Il Quindici
Giancarlo Tonelli (foto di Sofia Pellicciotti)
Sta arrivando il Natale. Quali sono le difficoltà del momento?
«Per noi rappresenta il 20-25% del fatturato annuo. Il periodo natalizio è sempre guardato con molta attenzione, anche perché i negozi stanno ancora recuperando dalla crisi del Covid. L'economia risente anche delle situazioni di tensione internazionali, con i costi che sono aumentati. Il rincaro delle bollette, per esempio, ha messo in difficoltà le famiglie e di conseguenza c’è stato un rallentamento dei consumi. In questo contesto, quindi, i nostri soci si aspettano un importante recupero. Speriamo che invece di ordinare online, le persone vadano a fare gli acquisti dal commerciante sotto casa. Sarebbe importante. C’è bisogno che novembre e dicembre siano positivi, ci serve un Natale da otto in pagella».
A novembre si è ormai stabilito come punto di riferimento il Black Friday. Rappresenta un’opportunità?
«Sì e no. Sicuramente è un’occasione perché c’è una grossa spinta emotiva, emozionale e di comunicazione per favorire l’acquisto anticipato di alcuni prodotti. Chiaramente è un grosso momento di spesa, molto vantaggioso per le famiglie perché vengono offerti grandi sconti. Non siamo né favorevoli, né contrari. Prendiamo atto che c’è stata un’evoluzione nei costumi e nelle modalità, nelle abitudini».
A proposito di cambiamenti, c’è la novità del tram. Che parere ha Ascom?
«Noi 25 anni fa eravamo d’accordo per la metropolitana sotterranea, quando dalla giunta Guazzaloca in poi si è iniziato a capire che le macchine avrebbero circolato sempre meno in centro. A questo punto il tram è una scelta che accettiamo, ma sarà importante anche il contorno, come parcheggi scambiatori in zona Fiera e a Borgo Panigale. E che ci sia una buona frequenza del servizio. È chiaro che cambieranno le abitudini sostanziali dei bolognesi».
I cantieri sono un problema?
«Sono chiaramente un disagio perché complicano attività anche banali come il carico e lo scarico merci. In più tengono lontani i clienti. Ora che siamo in dirittura d’arrivo c’è bisogno che il tram rispetti le promesse, altrimenti sarà un problema.»
Il bando del Comune di un milione e mezzo di euro per sostenere i commercianti più colpiti dai cantieri ha aiutato?
«Non proprio. Avevamo calcolato che sarebbero serviti dieci milioni in sussidi. Uno e mezzo è decisamente poco. Ripeto, il tram è una possibile soluzione ai problemi di circolazione e va dato atto al sindaco della tenacia con cui l’ha perseguito. Però i commercianti non sono stati aiutati. Per intenderci, il milione e mezzo diviso tra tutti i richiedenti serviva a coprire uno, massimo due mesi di spese e si sono tradotti in quattro, cinquemila euro al massimo. Per i nostri soci si tratta di tenere duro e non vendere l'attività. Ci sono troppi episodi di loschi figuri che provano a comprare a pochissimo per speculare».
C’è quindi anche un problema di sicurezza. Cosa si intende con loschi figuri?
«È un tema che esiste, assolutamente. Se parliamo di loschi figuri, non c’è dubbio che Bologna in questi anni abbia subito una trasformazione pericolosa. Siamo in un territorio ricco, redditizio per le attività commerciali, quindi si attirano anche attenzioni indesiderate. Abbiamo visto le indagini della magistratura legate ad attività di mafia e 'ndrangheta, ma non è solo questo».
C’è anche altro?
«Eravamo fortissimi sui negozi di frutta e verdura, oggi non è più così. Oggi stanno aprendo tantissimi centri estetici specializzati in manicure da cinesi. Non ho niente contro questo, però è chiaro che ci sia un problema di trasparenza. Non sono iscritti né da noi né all’albo, hanno i loro canali autonomi e sfuggono a ogni tipo di controllo. Non c’è dialogo e quindi facciamo fatica a creare una rete sociale».
