lgbtq+

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Le identità alias attive nell’Università di Bologna in questo anno accademico sono 73 mentre il totale, dall’inizio del servizio nel 2017 a oggi, è 112. La carriera alias permette a chi ne fa richiesta di acquisire un’identità temporanea, con valenza esclusivamente interna all’istituto, che consente la sostituzione dei propri dati anagrafici con il nome di elezione scelto dalla persona.

Le università pubbliche che riconoscono le carriere alias sono in crescita: a giugno 2018 il progetto di mappatura digitale Universitrans ne ha indicate 32, ora salite a 45 secondo il sito Infotrans. Alle università si aggiungono poi gli istituti scolastici: 150 a fine 2022 e 198 a oggi.

Oltre all’Alma Mater, in provincia di Bologna ci sono altri quattro istituti che prevedono carriere alias: l’Accademia di Belle Arti, il Centro per l’Istruzione degli Adulti, l’istituto professionale alberghiero “Luigi Veronelli” a Casalecchio di Reno e l’istituto di istruzione superiore “Giordano Bruno” a Budrio.

Nell’università anche il personale docente e tecnico-amministrativo può fare richiesta ma, al momento, non ci sono attivazioni in queste categorie. Fino a gennaio 2022 per ottenere l’identità alias era necessario fornire una folta documentazione che attestasse la presa in carico da parte dell’Ausl. Dopo mobilitazioni di associazioni studentesche e civili come “UniLgbtq”, attualmente occorre solamente sottoscrivere con l’Università un accordo di riservatezza, nel quale sono definite le condizioni di utilizzo della carriera alias. Nell’accordo è specificato che l’obiettivo è la «tutela del benessere psicofisico della persona che ne fa richiesta». Dopo l’attivazione, il proprio nome di elezione appare sul badge, nell’indirizzo email istituzionale e in tutti i sistemi informatici come Studenti Online o Almaesami. Non è inoltre possibile risalire al nome anagrafico, in modo tale da salvaguardare la privacy della persona. L’identità rimane attiva per tutta la durata della carriera universitaria o fino all’emissione della sentenza di cambio di genere.

Il contesto italiano per le persone trans è particolarmente complesso e tra la richiesta di modifica dei dati anagrafici e l’effettiva rettificazione possono passare fino a tre anni. Un’indagine condotta nell’Unione Europea nel 2019 ha evidenziato che, rispetto al 37% del 2012, il 43% delle persone lgbtq+ è stato vittima di discriminazioni.

 

Nell'immagine i portici di via Zamboni. Foto: Creative Commons