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«Il "Payback", strumento varato come coda del Dl Aiuti del Governo Draghi, sul quale l’attuale esecutivo ipotizza un possibile “sconto” (1,1 miliardi a fronte dei 2,2 previsti come tassa alle imprese fornitrici per il periodo 2015-2018), genererà un numero imprecisato di fallimenti di aziende, soprattutto di dimensioni medie e piccole, numerosi licenziamenti di personale altamente specializzato giovane e in gran parte femminile, segnando il “de profundis” per la ricerca e sviluppo nel settore biomedicale, un settore di punta in Italia». Questo è quanto ha dichiarato il presidente di Pmi (piccole e medie imprese) Sanità, Gennaro Broya De Lucia, annunciando un accordo con Nomisma, il centro studi bolognese, per una ricerca finalizzata a comprendere, dati alla mano, il reale impatto dell’applicazione del “Payback” sui dispositivi medici nel mondo del lavoro e della Sanità pubblica.

«I numeri di questo studio, che sarà pubblicato in aprile, saranno elemento essenziale per la Politica, affinché non possa nascondersi nei prossimi giorni affermando che non aveva realmente previsto l’impatto – ha detto ancora Broya - Non esistendo uno studio che il governo avrebbe dovuto realizzare per capire le reali dimensioni della norma, se applicata, Pmi Sanità e Fifo (Federazione Italiana Fornitori in sanità) hanno deciso di sostituirsi e di affidare tale incarico al prestigioso Centro studi».

«Il "Payback" è una norma scritta nel 2015 ma mai applicata, finora, per le oggettive difficoltà nel farlo. In sintesi – spiega ancora il presidente di Pmi Sanità – essa richiede un rimborso obbligatorio da parte delle aziende fornitrici di dispositivi medici agli ospedali, esclusivamente pubblici, rispetto a una previsione di spesa delle Regioni poi da esse stesse disattesa. Non è una tassa, è una richiesta di dazione economica unilaterale non concordata che però provocherà cifre non rimborsabili, rimborsi su vendite effettuate nel periodo 2015/2018, Iva versata, tasse pagate, prezzo di vendita stabilito con la Pubblica amministrazione essendo all’oscuro di quello che sarebbe successo dopo. Se questa logica fosse approvata, sarebbe un esempio di prelievo forzato legalmente riconosciuto dalle tasche di tutti i cittadini senza che essi possano difendersi. Banalizzando, anche se la realtà è questa, è come se si fosse fatta la spesa negli anni 2015-2018 per poi accorgersi di non potersi permettere quanto si è speso e tornare dal salumiere chiedendo (anzi, obbligandolo) di restituirgli parte dei soldi che si è pagato. Una norma assurda, in effetti mai applicata dai governi precedenti, ma oggi utilizzata per raschiare il fondo del barile chiedendo alle aziende dei soldi ai quali non hanno diritto a costo di farle fallire».

Le associazioni di categoria hanno attivamente collaborato con il Governo ma alla fine le speranze, le promesse si sono infrante contro l’ultimo decreto legge, quello che prevede uno sconto ma lo vincola al ritiro dei ricorsi al Tar. Nel decreto non solo non è stata eliminata la norma. Si è fatto, secondo il governo, uno sconto ma su una cifra non dovuta e che comunque poco cambia rispetto alla cifra enorme richiesta in maniera impropria.  

Questo annuncio segue quello di pochi giorni prima per cui le due associazioni più importanti per le imprese del Settore dei dispositivi medici piccole e medie imprese, Pmi Sanità e Fifo hanno deciso di collaborare strettamente per affrontare in maniera congiunta con attività diverse la battaglia per la salvaguardia delle aziende contro il "Payback".

I dispositivi medici sono tutti quei presidi utilizzati negli ospedali per curare le persone: da quelli semplici come bende, garze, siringhe, a quelli più complessi come pacemaker, valvole cardiache, protesi ortopediche. 

Il costo dei dispositivi medici è influenzato in maniera importante dal costo dell’hardware, oltre alle spese di commercializzazione e dei servizi associati. Il fallimento delle aziende sarà generato perché il "Payback" impatterà non su quello che si è guadagnato (sul quale comunque si è già pagato le tasse) ma anche e soprattutto su quello che si è speso per comprare e poi rivendere il dispositivo: una follia.

«Il fallimento delle aziende provocherà una scomparsa immediata dagli scaffali degli ospedali di prodotti molti dei quali sono indispensabili – conclude Broya – per salvaguardare la salute dei pazienti. L’impatto sociale sarà devastante. Anche questo sarà oggetto dello studio».

 

In copertina un dispositivo medico: foto con licenza Creative Commons