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Persone migranti al sit-in in Piazza Nettuno

Il sit-in in Piazza del Nettuno (foto di Camilla de Meis)

 

Nove i migranti cacciati dal Centro d’accoglienza straordinaria (Cas) di Malalbergo perché hanno ottenuto il permesso di soggiorno. Uno strano caso quello della struttura che ha portato a convocare una conferenza stampa in Piazza del Nettuno. A denunciare l’accaduto un sit-in davanti alla prefettura organizzato dalla piattaforma “Plat”, il Coordinamento Migranti e il Collettivo Edera. Hanno partecipato alcuni dei ragazzi vittime del recente allontanamento dalla struttura. Il motivo? Una circolare della Prefettura di Bologna che intimava agli enti gestori delle strutture l’interruzione immediata dei servizi d’accoglienza a favore dei beneficiari non appena fossero stati in possesso del permesso di soggiorno. Quindi, idonei ad accedere al Sistema d’accoglienza e integrazione (Sai). Al momento, però, non risulterebbe all’attivo alcun inserimento in questa seconda fase.

Nei Cas, soggiornano le persone migranti in attesa del permesso di soggiorno e della protezione di sussidiarietà, che certifica le motivazioni che le hanno spinte a rifugiarsi in un paese diverso da quello di provenienza. «Nel momento in cui il soggetto riceve la protezione, gli viene decretata la cessazione dell’accoglienza ma questo provvedimento non tiene conto delle tempistiche con le quali la persona accolta debba trovare un posto alternativo in cui soggiornare» spiega Maria Elena Scavariello di Plat. Infatti, l’allontanamento delle persone, secondo la Prefettura, deve avvenire in un massimo di tre giorni. Perché? Pare che i Cas debbano essere svuotati in vista dei nuovi arrivi previsti nel mese di giugno, riferisce la responsabile dello sportello legale “Abitare e Immigrazione” di Plat che conclude dicendo: «Sfido chiunque a trovare un posto letto a Bologna in così poco tempo». Le sue dichiarazioni lasciano intendere che l’episodio di Malalbergo non è un caso isolato e che, soprattutto, ha radici più profonde.

Sulla stessa linea, Deepika Salhan, presidente dell’associazione “Dalla parte giusta della storia” che commenta: «Non è accettabile che in questo Paese si diano tre giorni di preavviso per sbattere delle persone in mezzo alla strada. Chi arriva in Italia ha diritto a un percorso, a un luogo sicuro, a una casa. Invece li lasciamo ai margini, spesso anche per il colore della loro pelle. È razzismo istituzionale».

Ad alzare la voce anche alcuni ragazzi della struttura di Malalbergo. Con in mano uno striscione che recita «Non finiremo in strada»  hanno parlato a turno, in francese perché non hanno avuto ancora modo di imparare l’italiano sebbene siano in Italia da circa due anni. «Sono qui perché se non lavori, non conosci la lingua e ti buttano fuori in così poco tempo, come va a finire? Chiediamo più tempo», dice Makan Konè. «Ci hanno minacciato di far venire i carabinieri ma noi non siamo cattive persone, non vogliamo dormire fuori ed è per questo che chiediamo aiuto», conferma Bureima Dene con un sottotesto che coglie in pieno il sentimento di tutti i ragazzi, vittime di una doppia condanna. Secondo le associazioni coinvolte la mossa della Prefettura altro non è che «un attacco pianificato all’accoglienza». Opinione condivisa anche da Lorenzo Delfino, di Coordinamento Migranti, incaricato di accompagnare le persone migranti dal Cas al Sai. «In pratica, il Governo se ne lava le mani, affermando che quelle persone non sono più richiedenti asilo e vorrebbe sbatterle per strada in tre giorni», conclude poi.

Sabato prossimo torneranno in piazza per la manifestazione in Bolognina per contrastare l’emergenza abitativa, altro grande tema politico e sociale che innerva le polemiche nel capoluogo emiliano-romagnolo.