mixology

Nell'immagine Giovanni Ceccarelli (Foto concessa da Giovanni Ceccarelli)
Mojito, gin tonic o americano: «Non ci può essere una bella vita dove non c’è un buon bere». Il poliedrico Benjamin Franklin lo diceva più di duecento anni fa e forse non aveva torto. “Fare da bere”, come si suol dire o più propriamente il bartending, è per tanti una questione di estro, anche se a Bologna si sta diffondendo l’idea che all’arte del barman si accosti un’opportuna scienza. La pensa così Giovanni Ceccarelli, pesarese di 38 anni, che ha scelto di impiegare la propria laurea in ingegneria energetica per cogliere i segreti della mixology. Un approccio innovativo alla materia, che ha l’intenzione di colmare il vuoto teorico e operativo legato al pressapochismo di tanta parte del settore. Ceccarelli non lavora dietro al bancone di un bar, ma concentra la sua attività sulla formazione. Non solo, ma ha all’attivo anche una micro-distilleria e l’invenzione di un bitter al limone chiamato Sorbole.
Ma cos’è un cocktail ben riuscito? Non è solo questione di ingredienti versati e mescolati nel bicchiere. «Contano il ghiaccio, la tipologia del bicchiere, la qualità dei distillati», assicura Ceccarelli. Con il suo progetto Cocktail Engineering, il bartender, che dal 2006 vive in città, propone divulgazione e corsi di formazione. «Sono partito con un blog da poche centinaia di euro - racconta - poi nel 2016 il progetto è diventato più strutturato e, ad oggi, collaboro con alcuni dei maggiori professionisti del settore».
A contraddistinguere la filosofia di Cocktail Engineering è l’approccio sperimentale, quasi scientifico, al mondo dei drink. Per il suo ideatore, si tratta di replicare le procedure, per verificare che conducano sempre al medesimo risultato, con il fine di ottimizzare e velocizzare le preparazioni. «Sono un ingegnere, anche se frequento il mondo del bartending da quando ero adolescente - racconta Ceccarelli - lavoravo nei locali per mantenermi agli studi. Mi sono progressivamente accorto che c’era un vuoto tecnico nel mondo della miscelazione e così ho cercato di colmarlo». Un vulnus che però si pone in un ambito virtuoso come quello italiano, dove il panorama del bartending risulta tutto sommato qualitativo, nonostante una certa lentezza ad accogliere le innovazioni. «I drink vengono da oltreoceano, sono una storia americana - spiega Ceccarelli - quindi è naturale che le tendenze arrivino da noi più tardi. Va sottolineato come la ristorazione italiana, al momento, sia in difficoltà economica». I dati, in effetti, parlano chiaro: nel biennio 2023-2024, nel nostro Paese, sono state di più le attività che hanno chiuso di quelle che hanno aperto, benché il boom di bar e ristoranti nelle città turistiche faccia pensare diversamente.
È il caso di Bologna, dove la cosiddetta “gentrificazione” sta trasformando anche il panorama della miscelazione, con un’offerta che diventa sempre più composita e articolata. «È impossibile definire l’offerta bolognese con un solo aggettivo - riflette Ceccarelli - c’è la Bologna universitaria, che punta soprattutto allo “sballo” e alla festa, poi quella “fighetta”, che vuole drink raffinati e serviti con cura. Ultimamente si è aggiunta la Bologna dei turisti, alla ricerca di una tipicità italiana stereotipata».
In città, dunque, si beve un po’ di tutto, con il primato del gin tonic nel dopocena. Proprio il gin risulta il distillato più apprezzato del momento, con una diffusione capillare anche nei bar più piccoli o di provincia. Del resto, i suoi costi di produzione sono molto bassi (basti pensare che gli esborsi maggiori sono relativi alle accise), tanto da indurre anche realtà minori a conservare in bottigliera linee personalizzate e distanti dal mainstream. Questione di diversificarsi per marcare un’identità chiara. «La tonica rischia di coprire le sfumature del gin, non è il modo migliore per utilizzare questo distillato», commenta il fondatore di Cocktail Engineering.
