Imprenditoria
Agli occhi dei bolognesi, la massiccia presenza della comunità marocchina si era già palesata lo scorso dicembre quando, in clima di Mondiali di calcio, le strade del centro si erano riempite delle bandiere rosse e dei cori dei tifosi, esultanti per le vittorie contro Spagna e Portogallo e un quarto posto storico. Ma a testimoniarne il profondo radicamento ci sono anche attività commerciali di successo e numeri incontestabili: secondo i registri del Comune di Bologna, i marocchini che, nel 2021, abitano nell’area metropolitana sono 12.185 e, nello stesso anno, la cittadinanza maggiormente elargita sempre dal Comune risulta essere quella marocchina. Come sostenuto da Meryem Nassereddine, vicepresidente dell’associazione Sopra i Ponti, nata nel 1986 a Casablanca, il numero dei residenti e dei lavoratori marocchini è progressivamente aumentato a partire dagli anni Novanta e Bologna si è predisposta sempre di più ad accogliere senza pregiudizi la presenza di una comunità in crescita. Al dato della popolazione si associa, tra il 2018 e il 2022, un aumento percentuale consistente (+24%) dei marocchini amministratori di società e di quelli titolari di ditte individuali nel Bolognese: sempre più marocchini lavorano e sono occupati nel campo delle imprese edilizie e della ristorazione e sono proprietari di piccole attività commerciali. La creatività e lo spirito imprenditoriale che contraddistinguono la comunità marocchina bolognese sono testimoniati da due attività di grandissimo successo: sia il ristorante Al-Kantara che il negozio di modest fashion Hijab Paradise sono punti di riferimento insostituibili tanto per la clientela marocchina, quanto (e soprattutto) per quella italiana.
A pochi passi da piazza dell’Unità, nel cuore della Bolognina, Ayoub Abderahim, proprietario cinquantenne di Al-Kantara, è seduto nel suo ristorante e chiacchiera con il suo amico Yassine Lafram, storico responsabile della comunità islamica bolognese e da qualche anno anche presidente nazionale dell’Ucoii. Abderahim racconta di essersi trasferito a Bologna nel 1998 da Casablanca e di aver accumulato, prima di riuscire ad aprire la sua attività nel 2020, innumerevoli esperienze lavorative: «Dopo aver fatto, per anni, il mediatore in un centro di accoglienza per migranti, l’idea era di guadagnare qualche soldo per pagare l’affitto», dice Abderahim, «Ora, invece, l’attività va a gonfie vele: il weekend mangi solo se hai prenotato; sto pensando di trasferirmi in un posto più grande e ho appena assunto un nuovo cuoco professionista che offre ai clienti specialità marocchine». Dopo la chiusura forzata a causa del Covid, il ristorante di Abderahim ha spopolato soprattutto tra gli italiani: i clienti più affezionati sono infatti i bolognesi per i quali, curiosi di sperimentare novità culinarie e desiderosi di immergersi tra i profumi, i colori e la musica marocchina, andare a mangiare da Al-Kantara è come fare un viaggio. Del resto, anche il fratello di Ayoub, Taofiq Abderahim, di 47 anni, che ha aperto una macelleria Halal nel 2011, racconta di avere una clientela per la maggior parte italiana: il piccolo negozio di Taofiq Abderahim, che pur essendo arrivato a Bologna solo nel 2008 non ha avuto problemi a integrarsi, si trova a pochi passi dal ristornate di suo fratello, in via Matteotti, e prospera, dandogli molta soddisfazione. A testimoniare l’altissima presenza della comunità nel quartiere Navile, in cui vivono più di mille marocchini, davanti ai Mercati Albani un’altra coppia di fratelli di Casablanca racconta la nascita del proprio salone di parrucchieri: Abdelkbir Aboufaris ha 52 anni, si è trasferito a Bologna nel 2000 ed è proprietario dell’attività Marrakech dal 2005. Come il ristorante Al-Kantara, anche il salone dei fratelli Aboufaris, che tagliano i capelli ogni giorno a decine di ragazzi italiani e marocchini, è sempre pienissimo. Giovanissime, invece, le tre amiche titolari di Hijab Paradise, primo negozio di abbigliamento islamico in città, posizionato in via del Borgo di San Pietro. Dal pieno centro storico, i prodotti della linea inaugurata da Fatima Mouradi e dalle sorelle Keltoum Kamal Idrissi e Zineb Kamal Idrissi sono ormai richiestissimi anche al di fuori del capoluogo bolognese: l’attività e il suo marchio, racconta infatti Zineb Kamal Idrissi, che ha 22 anni e lavora come modella, si sono affermati nel 2018 e nel 2021 il grande successo ottenuto ha permesso loro di aprire un secondo punto vendita a Cesena. Le persone che acquistano i capi d’abbigliamento in Borgo di San Pietro provengono da luoghi diversi, come il Marocco, l’Egitto e la Macedonia, ma il negozio è anche largamente frequentato da italiani: la crescita esponenziale della clientela di Hijab Paradise è dovuta, secondo Kamal Idrissi, alla qualità della materia prima e alla versatilità dell’offerta proposta.
