ucraina

Ad aprile Maria Proshkovska atterra a Bologna. Il suo aereo parte da Kiev. Anzi, fa una breve tappa a Praga dopo aver lasciato l’Ucraina. Poco dopo è il MAMbo a contattarla, perché lei è un’artista e performer di 37 anni e il museo le offre un posto in cui vivere e continuare a lavorare, la Residenza per artisti Sandra Natali. Insieme con lei c’è Ilya, suo figlio, che ora ha sette anni. Il marito, Oleksii, di 45 anni, rimane in Ucraina. All’inizio della guerra combatte tra i volontari delle Unità di difesa territoriale di Kiev. Dopo qualche mese distribuisce gratuitamente generi alimentari ai bambini, rimasti orfani, e a tutti quelli che non riescano a permettersi un pasto. 

A Maria e Ilya, i giornali locali dedicano tutti uno spazio: «L’arte in fuga dalla guerra trova rifugio a MAMbo», titola il Carlino Bologna. E con quella pagina, del 16 aprile 2022, Sandro Serenari bussa alla porta della residenza che ospita Proshkovska e suo figlio. 

«Me lo ricordo ancora - dice Serenari, professore di Economia all’università -, era un sabato mattina. Ho letto l’articolo al bar e sono andato da Maria per presentarmi. Per dirle che se avesse avuto bisogno, io e la mia famiglia ci saremmo stati. Per dirle che se Ilya avesse voluto, avrebbe potuto giocare con i nostri bambini».

È qui che, per l’artista, Bologna diventa «una seconda casa». Ed è sempre sotto le due Torri che Oleksii abbraccia, dopo quasi un anno, suo figlio e sua moglie. Arriva all’aeroporto per San Valentino, due giorni fa, grazie a una licenza militare, cinque giorni di ‘premio bonus’, concessagli dall’esercito. Maria e Oleksii si abbracciano, stringendosi forte, si guardano con gli occhi lucidi. In mezzo a loro si intrufola Ilya, si fa spazio tra i giacconi dei genitori, lo fa per sentirsi ancora più protetto. Non si toglie il sorriso dalle labbra, il piccoletto. Anche gli occhi azzurri, gli stessi della mamma, gli sorridono. È trepidante, “elettrizzato”, preso da quell’energia che i bambini sanno manifestare. La sprigiona saltando intorno ai genitori, non ci riesce proprio a stare seduto al tavolino del bar. «Gli mancava tanto suo papà - spiega Maria -. A volte piange perché vede le altre famiglie fare le cose di tutti i giorni: andare al supermercato, passeggiare insieme. A altre volte è un po’ “invidioso”, anche lui vorrebbe tornare alla normalità». 

Oleksii si sente catapultato di nuovo nella realtà. «Le persone in guerra non si rendono conto di cosa succeda, di quanto non sia normale quello che stanno vivendo». È quando passi il confine che «non senti più gli allarmi o i missili» e allora percepisci il disinganno, tocchi lo scorrere delle vite degli altri e anche la tua. 

«Ora ci godiamo ogni minuto insieme - dice Maria -. Saremo eternamente grati ai bolognesi: stare qui era l’unico modo per essere al sicuro con mio figlio e continuare a vivere e lavorare». 

 

Maria Proshkovska e il marito Oleksii. Foto di Apicella