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La foto è stata realizzata dall'Ia

 

La musica, si sa, accompagna tutti i momenti più importanti della nostra vita. I momenti di felicità, di tristezza, di malinconia. I momenti di attesa. L’attesa che in questi giorni vivono più di cinquecentomila studenti che si preparano per affrontare il tanto raccontato e temuto esame di maturità. E proprio attraverso la musica, che è un po’ come un odore, come un profumo che ci riporta in un istante a un’emozione vissuta, a un amore lontano, a qualche rimpianto e a qualche rimorso, magari a un dolore non ancora superato; ecco, proprio attraverso la potenza della musica, i ragazzi, che dietro ai banchi si cimenteranno nel primo grande istante di giudizio della loro vita, non si dimenticheranno mai i pomeriggi e le nottate affollate di appunti, di libri di testo, di previsioni e speranze, di interrogativi sul futuro, su quello che sarà o che non sarà.

Sono passati quarantun anni, eppure, a dominare le classifiche delle playlist dei giovani esaminandi (il sondaggio è di Skuola.net) è sempre e per sempre quel pezzo di Antonello Venditti che tutti, inconsapevoli o meno, abbiamo canticchiato almeno una volta nella vita. “Notte prima degli esami”, con le «sue pizze fredde e i calzoni», l’imbarazzo dei primi amori, l’insicurezza, la mai risolta questione sul mistero di quelle «segretarie con gli occhiali che si fanno sposare dagli avvocati», e la promessa a quella Claudia, «non tremare, non ti posso far male, se l’amore è amore», come una melodia e un canto liberatorio che riportano ai tempi delle «nonne alla finestra», dell’utopistico sogno di portare «un pianoforte sulla spalla», non spezzandosi mai. Tra i classici intramontabili ci sono anche “Don’t stop me now” dei Queen, “50 Special” dei Lunapop, “Albachiara” di Vasco Rossi, proprio accanto a quelle nuove generazioni di cantanti che in questi mesi fanno un po’ il buono e il cattivo tempo delle hit parade e delle radio. Olly, con la sua “Balorda Nostalgia”, Lucio Corsi con “Volevo essere un duro”, Karol G con “Si antes te Hubiera Conocido”.

Tra le canzoni più cantate in questi giorni c’è anche “I migliori anni della nostra vita” e Maurizio Fabrizio, l’autore del grande successo, racconta a InCronac@ come il brano è nato e come è arrivato a Renato Zero. «Le canzoni fanno dei giri strani, hanno un loro destino, una loro vita, qualcuna invece ha vita breve, nel senso che viene subito cantata, registrata e prodotta. Altre hanno bisogno di fare un percorso particolare, come è successo ad Almeno tu nell’universo e a I migliori anni della nostra vita. Questi pezzi sono stati parecchi anni in giro, sono stati fatti moltissimi provini, poi all’atto pratico non venivano incise».  I migliori anni ha una genesi molto particolare, racconta Fabrizio, «e nasce con una telefonata che mi fece Guido Morra, autore di testi con cui ho lavorato per tanti anni. Una sera mi disse: “guarda Maurizio, ho pensato a un titolo per una canzone, è anche il titolo di un film che ha vinto l’oscar negli anni Quaranta”. Mi chiese di musicare solo il titolo, di lavorare solo su quella frase. Fui molto fortunato, perché la prima melodia che mi venne in mente fu quella che rimase. La mandai a Guido che scrisse il testo e poi la completai». Un pezzo che poi ha portato al grande successo il cantautore romano con cui Fabrizio ha collaborato ininterrottamente dal 1995. «Generalmente Renato, soprattutto ultimamente, scrive prima il testo, poi io mi occupo della parte musicale. Capita spesso che io gli mandi dei brani, degli spunti che musicalmente sono già finiti, poi lui non si fa sentire per anni e improvvisamente mi chiama: “ho scritto il testo su quel pezzo che mi avevi mandato, bello, forte”. Non c’è un tempo fisso nella musica, non c’è una regola». Guardando la lista dei brani più ascoltati in queste settimane ci si accorge dell’indubbia presenza delle nuove generazioni e, nota Fabrizio, «La musica attuale è in continua evoluzione e se il pop contemporaneo, che si è trasformato in rap o trap, è così seguito, un motivo ci sarà. Ovviamente non è la mia musica, non mi appartiene, però ho il massimo rispetto e ci sono anche cose interessanti e belle. Mio figlio, che ha vent’anni, compone proprio questa musica e imparo da lui. A un ascolto superficiale potrebbe sembrare tutta uguale, ma non è così, io mi sento aperto a tutto. Il compositore deve divertirsi, che faccia jazz, pop, lirica, folk, rap o trap».

Come dovranno divertirsi anche tutti quei ragazzi che tra pochi giorni faranno finalmente il loro ingresso nella community dei maturati e a cui noi di InCronac@ facciamo il più caloroso in bocca al lupo.