Storia diversa per il mojito, che viene un po’ snobbato dai bartender blasonati ma che presenta caratteristiche tecniche e gustative da non sottovalutare. «È una bevanda di origine cubana, quindi il suo segreto risiede negli ingredienti originari dell’isola caraibica - spiega Ceccarelli - serve un buon rum, zucchero bianco, menta non pestata, lime e una spruzzata di soda. Infine si aggiunge il ghiaccio a cubi. Così il mojito diventa un cocktail veramente interessante».
E proprio il ghiaccio risulta una componente fondamentale della mixology: ha la funzione di raffreddare e diluire, nonostante a volte la clientela non ne capisca l’importanza. Un drink ritenuto troppo freddo o diluito rischia di scontentare il consumatore, spesso inconsapevole dell’implicazione del ghiaccio nella preparazione. «Lo sbalzo di temperatura e gli zuccheri rendono difficile il consumo dei drink a pasto - dice - quindi è improbabile che scalzino il vino. All’estero mi è capitato di osservare cene di pesce accompagnate da un Espresso Martini: in Italia sarebbe inconcepibile, il cameriere rischierebbe il lancio del bicchiere addosso».
Appunto i bicchieri risultano un altro elemento fondamentale della mixology e variano a seconda del cocktail contenuto: un buon bartender deve essere in grado di presentare la propria creazione all’interno di coppe, tumbler o classici bodega, destreggiandosi in base al tipo di preparazione e al contesto. Non un mestiere immediato, dunque, ma una professione che richiede formazione e cultura, esattamente come accade in ambito gastronomico. «Un bravo bartender deve padroneggiare buone competenze sociali - puntualizza Ceccarelli - è fondamentale che ci sappia fare con le persone. Poi è tenuto ad assimilare conoscenze merceologiche e gestionali. Banalmente, la sola preparazione del banco bar ha bisogno di tempo ed esperienza». Tanta la difficoltà dei ristoratori nel trovare profili qualificati o disponibili alla formazione, a causa soprattutto degli stipendi bassi e dei turni programmati di notte o nel weekend. È la stessa natura della ristorazione italiana, costituita perlopiù da imprese familiari di piccole dimensioni, a imporre stipendi ridotti e un equilibrio svantaggioso tra lavoro e vita privata.
«Da un po’ di tempo sono impegnato nella formazione, non lavoro più nei locali - spiega l’ideatore di Cocktail Engineering - però insegnare mi dà grande soddisfazione». E il Sorbole? Il liquore prende il proprio nome dell'esclamazione dialettale bolognese, omaggiando così la città d’origine, nonostante il limone non sia un prodotto tipico. «Bisogna superare la tendenza alla territorialità - prosegue Ceccarelli - il liquore sta ottenendo grande successo in tutta Italia, mentre a Bologna incontra più difficoltà. Del resto, nemo profeta in patria». Ideato sulle sponde del Lago di Garda, Sorbole è un distillato versatile, adatto per lo spritz al limoncello ma anche per i sour o gli americani gialli. Le sue caratteristiche gustative si prestano per i drink estivi, come il Radlerino, a base di birra. «È una bevanda fresca, perfetta per la stagione calda - spiega - occorrono 40 ml di Sorbole, 10 ml di succo di limone fresco e 120 ml di weisse (o comunque una birra con poco luppolo). Poi si aggiunge il ghiaccio e una fettina di limone come guarnizione».
Un cocktail non troppo complesso a prepararsi, ma con sentori freschi, capaci di innovare rispetto ai classici. D’altronde, l’attuale panorama del bartending internazionale sta segnando un momento di stagnazione, con il ritorno a preparazioni basiche e lineari. Guarnizioni minime, colorazioni discrete e bicchieri semplici si stanno imponendo: inevitabile la tendenza al déjà-bu. «Vero, al momento nel settore c’è poca innovazione - conferma l’esperto di miscelazione - ma a Cocktail Engineering ci impegniamo per mantenere alto il valore della ricerca. Stiamo approfondendo le implicazioni degli enzimi, è una prospettiva interessante».
Insomma, dietro il banco bar non c’è solamente dilettantismo o lavoro saltuario, sebbene il divertimento resti un ingrediente imprescindibile per i locali. «I bar sono scuole di vita, spaccati di società a tutto tondo - conclude Giovanni Ceccarelli - ci si possono vivere le esperienze più varie. Il mondo della notte è tutto una scoperta». E come canta Jovanotti: Di notte le parole scorrono più lente / Però è molto più facile parlare con la gente.