l'intervista

Il sindaco di Bologna Matteo Lepore (foto di Giulia Goffredi) 

 

Dalla mobilità alla casa, dalle alluvioni alla rigenerazione urbana, il sindaco parla in modo sintetico e deciso, ospite dopo due anni della redazione del Master in Giornalismo UniBo. Conferma che correrà alle Comunali del 2027: «Non solo mi ricandiderò, ma l'inaugurazione del tram ci farà vincere le elezioni». Si definisce «sindaco progressista della più progressista delle città». «Mamdani? Sono felice che a New York sia stato eletto un socialista». Come modelli cita i genitori, «mia madre per i suoi tratti caratteriali, mio padre come allenatore di basket, la mia grande passione». È convinto della possibilità per il centrosinistra di vincere alle Politiche, «con Schlein come guida». Mentre «la destra ha paura della voce di Bologna». Di seguito il testo dell'intervista integrale, pubblicata sul nostro periodico alle 11 del 13 novembre 2025

 

Sindaco, sono alle porte le elezioni amministrative del 2027. Si ricandiderà? I disagi e le proteste legati al tram peseranno su un secondo mandato?  

«Non solo mi ricandiderò, ma sarà il risultato del tram a farci vincere le elezioni. E mi presenterò con un nuovo progetto di riqualificazione della città. Era da trent'anni che in questa città si aspettava un sindaco che non solo annunciasse cantieri o opere, ma che li realizzasse».  

 

Ci ricorda quando la nuova tramvia sarà operativa?  

«Entro gennaio 2026 saranno finiti i cantieri del centro storico, e a fine estate termineranno tutti quelli finanziati con il Pnrr, tranne l’ultima parte al Pilastro. Il nuovo mezzo entrerà poi a pieno regime nel 2027».  

 

Dal traffico a un altro tema chiave, la sicurezza: Bologna è quarta in Italia per i reati da strada, per il "Sole 24ore". Il nuovo posto di Polizia in Bolognina è sufficiente?  

«Avrà un ruolo importante, ma non basta, serve più impegno da parte del governo. Mancano risorse per incrementare il numero di volanti, ad esempio. Noi ne chiediamo una ogni 25mila abitanti».  

 

I cittadini si lamentano che la situazione è peggiorata, in questi ultimi anni.  

«Abbiamo assunto 160 nuovi agenti di Polizia locale, creato l’assessorato alla sicurezza e ideato una rete di partecipazione sul territorio con i cittadini. Io credo nella sicurezza partecipata e integrata: dalla prevenzione dei reati, all’educazione dei minori, alla rigenerazione urbana, al presidio del territorio con le forze dell’ordine».  

 

Con che risultati?  

«Al Pilastro è nato un comitato di cittadini che ci ha aiutato a liberare alcuni caseggiati dallo spaccio, ha creato risultati in piazza XX Settembre e li sta producendo anche adesso in Bolognina, dopo che abbiamo fatto un esposto in Procura, raccogliendo denunce. Ma serve collaborazione con il governo, che invece sembra avere paura di Bologna». 

 

In che senso?  

«Attacca costantemente i sindaci, di fatto le uniche istituzioni che stanno criticando l’esecutivo e il ministro Piantedosi. Questo nervosismo dimostra solo il loro timore delle nostre voci e di quella di Bologna nello specifico. Ogni volta che io parlo e la città fa qualcosa di importante, intervengono Giorgia Meloni e poi il presidente del Senato, il ministro degli Interni, quello dei Trasporti. Manca solo che ci mandino l’Esercito…».  

 

Sempre parlando di sicurezza, lei vive da anni nel quartiere Barca. Crede che la situazione sia preoccupante, dopo un episodio come l’omicidio del giovane Bader 

«No, alla Barca c’è un’alta qualità della vita. Bader quando è stato ucciso non viveva nemmeno lì. Semmai, la sua storia dovrebbe insegnarci a pensare, più che alla criminalità della zona, al fatto che esistono situazioni critiche per i minori stranieri che hanno bisogno di attenzione».  

 

Passando alla sua storia personale, quando ha capito che la politica sarebbe diventata il suo lavoro?

«Quando sono diventato sindaco. Lavorare nelle istituzioni è un’esperienza straordinaria. Io l’ho fatto prima da consigliere di quartiere e da assessore, ma l’elezione a sindaco è diversa: senti che la città supporta le tue proposte e battaglie».  

 

In vista delle Politiche del 2027, invece, nel centrosinistra in molti chiedono al Pd un cambio di passo. Cosa pensa di questa discussione?  

«La vera discussione che dobbiamo affrontare è sul modo di creare un’alternativa credibile alla destra, imparando a fare opposizione, per meritarci la fiducia dei cittadini».  

 

Come?  

