Suicidio Assistito

Eluana Englaro (foto Ansa)

 

La storia di Eluana Englaro non può essere raccontata senza una presenza costante. Senza l’amore e il dolore di un padre, Beppino Englaro, che il 18 gennaio 1992 corse all’ospedale di Lecco. Un incidente stradale gravissimo, i tentativi di rianimazione, la ventilazione artificiale. Sua figlia Eluana sopravvisse ma non si risvegliò più. Uno stato vegetativo permanente da cui fu liberata il 9 febbraio 2009, con l’esecuzione della sentenza del Tar lombardo che accolse la richiesta della famiglia, consentendo la sospensione dell’idratazione e dell’alimentazione forzata.

Una battaglia portata avanti da Beppino e ostacolata da numerosissimi tentativi del governo e del parlamento. Silvio Berlusconi, allora presidente del Consiglio, si spinse a dire che «Eluana ha ancora un bell’aspetto, un'aria sana, il ciclo mestruale attivo e potrebbe ancora generare un figlio». Camera e Senato discussero a lungo tra polemiche, strumentalizzazioni, rinvii e rimpasti. Eluana morì in anticipo rispetto a quanto preventivato, una clinica di Udine decise di assumersi la responsabilità e diede seguito alle statuizioni del tribunale lombardo. Il disegno di legge che si stava cercando di approvare venne ritirato, il padre fu indagato per omicidio volontario aggravato e il dibattito sociale, etico e religioso si fece sempre più accesso. La Procura della Repubblica di Udine chiese e ottenne l’archiviazione del procedimento, sottolineando quello che si sapeva già da tempo: «L’irreversibilità anatomica dei danni cerebrali conseguenti all’incidente automobilistico».

La volontà di morire di Eluana, espressa attraverso i suoi rappresentanti legali. La causa di giustificazione dell’esercizio di un diritto, che escluse la punibilità del fatto commesso da chi materialmente staccò i dispositivi di sostegno vitale. Un principio cardine del diritto penale, il minimo indispensabile per arginare la pericolosa deriva di disposizioni incriminatrici che possono generare incertezze ed errori. Aggiungendo dolore al dolore.