Palestina

Gad Lerner (foto Ansa)
Nell’intervista a Repubblica di ieri, David Grossman ha detto che il fatto che sia stato Hamas ad attaccare il 7 ottobre diventa irrilevante di fronte alla sofferenza di bambini e civili innocenti. Perché, secondo lei, questa sofferenza non ha ancora dato vita a un movimento globale che si opponga fermamente ai crimini di Israele nella Striscia di Gaza?
«Ci sono molte ragioni. Credo che parte della classe politica occidentale e dell’opinione pubblica veda nelle azioni di Israele un “lavoro sporco” contro l’Islam, lavoro utile e conveniente per gli alleati. È una posizione che prima era implicita e che oggi sta diventando sempre più imbarazzante. Il racconto della carneficina quotidiana rende insostenibile e ingiustificabile l’operato di Israele contro la popolazione civile di Gaza».
E nella società israeliana?
«È un contesto diverso. Lì pesano i traumi e le ferite del passato, choc del 7 ottobre compreso. Non è una cosa che si può ignorare. Quando Grossman fa questa affermazione, sa che sta toccando un nervo scoperto, ma non dice nemmeno che non sia legittimo per gli israeliani soffrire a causa di quello choc. È stato coraggioso».
Tra l’altro ha ammesso di aver perso lui per primo la lucidità, nei giorni successivi all’attacco.
«Esatto. Non dimentichiamo che nel 2006 gli è morto un figlio che era arruolato nell’esercito israeliano durante la guerra del Libano».
Con l’operazione “Carri di Gedeone”, l’occupazione della Striscia sembra diventare una possibilità sempre più concreta. Anche le dichiarazioni di Netanyahu non lasciano molti dubbi. Non c’è il rischio che, una volta portata a termine l’occupazione e sconfitto Hamas, il mondo dimentichi in fretta i crimini di Israele?
«Non si può trovare la pace attraverso la distruzione. Per l’occupazione della Striscia si dovrebbero trasferire più di due milioni di persone. Quello è un piano criminale e inattuabile, per portarlo a termine si dovrebbero fare milioni di morti, uno sterminio di massa. Oppure deportare ed evacuare tutti i civili».
Quale futuro vede?
«La soluzione non è nemmeno Hamas, che è responsabile della sciagura e della sofferenza del popolo palestinese. In un anno e mezzo la popolazione della Striscia ha subito più di quanto abbia sofferto in un secolo di conflitto. Quella che propone Hamas non è autodeterminazione. Va detto che il fanatismo della destra israeliana alimenta il fanatismo di Hamas. Non ci sono vincitori, solo due popoli sconfitti. I gruppi dirigenti non hanno in mente piani realizzabili e devono accettare che non possono né ebraicizzare né islamizzare quel fazzoletto di terra».