salute

“Non è normale che faccia male”, questo è lo slogan della campagna lanciata dalla Regione Emilia-Romagna sul tema dell’endometriosi. Una patologia invalidante, che colpisce il 10-15% delle donne in età riproduttiva fra i 12-50 anni.

L’endometrio è la mucosa che ricopre la cavità uterina interna che normalmente si sfalda e viene espulsa con le mestruazioni e a causa di questa malattia aderisce all'esterno dell'utero. Questo acuisce il dolore mestruale (dismenorrea) e può causare forti coliche, ingenti perdite ematiche, dolore durante la minzione e la defecazione, spossatezza e nei casi più gravi alla sterilità.

Dall’inizio del 2023 si parla con maggiore intensità del congedo mestruale, la misura che – sulle orme del congedo parentale – consente alle studentesse e alle lavoratrici di assentarsi da scuola e dal lavoro se i dolori da ciclo sono insostenibili. Il primo paese europeo a introdurlo è stata la Spagna. In Italia a fare da pioniere è stato Gianluca Dradi, preside del liceo artistico “Nervi-Severini” di Ravenna, che ha accolto l’istanza di alcune studentesse dell’istituto. «La misura nasce dal riconoscimento di un bisogno concreto. Parte da un problema avanzato in consiglio d’istituto dalle rappresentanti che si sono documentate sulla presenza di almeno 16 studentesse che soffrono di dismenorrea. Si sono anche documentate sulla proposta, poi diventata legge, in Spagna di un congedo mestruale e quindi abbiamo deciso di rispondere positivamente». Dradi ci tiene a precisare che «non si tratta di un’iniziativa politica, ma di un’istanza che nasce in risposta a un bisogno emerso a scuola. A fronte di una certificazione medica da presentare una sola volta all’anno e che attesti la dismenorrea, le studentesse possono assentarsi fino a due giorni al mese senza che queste assenze incidano sulla validità dell’anno scolastico. Il senso dell’iniziativa è creare un clima di attenzione, accoglienza e inclusione fra gli studenti, dando un’immagine di una scuola attenta alle esigenze delle donne».

Due scuole di Roma e una di Torino hanno seguito l’esempio virtuoso del liceo ravennate e hanno mutualmente riconosciuto il problema e introdotto la regola.

Il congedo mestruale è una misura che sta per essere sdoganata anche dalle istituzioni e dalle aziende. Una delle promotrici dell’iniziativa è Roberta Mori, consigliera regionale dell’Emilia-Romagna che ha presentato un’interrogazione assembleare per l’introduzione: «abbiamo registrato con grande soddisfazione l’impegno dell’assessora alle pari opportunità a sostenere una proposta nazionale rispetto al riconoscimento del congedo mestruale. È una misura strutturale generalizzata che deve essere sovvenzionata dallo Stato. È per questo che il tema lo poniamo al livello nazionale. Deve essere un’attuazione dell’art. 32 della Costituzione che parla di un diritto della salute generale».

Lo stato dovrà garantire sia a livello contrattuale che contributivo ed economico il riconoscimento di questa problematica. Come sostiene Mori, «la cosa più importante è mettere le studentesse e le lavoratrici nelle condizioni di curare e gestire i sintomi della dismenorrea, senza ulteriori aggravi. Non è più ammesso che le donne soffrano. Bisogna riconoscere il dolore e riconoscere la dismenorrea come patologia. Oggi sappiamo che sono circa l’80% di donne che ne soffrono, ma la soglia di dolore è individuale. Le patologie femminili sono quelle un po’ più trascurate nella ricerca, nella presa in carico e nella risoluzione. Nessuna donna è destinata a soffrire».

La consigliera fa un’altra precisazione: «Mi sono permessa di parlare di stereotipi culturali e pregiudizi di genere, perché essendo il ciclo mestruale una cosa ricorrente si pensa che sia normale anche il dolore a esso legato. Questo ragionamento è stato superato dalla Spagna con una legge ad hoc, ma nei paesi in cui la cura è sempre più personalizzata e tarata sulle esigenze delle persone. Questo è l’esempio classico di ciò che dovrebbe accadere in un paese che si fregia di essere avanzato».

Foto fornita da Roberta Mori