giornata mondiale Alzheimer

Giardino ad occhi aperti

Al primo piano del padiglione 2 del  Sant’Orsola c’è un luogo dove ogni anno passano circa duemila pazienti, con le loro famiglie, per aspettare una sentenza. «Dottore, mio padre ha l’Alzheimer?», si chiedono tanti figli. Un nome dimenticato, un discorso confuso, una commissione lasciata a metà e si insinua il dubbio, il vaso cade a pezzi. La risposta però non arriva subito. Prima l’anziano deve fare una visita specialistica all’ospedale, poi in quella stessa stanza entra il parente per sapere la verità. E in quella lunga attesa? Dalla primavera scorsa per colmarla, proprio accanto a quell’ ambulatorio c’è il «Giardino ad occhi Aperti», realizzato dalla Fondazione Sant’Orsola con una raccolta popolare su IdeaGinger, a cui hanno partecipato – con un’offerta libera - più di 500 persone.  Un posto dove si può aspettare la verità, ma con bellezza e senza avere paura: «Perché se c’è qualcuno con noi, non abbiamo bisogno di chiudere gli occhi. Possiamo affrontare la malattia», spiega Stefano Vezzani, direttore della Fondazione.

 

Le prime piante messe a dimora sono arrivate il 3 agosto scorso e ora manca solo la pergola per incorniciare il terrazzo, dove è tutto è stato progettato pensando ai colori e agli odori della vita. Ci sono la ginestra e il melo, per tornare con la memoria alla campagna, proprio quella di quando questi anziani sono stati bambini.  Ci sono le piante officinali, come il basilico e il rosmarino, che riportano alla cucina, alla quotidianità domestica e fanno sentire ogni famiglia che sta affrontando questo bivio, a casa. Non ci sono le piante velenose, perché a volte la malattia fa perdere coscienza e i pazienti possono per sbaglio mangiarne le foglie. Ma ci sono tanti fiori. E i vasi sono in cotto, come quelli di una volta. Poi una panchina, dove ci si può fermare a pensare o semplicemente sentirsi protetti mentre si entra in quel “mondo in fondo al mare”, a cui spesso la patologia può portare.

Da quando quest’estate, i primi pazienti si sono seduti, le testimonianze sono state toccanti. «Non c’è nessuno che non si fermi a godere di quel paesaggio, a osservare il panorama», continua Vezzani. E se, dopo la prima visita, la diagnosi viene confermata, quel luogo diventa una costante, una parte alternativa e rassicurante del percorso.

 

«La natura – spiega la direttrice di Geriatria Maria Lia Lunardelli – ha una grande capacità di calmare e rasserenare. Vale per tutti, ma per gli anziani in modo particolare: le piante, i colori e i profumi risvegliano ricordi ed  emozioni e  riportano a un ambiente che per tanti è stato quello in cui si è svolta parte della propria vita. L’attesa in questo ambiente verde e naturale in compagnia dei volontari  permette  di avere una esperienza piacevole che aiuta a riprendere i contatti  con il mondo  esterno e  con gli altri».