionale nella vendita delle macchine da caffè e, pur disponendo di più di un migliaio di dipendenti, riusciva a rimanere un luogo familiare e amichevole. «Trent’anni fa, a differenza di adesso, vedendo passare per i corridoi dell’azienda i fondatori Sergio Zappella e Arthur Schmed, ti sentivi a casa. L’attività ha proceduto a gonfie vele fino al 2005 quando sono cominciate le vendite ai colossi stranieri. Nel 2009 ci ha comprati la Philips e fino a quel momento abbiamo mantenuto un buono standard di vendite. Le cose sono degenerate qualche anno dopo, con il calo delle macchine e l’inizio dei licenziamenti, culminato nella crisi del 2015.Il rilancio è stato possibile solo attraverso dei forti finanziamenti.

È stato messo al centro il marchio Gaggia, per cui ora lavoriamo al 90%». A partire dal 2017, sventata la crisi, il gruppo Saeco decide di dividersi. Da una parte la Saeco-Gaggia rimane sotto Philips, smembrandosi a sua volta in tre aziende: la Gaggia, ovvero il reparto di progettazione del marchio, la Versuni Manufacturing (o ex Saeco, come la maggior parte delle lavoratrici ancora lo chiamano), corrispondente alla parte specificamente produttiva e, infine, la Versuni Italy, cioè il reparto che più ha subito il calo produttivo e la cassa integrazione dello scorso anno. Dall’altra subentra un nuovo colosso, il gruppo Evoca, che si aggiudica la Saga Coffe, stabilimento investito nel 2022 da una profonda crisi, che Primo Sacchetti della Fiom-Cgil racconta nel libro La scalata dell’Everest in Ciabatte. Saga Coffe una lotta lunga 100 giorni. Anche in quella occasione, per salvare 137 dipendenti, i sindacati e gli abitanti locali diedero prova di grande solidarietà, organizzando un presidio davanti all’azienda durato tre mesi. La Saga Coffe era a rischio chiusura nel 2022, ma a inizio 2023 si è salvata dopo essere stata assorbita dal gruppo Gaggio Tech. «Adesso ad essere in sofferenza è il reparto produttivo della sorella di Saga Coffe, cioè Versuni Manufacturing, a sua volta comprato nel 2020 dal colosso cinese Hillhouse Capital. Con tutti questi passaggi di proprietà a stranieri, quello che temiamo è non sapere cosa accadrà al reparto in cui le lavoratrici fabbricano le macchinette da caffè: se quel settore dovesse essere delocalizzato, cosa rimarrebbe del made in Italy?».

«Fino adesso – spiega Greco – ci hanno detto che la causa di questo arresto produttivo è il cambiamento dei sistemi operativi informatici. Ma noi colleghe siamo consapevoli che qui in ballo c’è qualcosa di più serio. Lo stop produttivo sotto Natale e l’incapacità, da parte dell’azienda, di proporre un piano industriale coerente ci stressano terribilmente. Ci sentiamo lasciate in un limbo, con una spada di Damocle incombente sulla testa». Una simile aria di crisi in Versuni Manufacturing si era manifestata già un anno fa, ma con delle differenze che rendono la situazione attuale maggiormente preoccupante. Spiega infatti Raffaelli che «bisogna tenere conto che in questo frangente specifico la cassa integrazione è notevolmente aumentata rispetto a quelle degli scorsi mesi e, soprattutto, che è stata confermata a ridosso delle vacanze natalizie, ovvero il momento in cui di solito si assiste a un boom produttivo». Raffaelli pone poi l’attenzione sulle dinamiche del mercato internazionale, in cui la ex Saeco opera da almeno quarant’anni: «C’è stata una diminuzione importante della richiesta delle macchinette a marchio Gaggia dall’estero, aumentata progressivamente dalla fine della pandemia. Quando le persone erano costrette in quarantena, infatti, gli acquisti delle macchinette per il caffè erano di tendenza, ora invece le vendite sono calate. Le difficoltà della ex Saeco devono essere poi interpretate nel contesto più generale della crisi di tutto l’universo del piccolo elettrodomestico: più che l’azienda, è il settore in cui opera ad essere in crisi».

«L’intero mercato degli elettrodomestici, i numerosi passaggi di acquisizioni delle società made in Italy che in esso operano, sono espressivi dell’instabilità che caratterizza questo settore e che determina anche gli alti e i bassi del reparto produttivo della Versuni Manufacturing», conferma anche Sacchetti, mettendo in luce l’elemento essenziale per comprendere l’evoluzione storica dell’azienda. Evoluzione fatta di transizioni, di vendite a colossi stranieri e scissioni, ma segnata anche dai “tempi d’oro” della sua origine. Tempi che una delle lavoratrici ricorda nostalgicamente come «il momento in cui l’azienda accoglieva soprattutto loro, le donne, una volta terminata la scuola, una volta arrivate dal sud sui pullman strapieni di giovani pronte a lavorare in un contesto fatto di stabilità e solidarietà reciproca». Quel che è certo, nell’assenza di risposte da parte dell’azienda è, come dice Greco, «che le lavoratrici non ci dormono la notte. In tante siamo entrate in ex Saeco negli anni Novanta a tempo indeterminato. Ora che si è alzata l’età, siamo lontane dalla pensione e sempre più esposte a un futuro precario».

La data del prossimo tavolo con le istituzioni rimane incerta ma la richiesta, come affermato da Raffaelli, è una sola: «Chiediamo investimenti che diano garanzia al reparto produttivo, chiediamo chiarezza sulla quantità delle macchine predisposte per il prossimo anno e quali saranno».

 

L'articolo è stato pubblicato su Quindici il 30 novembre 2023