I cantieri comunque procedono senza particolari intoppi e, anzi, il 29 novembre è stato inaugurato il nuovo canale di via Riva Reno. Cosa ne pensa?
«Una sfida da correre tutti insieme. La suggestione del sindaco di nuovi navigli è importante, anche se vedendo come sono in realtà i Navigli a Milano qui c’è un percorso ancora da fare. Il Comune deve fare la sua parte per migliorare l’arredo urbano, renderlo più accogliente e caloroso. Come associazione invece dobbiamo essere bravi a sfruttare questa opportunità».
La nuova Riva Reno però ha perso molti parcheggi con questo nuovo assetto. È un problema?
«È da sempre un tema in questa città. Sono favorevole ad avere i parcheggi per una semplice questione di comodità. Nella zona di Riva Reno adesso, con il nuovo assetto, andrebbe ristrutturato quello sotterraneo vicino a piazza Azzarita, che è buio e poco usato. Va detto anche che, quando Bologna venne ricostruita nel dopoguerra, i parcheggi si fecero nei sotterranei dei palazzi e purtroppo il numero è di molto inferiore a quello dei condòmini. Va delineato un piano parcheggi per la città».
Per esempio?
«Abbiamo proposto, inascoltati, un piano di parcheggi sotterraneo, come in tutte le città d’Europa. Oppure i famosi silos. Le auto quando arrivano non possono girare un’ora per trovare un parcheggio. L’unico disponibile è quello di piazza VIII Agosto. È insufficiente. Anche perché l’altro tema che a noi sta a cuore è il carico-scarico delle merci: per farlo devi avere lo spazio adeguato».
In centro ormai la macchina non serve più, visti i T-days. All’inizio come Ascom eravate molto critici. Oggi avete cambiato idea?
«I T-days ci sono piovuti dal cielo. Non siamo stati inclusi nella discussione. Per fortuna sono stati un successo, ma la nostra grande preoccupazione all’epoca era che la gente non sarebbe più venuta in centro perché, senza raggiungerlo in macchina, sarebbe andata fuori città. Siamo in competizione con i centri commerciali della grande distribuzione. Casalecchio, peraltro, ne detiene il record nazionale. Il centro storico però ha stravinto. Il tram, poi, passerà dal centro sette giorni su sette, quindi la situazione cambierà ancora in meglio».
Un’altra grande rivoluzione è stata quella di Bologna 30. Due anni fa si era espresso in maniera critica, chiedendo che restasse solo in centro. Oggi ha cambiato idea?
«No. ho ancora più dubbi. Nel centro storico il limite è giusto e noi eravamo favorevoli fin dall’inizio. Comunque in auto non è possibile andare più forte neanche volendo. Siamo favorevoli pure ai vari dossi e ai dissuasori aggiunti nelle vie centrali. Il discorso è diverso quando lo si estende a tutta l’area cittadina. Il limite sui viali per me non aveva senso. E infatti oggi non c’è. Adesso su Bologna 30 non si fa polemica perché la gente si è accorta che non controlla nessuno».
C’è una soluzione?
«Bisogna iniziare mettendo i vigili urbani sulle strade e bene ha fatto il Comune ad assumerne un centinaio. Come Ascom, siamo tra quelli favorevoli ad avere più forze dell’ordine in strada. Città30 come modello ha senso solo con i controlli, vedremo se aumenteranno. Sono d’accordo con il sindaco quando dice che i sensori per gli angoli ciechi dei mezzi pesanti dovrebbero essere resi obbligatori».
A proposito, qual è il rapporto tra Ascom e Comune?
«È un rapporto vivo, come è sempre stato. È anche un rapporto di grande rispetto istituzionale. La premessa deve essere chiara. Poi ovviamente il Comune fa le sue scelte. Noi cerchiamo di dare peso alla nostra associazione, alle nostre richieste, alle idee e ai programmi. Possiamo essere d’accordo o meno con le scelte dell’amministrazione, però l’importante è mantenere il dialogo, ripeto, vivo. Anche un po' di presunzione dico che, comunque, tutti a Bologna riconoscono che l’Ascom c’è».
