Teatro Comunale

La nuova sovrintendente al Teatro Comunale Elisabetta Riva (foto Ansa)
Mauro Felicori, ex assessore regionale alla Cultura dell’Emilia-Romagna dal 2020 al 2024 e direttore generale della Reggia di Caserta dal 2015 al 2018, era stato molto duro sul proprio profilo Facebook lo scorso 19 aprile, esplicitando le sue perplessità sulla nomina di Elisabetta Riva a sovrintendente del Teatro Comunale. Parlando con “Incronac@”, si è detto in disaccordo con Daniele Del Pozzo, assessore alla Cultura del Comune di Bologna. In un’intervista all’edizione bolognese de Il Resto del Carlino, in edicola oggi, Del Pozzo ha giudicato positivamente la manager milanese, definendola adatta a svolgere l’incarico di nuova sovrintendente del Comunale. Felicori, interpellato sul giudizio del suo omologo comunale, ha ribadito: «La persona giusta è il risultato di un processo competitivo. Per fare questo tipo di affermazione bisogna aver dialogato con gli esperti e aver svolto una selezione pubblica».
«Faccio un’osservazione di metodo», ha sostenuto Felicori, che ha voluto rivendicare la necessità di aprire a tutti questi concorsi: «Anche quando è legale nei posti pubblici, sarebbe opportuno fare selezioni pubbliche secondo lo standard europeo, aprendo a tutti una selezione e dando poi alla politica la possibilità di scegliere all’interno di una short list. Questo stile per me è quello più giusto perché permette a tutti di concorrere e fa sì che si candidino i migliori, lasciando comunque spazio alla discrezionalità della politica. Quando anni fa Annamaria Cancellieri era commissario straordinario del Comune di Bologna, in seguito al caso che travolse il sindaco Flavio Delbono, adottò questo metodo». «Questa nomina rappresenta un cambio di passo sostanziale – ha commentato invece Del Pozzo - È una donna e questo non rappresenta un valore in sé ma contribuisce a rompere quel soffitto di cristallo che vede solo uomini, per di più di una certa età, in posizioni apicali: una donna per imporsi professionalmente in ambito culturale deve valere il doppio. Lei avrà un ruolo manageriale, quindi si ragionerà su un affiancamento artistico, e dovrà farsi carico di questioni cocenti».
La nomina di Elisabetta Riva a sovrintendente è arrivata ieri, dopo la riunione svolta dal Consiglio di indirizzo della Fondazione Teatro Comunale, alla quale hanno partecipato il sindaco Matteo Lepore, i consiglieri Raffaela Bruni, Marco Checchi, Rita Ghedini, Gianluigi Magri e Marzia Zambelli, oltre ai revisori dei conti Cristiana Rondoni, Marcello Bessone e Gian Luca Galletti. Si attende la ratifica finale dal Ministero della Cultura, ma il sindaco sembra fermamente convinto di questa scelta, avendo definito Riva «una manager culturale di grande rilievo internazionale».
La presentazione della nuova sovrintendente aveva suscitato parecchi dubbi già nei primi momenti dopo l'indiscrezione sul suo nome, a giudicare da alcuni post di personalità di spicco apparsi su Facebook. Tra questi Valerio Tura, bolognese da tempo al lavoro con il New National Theatre di Tokyo e capo della comunicazione di Largo Respighi dal 2000 al 2003. «Nel mondo, ma quasi mai in Italia - scrisse Tura sulla propria pagina poco dopo Felicori - una nomina simile si fa con almeno un anno o due di anticipo per programmare per tempo le stagioni. E la selezione è trasparente, non concorsi ma call per i candidati. Poi un board sceglie, valutando idee, progetti ed esperienza». «Un teatro d’opera è una macchina complessa da guidare – continua Tura – In un ambiente dove ci si conosce un po’ tutti, non avevo notizie della persona scelta e allora mi sono chiesto: ma è il profilo giusto per il Comunale? Io credo che il sindaco dovrebbe spiegare le motivazioni che hanno portato a questa decisione, anche se è giusto che la politica operi le sue scelte. Queste strutture sono come delle industrie, a volte con mille dipendenti, anche se Bologna è tra le realtà più piccole». Il Teatro Comunale, conclude, «negli ultimi anni ha avuto non poche difficoltà per vari motivi, ma ha avuto direttori d’orchestra come Celibidache, Chailly, Gatti. Arrivati non tanto per i soldi, che erano relativamente pochi, quanto per la presenza di un quadro dirigenziale che dava garanzie di qualità. Certo, il Consiglio d’indirizzo è sovrano e può decidere quel che crede, ma un pizzico di coinvolgimento in più farebbe solo bene alla città. Io non so se la signora Riva sia brava o meno. So solo che da anni dirige un teatro, il Coliseo, che non fa produzione come invece il Comunale. Il teatro d’opera di Buenos Aires è il Colón, ma sono sicuro che il sindaco conosca bene la differenza».
Parole dure, già ricondivise anche da Felicori, che ha tuttavia preferito incentrare le proprie critiche più sul metodo della scelta che sulla figura professionale di Riva: «In tutt’Europa vige il principio che si deve permettere a tutti i candidati che abbiano i requisiti di potersi candidare. Per trovare il professionista migliore bisogna allargare la platea, parliamo di uno dei più importanti teatri d’Italia». È vero che la politica deve scegliere, continua Felicori, «ma poi bisogna spiegare con la massima trasparenza. Perché è bene ricordare che non è detto che sia giusto fare tutto ciò che pure la legge consente di fare».
Preferisce attendere l’operato di Riva, invece, Giorgio Forni, che ha ricoperto per diversi anni ruoli di rilievo al Comunale e occupa da sempre un posto nel mondo della musica, secondo quanto si legge sul "Corriere di Bologna" del 26 aprile. «Non voglio dare giudizi preconcetti, vedremo alla prova dei fatti. Magari bisognerebbe anche capire bene cosa ci sia dietro questa scelta. È vero, non è un nome dell’ambiente musicale, e forse alcuni giudizi negativi arrivano proprio da quel mondo che si è sentito un po’ scavalcato. Me ne hanno però parlato come di un’ottima organizzatrice, magari se le venisse abbinata una buona direttrice artistica come potrebbe essere Cristina Ferrari, di cui si è parlato, perché no?». Per Forni la legge è stata comunque rispettata, anche se «un po’ più di garbo sarebbe stato apprezzabile. A me dispiace anche per l’interruzione un po’ brutale del rapporto con Fulvio Macciardi, che forse avrebbe meritato di seguire il ritorno del Comunale nella sua sede storica dopo i lavori».