«Bisogna opporre, all’empatia della paura della destra, l’empatia del coraggio. Anche rischiando di perdere consenso. Veniamo eletti per fare delle scelte ed è giusto che siamo giudicati per questo».  

 

Ci sono possibilità di vincere?  

«È possibile, ma la sinistra deve avvicinarsi al territorio e unirsi. Invece c’è ancora troppa frammentazione, che fa prevalere l’interesse di pochi. Se le persone non ci considerano come quelli che possono cambiare la situazione, perché dovrebbero votarci?» 

 

E Schlein 

«Avrà il compito di guidarci alle prossime elezioni».  

 

Ritornando a parlare delle opposizioni, a livello locale il capo è senza dubbio Galeazzo Bignami, da sempre critico verso di lei. Cosa ne pensa?  

«Da quando è capogruppo FdI alla Camera non si vede più in città. Non ne sento particolarmente la mancanza, però è evidente che l’impegno sul territorio dei parlamentari eletti in Europa o in Italia sia molto flebile». 

 

 Oltre alle critiche politiche, da sindaco deve fronteggiare anche l’odio social. Qual è il modo migliore per comunicare sulle piattaforme e contrastare la disinformazione?  

«Credo che il modo migliore per contrastare le fake news sia quello di incontrare i cittadini sul territorio. E questo produce anche contenuti per i social. Un esempio sono le settimane del sindaco, che mi portano una volta al mese in un quartiere diverso. Online ho invece iniziato a tenere una rubrica, “Dillo al sindaco”, dove rispondo alle domande».  

 

La casa è probabilmente l’emergenza delle emergenze a Bologna. Tre anni fa lei presentò un piano per creare 10mila alloggi in dieci anni. A che punto siamo?  

«Il primo obiettivo fino a fine mandato è quello di azzerare le abitazioni sfitte nell’edilizia pubblica. Abbiamo creato la Fondazione Abitare perché vogliamo aggredire anche lo sfitto nel privato: lo scopo è assegnare 400 alloggi a canone concordato. Infine, realizzeremo più di 300 alloggi in parte per gli studenti universitari e in parte per le famiglie. Oltre ai 1.500 alloggi per studenti realizzati con dei privati con i fondi Pnrr».  

Il passo in più che si può fare ora?  

«La regolamentazione degli affitti brevi. Cambieremo il nostro piano urbanistico edilizio per permettere al sindaco di indicare le zone dove abbondano e quindi limitare l'apertura di nuovi». 

 

Lei ora ha parlato di un piano a lungo termine. Nei prossimi mesi?  

«Se il governo approverà il decreto “sfratti brevi”, diverse persone finiranno per strada. A oggi non abbiamo case occupate nell’edilizia pubblica e abbiamo molti alloggi di transizione a disposizione. Saremo in grado di affrontare questa emergenza nell’inverno alle porte».  

 

E se si scatena “una guerra” tra inquilini e proprietari?  

«Dobbiamo evitarlo. Il fatto che il Comune si occupi dei più fragili aiuta: le persone che non hanno un'alternativa tendono a rimanere negli alloggi che sono sotto sfratto. Se il sistema funziona e accoglie le persone in difficoltà, queste usciranno dalle case. Se invece continueremo a cercare di risolvere il problema con il manganello, i privati si irrigidiranno e le persone sfrattate non si fideranno delle istituzioni». 

 

Parlando delle alluvioni, cosa è stato fatto finora e cosa si sta facendo per controllare i fiumi?  

«A luglio 2025 il commissario Curcio ha avuto l’incarico dal governo di seguire anche l’alluvione del 2024. E abbiamo ottenuto un fondo per la ricostruzione di un miliardo di euro in dieci anni. La Regione ha scelto di anticipare parte di questi soldi e di investire nel breve termine 500 milioni».  

 

Come? 

«Con un piano che chiuderemo insieme al commissario e alla Regione entro fine anno, per indicare quali interventi finanziare, come le vasche di laminazione. Inoltre dopo le alluvioni del 2024 abbiamo creato un fondo per la riparazione e l’adattamento climatico. E per la prevenzione futura c’è un’importante novità».  

 

Quale?  

«L’Autorità del bacino distrettuale del Po, per la prima volta, ha mappato anche la pericolosità dei torrenti. Questa indicazione porterà Bologna ad essere considerata “area vulnerabile”. Cambieranno dunque anche le regole di costruzione e di protezione».  

 

Spostiamoci un attimo sul versante internazionale. Con la sinistra al governo, la questione israelo-palestinese sarebbe stata gestita diversamente?  

«Meloni si è comportata da seguace rispetto a Trump. La sinistra al governo avrebbe invece dovuto proporre una soluzione di mediazione internazionale, con l’Europa e le Nazioni Unite. Avremmo dimostrato di avere la schiena dritta, esortando Trump a intervenire prima per risolvere il conflitto».  

