Caso Gualandi

Gualandi all'udienza. Foto di Alberto Biondi

 

«Io lo lasciavo libero di scegliere dove andare, se rimanere con la sua famiglia o se andare con questa signora che tanto lo invitava costantemente ad affrontare una nuova vita con lei. Lui diceva che la sua scelta l'aveva già fatta a suo tempo, a febbraio, quando aveva detto alla signora che la storia da quel punto di vista era conclusa e la scelta, se io l’avessi voluto, sarebbe stata quella di rimanere in famiglia e di rimanere con me». Con queste parole Maria Elisabetta Gennari, moglie di Giampiero Gualandi, ha dichiarato di essere a conoscenza della relazione extraconiugale del marito a partire dal 29 aprile 2024. Gennari, oggi, era presente in aula come teste in occasione dell’udienza del processo che vede coinvolto il marito come imputato. L’uomo, ex comandante della Polizia locale di Anzola dell'Emilia di 63 anni, è stato accusato di omicidio volontario della ex collega di 33 anni Sofia Stefani, con cui aveva una relazione extraconiugale, aggravato inoltre dal legame affettivo con la vittima e dai futili motivi.
Gennari ha poi rivelato che sia lei che suo marito hanno avuto pensieri suicidari: «L'abbiamo pensato insieme quando si è palesato il tradimento. Io l'ho avuto per mio conto e gliel'ho espresso. E lo ricordo bene, io ero in cucina e gli ho detto. “Stanotte non ho dormito col pensiero di farla finita e le mille maniere”. La risposta è stata “Anch'io non ho dormito, ma faccio prima io perché ho la pistola”».

«C'era un rapporto tossico: mi pareva che lui, in qualche modo, stesse usando Sofia, perché dal mio punto di vista tra loro c'era un rapporto di tipo sessuale e lui le aveva fatto molte promesse relative al lavoro. Sofia e Gualandi litigavano spesso. Sapevo che i loro rapporti erano molto tesi e caratterizzati da improvvisi litigi». Così, rispondendo alle domande della procuratrice aggiunta Lucia Russo in Corte d'Assise a Bologna, Antonella Gasparini nel ruolo di testimone, descrive il rapporto che coinvolgeva la sua amica Sofia Stefani e Giampiero Gualandi.

Per la procura di Bologna, la morte della donna il 16 maggio 2024, è stata causata da un colpo al volto partito dalla pistola di ordinanza di Gualandi, sparato nell'ufficio dell'uomo nella sede del Comando dei vigili di Anzola. L'imputato, che anche oggi è presente in aula, ha sempre sostenuto invece, che il colpo partì per caso durante una colluttazione.

Gasparini, ha poi riportato ulteriori esempi, vicende che le sono state raccontate proprio dalla sua amica. «Gualandi le aveva detto: “Guarda che ho una pistola”. Io le dissi di stare attenta, ma lei mi rispose “ma figurati, scherza, se ne dicono tante”. Ammirava l'abilità di Gualandi con le armi, faceva parte della sua venerazione, o ammirazione, per lui». E ancora: «Sofia mi disse che Gualandi le aveva rotto un dente durante una lite». Infine, Gasparini ha anche riferito di aver incontrato personalmente Gualandi assieme a Sofia Stefani in un paio di occasioni.

A portare la sua testimonianza nell’udienza è anche Stefano Guidotti, fidanzato di Sofia Stefani, che si è costituito parte civile nel processo. Poi, riprende l’episodio del dente rotto: «Andò dal dentista, mi disse, per farsi riattaccare un dente che si era fratturato durante una colluttazione con Giampiero Gualandi, dente che si era già rotto due volte in precedenza, in altre circostanze». «In un'altra occasione Sofia tornò a casa con dei lividi sul corpo», attribuendoli sempre a una lite tra loro, e un'altra volta «mi sono accorto che su gambe e braccia aveva dei piccoli lividi, che sembravano provocati da una forte pressione con le dita».

Guidotti conviveva da tre anni con Stefani, ha raccontato di aver intuito che tra lei e Gualandi c'era una relazione. «Lei aveva una personalità borderline, bipolare: le consigliai di rivolgersi al Centro di salute mentale, può essere logorante stare con una persona così, ma la sua gioia di vivere contagiava anche me», spiega Guidotti. «Io e lei avevamo trovato un nostro equilibrio. Lei urlava di brutto e ho preso qualche ceffone, ma non reagivo: cercavo di calmarla, poi lei crollava, mi abbracciava e mi chiedeva scusa».