Cinema

Thibaut Delahaye alla masterclass. Foto di Giulia Goffredi
Un budget molto contenuto, paragonabile, secondo l’animatore Thibaut Delahaye, «a quello speso solo per il catering di un film americano», sette mesi di lavoro con un ritmo cinque volte superiore a quello dei colleghi d’oltreoceano e una ventina di animatori – tra cui molti alle prime armi – sparsi su tre sedi, tra la Francia e il Belgio, in costante comunicazione tra di loro. Questi gli ingredienti che hanno dato vita a “Flow – Un mondo da salvare”, co-produzione lettone, francese e belga diretta da Gints Zilbalodis e interamente realizzata con il software gratuito Blender, che lo scorso marzo ha strappato la statuetta d’oro per il miglior film d’animazione alle major statunitensi. Nessun dialogo per ottantuno minuti di pellicola, solo un gruppo di animali, di diverse specie, costretti a collaborare per sopravvivere in un mondo senza esseri umani, devastato da un’inspiegabile alluvione.
Una trama essenziale, ma che racconta una storia universale, che potrete recuperare gratuitamente domani 29 aprile alle ore 18 al cinema Lumière, in occasione dell’ultima proiezione dedicata al Premio Lux del pubblico, iniziativa organizzata dal Parlamento europeo per promuovere il dibattito sui valori comuni dell’Unione europea attraverso la capacità evocativa del cinema.
Qualche retroscena ce lo rivela Thibaut Delahaye, animatore a capo del team principale, quello di Marsiglia, che sabato 12 aprile ha tenuto una masterclass sul processo produttivo del film alla venticinquesima edizione del 24Frame Future Film Fest, al DumBO.
«Il primo giorno – spiega Delahaye – siamo andati allo zoo vicino a Marsiglia per riunire il team e vedere alcuni dei nostri personaggi nella vita reale, come il capibara e i lemuri. È stato un enorme riferimento per noi. Il capibara dormiva quasi tutto il tempo, mentre i lemuri erano molto veloci e usavano le loro code per fare tutto». Caratteristiche che sono state rispettate nel film. Fondamentali anche le numerose riprese fatte dagli animatori ai loro stessi animali domestici per poterne studiare i movimenti e la mimica, anche se, rassicura Delahaye, «non abbiamo buttato nessun gatto in acqua. Ma c’erano molti video su YouTube che potevamo usare».
Delahaye mostra le foto fatte allo zoo di Marsiglia
Ogni animatore si occupa di un certo animale – lo stesso Delahaye ha lavorato solo su alcuni di loro – e quindi si può intervenire in più persone sulla medesima scena. «Il film ha una struttura diversa rispetto a quelli americani – continua Delahaye – perché ha un terzo delle inquadrature (307 contro le mille di media per una pellicola statunitense), le quali sono, però, molto più lunghe». Il primato va a una delle sequenze più memorabili, l’incontro tra il gatto e l’uccello segretario, un’unica ripresa di cinque minuti.
«Tuttavia, la sfida principale – confida l’animatore – è stata gestire le nuove reclute, poiché per molte di loro questo film era il primo vero progetto dopo la scuola, quindi è stato necessario un periodo di adattamento. Ma tutti hanno lavorato con estrema serietà e passione». Una scelta di compromesso, per permettere ai nuovi talenti di imparare, a scapito della velocità di lavorazione. «Il progetto, a partire dall’ideazione, ha richiesto al regista Zilbalodis quattro anni, ma l’animazione è durata da maggio a novembre 2023. Dovevamo produrre due secondi e mezzo di animazione al giorno, ma sapevamo che introducendo gli animatori giovani saremmo arrivati massimo a due. Quindi, giunti al termine di ottobre, abbiamo esteso di un mese e mezzo la produzione, ma riducendo significativamente il team per concludere il progetto. Però, dovete anche immaginare che due secondi e mezzo sono lo standard giornaliero negli studios europei. In America sono quello settimanale», conclude sorridendo.
Non è un caso, insomma, che “Flow” sia la storia di un viaggio al termine del quale si può giungere solo imparando a collaborare. Al termine dell’incontro, parlando delle possibili interpretazioni del film, Delahaye rivela a Incronaca che «il gatto, il capibara, il lemure, il cane e l’uccello segretario in realtà siamo noi, gli animatori del film, persone che vengono da posti diversi e che lavorano insieme per un obiettivo comune». Ma, per l’appunto, è solo uno dei modi in cui si può leggere la pellicola, perché, lo scoprirete in sala, in una storia come questa sono tanti i significati che si possono trovare.
Fotogramma da telefono del trailer di Flow su Youtube