Comunità Energetiche

Energie Rinnovabili

Attualmente in Europa sono attive oltre diecimila Comunità energetiche rinnovabili (Cer), che interessano due milioni di cittadini europei. Entro il 2050 si prevede di coinvolgere il 50% degli europei, e quindi oltre 200 milioni di persone. Al momento però la loro distribuzione non è omogenea, basti pensare che le Cer sono 4.848 in Germania e solo 180 in Italia. Guardando alla Regione Emilia-Romagna, si è chiuso il 9 marzo il bando per la progettazione e la costituzione delle Cer e sono state raccolte ben 141 richieste di contributo, provenienti da soggetti pubblici e privati, condomini, case popolari e piccole medie imprese.

 

Tuttavia, «nella nostra Regione siamo ancora agli inizi, sia per quanto riguarda la transizione energetica, sia per quanto riguarda le Cer», queste le parole del direttore Politiche energetiche e ambientali Anci Emilia-Romagna, Alessandro Rossi.

 

Nel 2021 in Emilia-Romagna è stato consumato un quantitativo di energia pari a 150 TWh, solo il 20% del quale in forma di elettricità. L’obiettivo previsto per il 2030 è di arrivare a produrre il 45% dell’energia totale da fonti rinnovabili, un «traguardo che però abbiamo poche chances di raggiungere», secondo Rossi. Infatti, a oggi, solo il 14% dei consumi annui, pari a 21 TWh, deriva da fonti di energia alternative, di cui solamente 2,5 TWh provengono da impianti fotovoltaici, la metà dei quali, precisamente 1,3 TWh, deriva da pannelli installati sui tetti di case e imprese.

 

Una stima della Commissione Europea dice che la produzione di energia a partire dagli impianti installati su case e imprese potrebbe determinare un guadagno di circa 14 TWh, a cui si aggiungerebbero 2,5 TWh generati dal biometano provenienti dagli scarti agricoli, altri 2,5 TWh dai parchi eolici sul Mar Adriatico che entreranno in funzione tra il 2028 e il 2029 e circa un TWh da discariche, cave e parcheggi.

 

Per avvicinarsi all’obiettivo 2023 che prevede la produzione del 45% di energia da fonti alternative, Rossi sottolinea come in Emilia-Romagna sia fondamentale «abituarsi a convivere con il fotovoltaico». Infatti, si sta assistendo a un’evoluzione; in passato «c’era una forte separazione tra centri abitati e impianti di produzione, cioè cabine primarie e secondarie». Una divisione netta che oggi bisogna abbandonare, è importante «integrare gli impianti fotovoltaici all’interno delle città» e pensare a delle «infrastrutture arancioni», deputate alla produzione, al trasporto e all’accumulo di energia, che ci consentono di sfruttare l’«energia di prossimità».

 

Un presupposto affinché le Comunità Energetiche Rinnovabili si sviluppino è che «il rapporto che abbiamo con l’energia si trasformi da passivo in attivo». Questo, secondo Rossi, si risolve «lavorando sul piano culturale, abituandoci a pensarci non solo come consumatori di energia, ma anche chiedendoci come possiamo produrre da soli la nostra energia».