 

E per le sanzioni a Israele?  

«Insieme all’Europa avremmo dovuto pensare di sanzionare Israele. Politiche che sono dichiarate crimini di guerra non sono accettabili».  

 

Come è possibile bilanciare il diritto di libertà e di espressione nel manifestare con la necessità di prevenire episodi di antisemitismo e di violenza, come quelli delle proteste delle scorse settimane?  

«È necessario abbassare la tensione creando un dibattito meno polarizzato ma molto più chiaro sugli avvenimenti. È giusto prendere una posizione, per dare chiarezza, ma questo non significa annullare il dibattito. Lo spirito democratico e non violento è questo». 

 

Come gestisce l’equilibrio tra la sua vita privata e quella pubblica?  

«Bisogna definire delle priorità, avere una grande disciplina con sé stessi e sapere che il tempo va organizzato».  

 

Qual è la sua più grande passione, dopo la politica?  

«I miei figli, la mia famiglia e il basket, da grande tifoso della Virtus. In un’altra vita avrei voluto essere un giocatore… una volta avrei detto in Nba, ma visto il suo decadimento mi basta l’Eurolega».  

 

Rimanendo sullo sport, il rifacimento del Dall’Ara è un tema centrale, sia per la squadra di Saputo sia in vista degli Europei del 2032. A che punto siamo?  

«Il Comune ha messo a disposizione 40 milioni per la riqualificazione dello stadio. Ora si attendono le proposte del Bologna Fc. Per gli Europei, il governo non darà contributi a fondo perduto, ma eventualmente presterà soldi alla società. C’è ancora tempo per fare un progetto, ma la palla ora non è in mano nostra».  

 

Passiamo alla Garisenda. I cinque milioni del Pnrr a cui avete rinunciato rimarranno a Bologna e non verranno persi. Lei ha confermato che i lavori procederanno secondo i tempi previsti, ma le tutele per i commercianti e le attività sono sufficienti?  

«No, dobbiamo inserire nel nostro bilancio fondi anche a lungo periodo per la Garisenda. Stiamo lavorando con le banche per prestiti agevolati garantiti dall’amministrazione comunale. Permetteranno di dare alle imprese e ai cittadini un sostegno importante basandoci, come col microcredito, sulla fiducia».  

 

Torniamo a parlare di viabilità, ma di un altro nodo cruciale, quello del Passante. Come procede?  

«Abbiamo l'obiettivo di firmare con il governo un accordo che deve portare a dei risultati concreti, sia per i lavori legati alla tutela dell’ambiente sia per quelli che servono a portare acqua e a compensare gli effetti dei cantieri. Mi aspetto dal governo una firma su un documento vincolante».  

 

Negli ultimi anni a Bologna c’è stata una crescita costante di flussi turistici. Con i numeri di oggi, si può parlare del fenomeno dell’overtourism 

«Tra tutte le grandi città italiane Bologna è quella che ha meno turisti, con quattro milioni di pernottamenti annui, contro i 15,20,30 di Firenze, Roma, Venezia».  

 

Però in alcune zone della città è evidente la sproporzione di Airbnb e bed and breakfast rispetto ai residenti.  

«È vero. E dobbiamo continuare a lavorare nei prossimi mesi anche per riequilibrare l’offerta commerciale del centro storico».  

 

Ci spieghi.  

«Abbiamo già introdotto negli anni passati il decreto Unesco, che ha limitato i cambi d'uso degli esercizi commerciali e ha salvato intere strade. C’è bisogno anche di imprese artigiane e della necessità di garantire un ricambio generazionale, e su questo vogliamo impegnarci».  

 

Quali sono le sfide più importanti e urgenti che i sindaci italiani oggi devono affrontare?  

«Il grosso problema è la legge finanziaria. Mancano 700 milioni di euro per gestire i servizi esistenti. I Comuni dovranno tagliare il welfare per sostenere le promesse del governo. Non penso sia accettabile».  

 

Quale considera il suo più grande successo politico finora?  

«Essere riuscito a mantenere l’accesso ai servizi, anche con soglie di esenzione alte, in una fase di crisi economica come quella del post pandemia e dello scoppio della guerra in Ucraina». 

 

E il più grande fallimento?  

«In alcune fasi, penso alle scuole Besta, avremmo potuto raccontare meglio quello che stavamo facendo».  

 

Quali sono i suoi modelli e punti di riferimento umano e politico?  

«I miei genitori: mia madre per i suoi tratti caratteriali, mio padre perché mi ha cresciuto come allenatore di basket. Non ho dei guru. Mi piace però molto Mamdani, che è appena stato eletto sindaco di New York. Insieme a Sanchez, ha avuto l’orgoglio di definirsi socialista. Io all’epoca mi definii sindaco progressista della più progressista delle città». 

 

L'intervista integrale nel n.7 del "Quindici"