Incidenti

Marco Govoni, investito sulle strisce pedonali a marzo 2025, è morto dopo tre settimane di agonia (foto Ansa)

 

Fabio Govoni racconta del terribile incidente che è costato la vita al padre parlando al presente. Racconta di quel giorno terribile evitando accuratamente di utilizzare il passato. «Abita nei dintorni dei giardini Margherita, e il 6 marzo 2025, in via Molinelli, una strada piuttosto trafficata e che fanno tutti quelli che devono andare in centro e arrivano da Pianoro, mio padre sta attraversando la strada sulle strisce pedonali. Aveva appena fatto la cosa più banale del mondo, buttare la spazzatura. Un’auto guidata da una signora di ottant’anni lo investe».  Marco Govoni viene trasportato d’urgenza al Maggiore e dopo tre settimane di coma muore per le gravissime ferite riportate.

 

Un giorno che lei non può dimenticare.

«No, come non lo potrà mai dimenticare mia madre. L’ha soccorso lei. Stava tornando dal supermercato e si è accorta che quell’uomo a terra era suo marito. Pensi che per qualche momento ha anche ripreso conoscenza. Non dico che si sia rialzato da terra, ma prima di essere portato all’ospedale era ancora vigile. Poi si è aggravato e a causa delle gravi ferite purtroppo non ce l’ha fatta».

 

Una dinamica abbastanza banale. Il passaggio pedonale non protetto, l’alta velocità.

«Dalle condizioni del veicolo non si può negare che la signora di ottant’anni che l’ha investito non procedesse alla velocità corretta per una via del genere. Andava forte. Mio padre con la testa ha sfondato il parabrezza, procurandosi un trauma cranico multiplo, la mandibola distrutta, il fegato spappolato dallo specchietto. E, poi, noi possiamo fare tutte le osservazioni che vogliamo, ma superata una certa età la lucidità diminuisce e la natura fa il suo corso. A ottant’anni è chiaro che i riflessi non sono più quelli di un tempo».

 

In passato ci sono stati incidenti simili in zona?

«Quella via ha sempre avuto problemi di sicurezza, tant’è che nella sistemazione dei documenti di mio padre dopo la morte abbiamo ritrovato una raccolta firme di vent’anni fa dove un cittadino del quartiere si era fatto promotore per mettere in sicurezza la strada. Non è mai stato fatto. Almeno fino alla morte di mio padre, che era una persona molto sedentaria. Ha sempre avuto paura della macchina e con l’avanzare dell’età trascorreva sempre più tempo in casa. La macchina è un’arma, diceva a me e a mia sorella, ed è morto proprio a causa di una macchina, la sua paura più grande».

 

Oggi qualcosa è cambiato?

«La strada adesso è stata messa in sicurezza. Anche qui c’è un doppio discorso piuttosto difficile da fare. Sembra fatto apposta, ma i lavori sarebbero dovuti iniziare qualche mese dopo l’incidente. In estate sono stati completati e io voglio pensare che fossero già programmati da tempo. Non che il comune si sia attivato dopo l’ennesima tragedia. Voglio dire, penso che non sia una pezza messa dopo.  Adesso c’è un’illuminazione più visibile sul passaggio pedonale che è anche stato rialzato. Le auto però vanno ancora troppo veloci e nonostante ci sia la doppia striscia continua cercano sempre di superarmi, fanno i fari, suonano il clacson. Non mi chieda quale possa essere il deterrente perché non lo so. Certo, i controlli possono aiutare ma quella che deve cambiare è la mentalità delle persone, che ormai non si riesce più a scalfire. Farò presente al Comune che la situazione è migliorata, però, ribadisco, alle persone non gliene frega niente del dosso, delle luci, delle strisce. Continuano ad andare troppo forte. Troppo».

 

Fabio Govoni e a sinistra il padre Marco