università
Il momento dell'annuncio dell''accordo tra UniMoRe e Accademia Militare (foto Ansa)
Dopo il no del dipartimento di Bologna, arriva l’accordo con l’Università di Modena: i cadetti dell’Accademia militare avranno il loro corso di filosofia all’UniMoRe. Dunque il contestato corso si farà, nonostante le polemiche dei giorni scorsi tra Governo e l’Alma Mater, l'ateneo bolognese che invece aveva detto che non era sostenibile. E lo si fa in altra università, nel dipartimento di Giurisprudenza. Oggi il consiglio del corso di laurea a Modena, ospitato proprio all’Accademia militare, alla presenza della rettrice Rita Cucchiara e del generale di divisione Stefano Messina, ha approvato la modifica dell’ordinamento didattico per l’anno accademico 2026-2027. Il percorso sarà inserito nella laurea in Scienze strategiche del dipartimento di Giurisprudenza, insieme a un altro, a indirizzo gestionale. Il nuovo corso rafforza ulteriormente i rapporti di collaborazione didattica e scientifico-culturale, in atto da diversi decenni, tra l'Accademia Militare e UniMoRe, fa sapere in una nota l’Ateneo. «La continua e proficua cooperazione tra le due Istituzioni – prosegue la nota – ha consentito di adattare costantemente l'organizzazione e la programmazione del Corso di Laurea in Scienze Strategiche, afferente alla classe delle lauree nelle scienze della difesa e della sicurezza, alle esigenze formative dell'Esercito Italiano». Una collaborazione strutturale, insomma, consolidata in 25 anni di relazioni e con una presenza stabile di allieve e allievi dell’Esercito e dell’Arma nei percorsi didattici.
Il nuovo indirizzo filosofico si sostituisce così a quello rifiutato dall’Università di Bologna, che nei giorni scorsi è stata al centro di polemiche, con la presa di posizione del Governo e la contestazione dei collettivi studenteschi contro la militarizzazione dell’educazione. Va in direzione contraria la decisione di UniMoRe: secondo la rettrice Cucchiara, l’accordo «rafforza la qualità della formazione degli allievi ufficiali e apre un terreno di lavoro utile all'intera comunità accademica: questioni come l'etica delle tecnologie, il dual use, il rapporto tra conoscenza naturale e digitale chiedono strumenti culturali all'altezza e possono diventare un motore di iniziative didattiche e interdisciplinari rivolte anche agli studenti civili».
Una vittoria per la ministra dell'Università, Anna Maria Bernini: «Quando l’università sceglie di assumersi fino in fondo la propria responsabilità formativa, il Paese fa un passo avanti – ha commentato –. È la ripresa di un dialogo che qualcuno avrebbe voluto interrompere e che invece torna a riallacciarsi. Investire nella formazione degli ufficiali significa investire in istituzioni più solide, in una democrazia più matura».