«Da una parte - dice Kamal Idrissi - sono sempre più numerose le giovani donne di seconda o terza generazione che vengono a indossare il velo per la prima volta dopo la conversione religiosa, dall’altra sono tanti gli uomini italiani che utilizzano i veli come sciarpe e sperimentano, adattando al proprio stile i nostri vestiti». Anche il tifo partecipatissimo per la nazionale marocchina ai Mondiali, inoltre, ha contribuito a consacrare Hijab Paradise come un riferimento per la comunità marocchina di Bologna. Stampando, infatti, una stella rossa sulle hijab in occasione del match Marocco-Francia, le tre ragazze hanno manifestato la loro vicinanza alla squadra: «I giovani calciatori della nazionale provengono da paesi differenti, ma nutrono tutti un amore profondo per la propria patria e sono ad essa devoti», dice Kamal Idrissi parlando di quei giovani professionalmente realizzati e, come loro, orgogliosi delle proprie origini. Anche le vie della zona San Donato, oltre a quelle di Bolognina, ospitano tante piccole attività commerciali e associazioni culturali marocchine: entrambi arrivati a partire dall’inizio degli anni Novanta, Benjamina Abdellatef, titolare della macelleria Halal Marjane in via Duse, e Taib Bosite, proprietario di un’attività di vendita di prodotti alimentari al dettaglio in via del Lavoro, danno voce alla complessità che caratterizza l’esperienza dell’emigrazione, dimostrando come l’integrazione economica si sia sviluppata progressivamente, ma in modo non sempre lineare. Abdellatef lamenta infatti l’insofferenza nei confronti «Con un diploma e i documenti in regola non è difficile per i marocchini trovare lavoro» dei concorrenti italiani, poco predisposti a dare fiducia alle attività gestite da persone immigrate, mentre Taib manifesta la difficoltà riscontrata nella gestione della sua attività commerciale, che possiede da 25 anni. Ai suoi figli, nati in Italia, Bosite consiglia di studiare ed emanciparsi per fare dei lavori diversi: «Lo Stato italiano non tutela le categorie dei piccoli commercianti, non ci sono leggi contro la tassazione eccessiva e io sono vincolato a un contratto di affitto del locale molto precario». Fatima Edouhabi, di 44 anni, nata a Marrakech, presidente dell’associazione culturale Sopra i Ponti e manager in un’azienda francese, sostiene che una delle principali problematiche della comunità marocchina sia quella di comprare casa a prezzi accessibili e di gestire le relazioni con i servizi sociali piuttosto che trovare lavoro nelle piccole imprese e, addirittura, di metterne su di proprie. «Se si ha un diploma e si è in regola con i documenti non è affatto difficile per le persone marocchine trovare un lavoro», dice Mohamed El Gana, fondatore dell’associazione marocchina del Pilastro “Al Ghofrane”, in linea con le dichiarazioni di Edouhabi. Meedi Haadid titolare trentaseienne, dal 2011, di un’attività di pronto intervento nella riparazione di serrande, parla con la stessa fiducia delle opportunità lavorative nell’ambito dell’artigianato e delle piccole imprese alimentari: ai giovani marocchini che faticano a raggiungere una stabilità economica nel paese d’origine, anche secondo lui, Bologna offre un mercato dinamico, aperto alle sfide lanciate da generazioni sempre più multietniche.
Zineb Kamal e Keltoum Idrissi del negozio Hijab Paradise. Foto di Ludovica Brognoli