strage bologna

Paolo Bellini

Un anno fa Paolo Bellini, 70 anni, è stato condannato all’ergastolo nel processo che la Corte d’Assise di Bologna sta portando avanti sull’attentato alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980. Oggi la stessa corte, presieduta da Francesco Caruso, ha depositato le motivazioni sulle prove «granitiche», a detta degli stessi giudici, dietro all’incriminazione dell’ex membro di Avanguardia nazionale.

Bellini è stato condannato in primo grado il 6 aprile 2022 all’ergastolo, con isolamento diurno di un anno, e al risarcimento delle vittime della strage, dopo essere stato riconosciuto dall'ex moglie in un filmato realizzato da alcuni presenti sui binari il giorno della tragica esplosione. La sentenza lo incrimina per concorso nella strage assieme ai “quattro uomini”, espressione nata per designare i quattro esecutori materiali finora individuati dai giudici, ossia gli ex membri della cellula neofascista Nuclei armati rivoluzionari (Nar) Valerio Fioravanti e la moglie Francesca Mambro, Luigi Ciavardini e Gilberto Cavallini (quest’ultimo solo in primo grado, in processo separato).

Bellini non è solamente un tassello importante nel percorso verso la verità sul perché 85 persone persero la vita nell’esplosione del 2 agosto del 1980. Come lo stesso presidente della Corte Caruso afferma, «la strage di Bologna ha avuto dei “mandanti” tra i soggetti indicati nel capo d’imputazione, […] nomi e cognomi nei confronti dei quali il quadro indiziario è talmente corposo da giustificare l’assunzione di uno scenario politico».

I sospetti si fortificano in tal senso intorno al personaggio di Licio Gelli, auto-dichiarato fascista e noto capo della loggia massonica P2, che avrebbe contribuito finanziariamente all’attentato assieme agli altri accusati Umberto Ortolani, Mario Tedeschi e Federico D’Amato attraverso i fondi provenienti dal Banco Ambrosiano, “cassaforte” occulta della stessa loggia massonica di cui Gelli era il “Maestro Venerabile”.

«Possiamo ritenere fondata l’idea, e la figura di Bellini ne è al contempo conferma e elemento costitutivo, che all’attuazione della strage contribuirono in modi non definiti, ma di cui vi è precisa ed eclatante prova nel documento Bologna, Licio Gelli e il vertice di una sorta di servizio segreto occulto che vede in D’Amato la figura di riferimento in ambito atlantico e europeo”. E nulla toglie, sembra suggerire la sentenza, il fatto che i personaggi ritenuti la mente politica ed economica dell’attentato siano ormai deceduti, in quanto - scrivono in sostanza i giudici - è dovere di chi resta preservare la memoria e dare alle famiglie delle vittime una spiegazione al loro dolore.

 

Nell'immagine: Paolo Bellini. Foto: Ansa.