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Roberto Balzani (foto Ansa)

«Quello che succede a Gaza è andato oltre ogni immaginazione, non mi riconosco più in questo Occidente». Così Roberto Balzani, direttore del dipartimento di Storia Culture e Civiltà dell’Università di Bologna e membro del Senato accademico, commenta la mozione approvata ieri dall’Ateneo che condanna fermamente Israele ed evoca il genocidio a Gaza.

 

Com’è nata la mozione approvata ieri?

«Da parte di tutti i componenti del Senato c’è stata la consapevolezza che quello che sta succedendo In Medio Oriente sia di una tale enormità che è impossibile pensare che l'Università di Bologna, peraltro di fronte a un'iniziativa degli studenti, rimanesse inerte. Il Senato era compatto nel voler prendere questa posizione».

 

Però non è passata all'unanimità, c’erano delle perplessità sul testo?

«Sono state presentate due versioni del testo, il contenuto era identico ma non la forma. Una parte del Senato riteneva che la formulazione scelta dovesse essere più asettica, pur mantenendo tutta la durezza del contenuto. Stiamo parlando di virgole. È importante sottolineare che nessuno ha messo in discussione l'idea ma solo il modo con cui è si è scelto di comunicarla».

 

Che conseguenze può avere questa posizione dell’Università di Bologna?

«Nel pratico secondo me si porta dietro una cosa molto importante: il ricompattamento della nostra comunità accademica. L'esigenza di scrivere queste cose, di dirle apertamente, era sentita da moltissime persone, non solo studenti, ma anche professori e personale tecnico-amministrativo. E il fatto che sia stato scritto secondo me è un atto importante ed intelligente, fatto per dare il senso di una comunità di intellettuali che sente l'esigenza di pronunciarsi su questioni che non riguardano solamente la tecnica del proprio campo di studi».

 

Il rettore dovrà promuovere questa posizione anche davanti alla Conferenza dei Rettori delle Università italiane.

«Ci aggiungiamo a una serie di prese di posizione che il mondo accademico ha cominciato a fare già da tempo. Certo, c’è sicuramente un valore morale che per noi è importante perché abbiamo studenti che vengono da aree del mondo dove ora infuria la guerra. È un segnale da dare anche a una parte dei nostri ragazzi, non dobbiamo dimenticarlo».

 

E riguardo i rapporti con le università israeliane?                                                                                                                                                                            

«L'Università di Bologna ha deciso che in questo momento non vuole avere rapporti con le università di Israele. Le collaborazioni di ricerca dei singoli professori ovviamente sono libere e sarebbe sbagliato limitarle ma, come Università, non vogliamo avviare nuove collaborazioni strutturate con atenei israeliani. Sto parlando di tutti quegli accordi che per essere approvati devono passare dal vaglio degli organi dell’Alma Mater come il consiglio di amministrazione o il Senato accademico».

 

Al di là della mozione, può dire qualcosa in più riguardo i conflitti in Medio Oriente?

«E' chiaro che è una situazione imbarazzante per tutti noi, eravamo abituati a vedere le competizioni tra i paesi regolate da processi diplomatici e magari economici, ma non dai militari. Sentire un presidente che dice che non ha ancora deciso se assassinare un altro presidente è qualcosa che esce dalla mia concezione della diplomazia e delle relazioni tra gli stati. Purtroppo non mi riconosco più in questo Occidente anche se vi sono legatissimo perché ho sempre creduto volesse anche dire libertà e democrazia. Solo l'Europa cerca di mantenere qualche barlume di razionalità, però, come si vede, è assolutamente inutile».