Letteratura

Paolo Nori (foto da Licenze Creative Commons)

 

C’è un emiliano in semifinale al Premio Strega (https://incronaca.unibo.it/archivio/2025/04/28/einaudi-ha-preso-il-colpo-dello-strega). Riuscirà a salire sul palco e bere, come da tradizione, direttamente dalla bottiglia un sorso del noto liquore color zafferano? Se lo chiedono i lettori di Paolo Nori, che in questa edizione del premio della Fondazione Bellonci rappresenta la terra dell’Emilia-Romagna con il suo ultimo libro “Chiudo la porta e urlo” (Mondadori), sul poeta dialettale romagnolo Raffaello Baldini.

Nori, classe 1963, parmense ma residente a Casalecchio di Reno, in provincia di Bologna, è uno degli scrittori più prolifici del panorama letterario italiano, ed è noto soprattutto per i suoi romanzi e saggi dedicati alla cultura e alla letteratura russa (insegna traduzione dal russo all’Università IULM di Milano). Da citare titoli tipo “Sanguina ancora. L’incredibile vita di Fëdor M. Dostoevskij” (Mondadori), finalista al Premio Campiello 2021, e “Vi avverto che vivo per l’ultima volta. Noi e Anna Achmatova” (Mondadori).

Anche questa volta Nori ha deciso di dedicare le sue energie a un autore da lui molto amato, spostandosi però dalla fredda Russia alla soleggiata Romagna, e approdando, per la precisione, a Santarcangelo, luogo di nascita del poeta Baldini, oltre che del grande scrittore, poeta e sceneggiatore Tonino Guerra.

Chiudo la porta e urlo”, col suo titolo bizzarro ed evocativo, tipico dello stile di Nori, non la si può definire propriamente una biografia romanzata tout court, bensì una forma ibrida di aneddoti autobiografici sia di Baldini sia dello stesso Nori, con uno stile molto vicino ai toni colloquiali del parlato.

Nel libro si ripercorre il lavoro poetico di Baldini, ai più sconosciuto, in quanto poeta dialettale, e nel viaggio nella vita di quest’uomo pesano con forza le riflessioni personali di Nori. L’autore ha rispolverato la figura di questo poeta da tempo lasciato nel dimenticatoio per farla brillare in una storia che è un piccolo affresco di frammenti, pagine e pagine di un flusso di coscienza dal quale viene fuori la sua grande fascinazione per l’opera di Baldini.

Pertanto, più che un romanzo vero e proprio si tratta di un dialogo informale e autentico tra il Nori lettore e la voce del poeta romagnolo, che vive ancora attraverso i suoi versi, i quali, come si legge nelle ultime pagine, hanno «il potere di farci vedere le cose che ci circondano, la nostra macchina, i nostri appartamenti, le nostre cucine disordinate, i nostri stenditoi, i nostri parenti, come se fossero nell’universo».