Öcalan

Foto Ansa

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Il 12 dicembre 1998 Abdullah Öcalan, fondatore del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk), atterra a Fiumicino da Mosca, scatenando una crisi politica nel governo di Massimo D’Alema, da pochi mesi a Palazzo Chigi. Il governo D’Alema si trova infatti a gestire una questione delicata, dalle importanti ricadute internazionali: Öcalan è accusato di terrorismo dalla Turchia di Erdogan e ha sulle spalle due mandati di arresto internazionali, uno tedesco e uno turco. I principi della Costituzione italiana sull’asilo politico, però, impediscono l’estradizione di un rifugiato in un paese in cui rischierebbe la pena di morte.

L'arresto del capo del Pkk scatta subito dopo il suo arrivo e innesca una serie di proteste a Roma a sostegno della causa curda. Messo sotto pressione dalle mobilitazioni, D’Alema decide di liberare Öcalan, offrendogli rifugio in una villa sotto stretta sorveglianza. È una soluzione ambigua: un limbo tra libertà e reclusione, dove il leader curdo può incontrare altre persone, ma viene costantemente monitorato.

Questa scelta provoca la reazione furiosa della Turchia, che accusa l'Italia di proteggere un “terrorista” e coinvolge anche gli interessi di alcune imprese italiane in Turchia. La situazione si fa presto insostenibile: mentre ad Ankara si susseguono manifestazioni, il presidente degli Stati Uniti Bill Clinton interviene direttamente e sollecita al governo italiano la consegna di Öcalan, minacciando ritorsioni politiche e economiche. La vicenda dell’asilo negato mette in grave difficoltà l’esecutivo italiano. D’Alema cede e decide di far partire Öcalan con la formula di un “allontanamento volontario”: il giorno prima di partire, il capo del Pkk scrive una lettera in cui spiega di voler lasciare spontaneamente l’Italia, volontà che in molti mettono in dubbio. Il 16 gennaio 1999 lascia l'Italia, cercando, senza successo, rifugio in altri paesi. Alla fine trova accoglienza nella residenza dell’ambasciatore greco in Kenya, ma il suo destino è segnato: il 15 febbraio 1999, viene catturato dai servizi segreti turchi e trasferito – illegalmente, secondo molti fonti diplomatiche – in Turchia, dove viene rinchiuso nel carcere di Imrali e condannato a morte.

Oggi Öcalan si trova ancora a Imrali e la sua condanna è stata commutata in un regime di isolamento totale che va avanti da più di vent’anni. Dalla sua cella nel 2005 lancia il progetto del Confederalismo democratico, che ha ispirato la rivoluzione del Rojava nel nord-est della Siria. Il Confederalismo promuove una visione radicale di democrazia, basata sulla partecipazione diretta, sulla convivenza tra i popoli e sull’uguaglianza di genere.

Ufficialmente Öcalan è ancora detentore del diritto d’asilo in Italia: la sentenza del 1° ottobre 1999, arrivata in ritardo, quando l’uomo era già in carcere già mesi, gli ha riconosciuto a posteriori il diritto a ottenere asilo politico in Italia.