E con il sindaco Lepore?
«È un sindaco molto decisionista, che si muove sulla sua strada. Tanto per essere chiari, con lui si ha la netta sensazione di chi guida la macchina in Comune; quindi, il nostro principale interlocutore è Lepore. Come associazione lo conosciamo da tanto, abbiamo già lavorato insieme ad altri progetti».
Per esempio?
«"Bologna Welcome" è nata con una collaborazione tra Ascom e Comune. In quella occasione l’assessore al Commercio e al Turismo era lui. Non sto dicendo che siamo sempre d’accordo, ma ne conosciamo pregi e difetti».
Siete d’accordo su come il Comune ha gestito alcune situazioni difficili, per esempio la partita Virtus-Maccabi?
«Quello che è capitato non ci è piaciuto proprio. Contiamo 16.142 associati, dalla piccolissima alla grande distribuzione e quando succedono fatti di questo tipo sappiamo che i nostri hanno sempre disagi e danni. Alcuni soci hanno dovuto chiudere le loro attività per via della manifestazione. Questo per dire che quando succedendo queste cose noi le viviamo in prima persona».
Quindi la partita non andava giocata?
«No, il contrario. Non capisco perché una partita di basket non si possa giocare e che allo stesso tempo non si possa manifestare nel rispetto delle leggi. Il punto è tutto qui. Si è andati molto sopra le righe per quello che intendiamo noi, per quello che pensiamo debba essere il clima in cui deve vivere la città. Anche perché poi sono i nostri associati a pagare per ripulire i danni fatti davanti ai loro esercizi».
L'Ascom, ai tempi di Guazzaloca, si fece partito. Potrebbe accadere ancora?
«Oggi non ci sono le condizioni. La lista civica era un modo per battere un colpo, far presente che siamo un’associazione non solo commerciale ma importante anche per il tessuto sociale della città. Il ruolo dei commercianti è centrale e va tenuto presente ma direi che non si vedrà una situazione simile a quella vissuta con Guazzaloca. Spesso Ascom prova a intervenire o a proporre soluzioni a situazioni di tensione».
Ottenete dei risultati?
«Pensiamo che una cosa che fa bene a Bologna faccia bene anche ai suoi commercianti. Per dire, avevamo proposto di mettere il 10% di agenti all’interno delle palazzine Acer per frenare lo spaccio e la piccola criminalità. E infatti il Comune ha fatto interventi mirati, prendendo nota della nostra segnalazione».
Ci può parlare del suo rapporto con la politica?
«Ho un giudizio positivo della politica, anche se ho sempre rifiutato incarichi. Non apprezzo il fatto che moltissime persone di qualità ne stiano lontane. La conseguenza è che poi arrivano i furbetti. La cosa che manca di più oggi sono quei valori, quegli interessi superiori alla logica destra-sinistra che si avevano durante la Prima repubblica».
Tornasse indietro, accetterebbe un ruolo politico?
«No, perché ho deciso di vivere a Bologna con la famiglia e di lavorare per consegnare alle nuove generazioni una città con una marcia in più. Adesso credo che abbia una marcia in meno. Per me la politica è stata comunque una palestra importantissima. È stata utile per imparare a decodificare chi hai di fronte, nel rapporto con gli altri».
Tornando alla città, qual è lo stato di Galleria Cavour, che comunque crea 200 posti di lavoro e un fatturato di almeno 30 milioni?
«Galleria Cavour gode di ottima salute. Vengono venduti prodotti di fascia alti che non subiscono la crisi perché i clienti possono permetterselo. Ci sono negozi che non fanno mai sconti eppure hanno sempre la fila, perché c’è richiesta di quel tipo prodotto di lusso».
Nessuna crisi quindi?
«No, anzi c’è stato un miglioramento. La crisi che c’è stata in altre zone dell’Emilia-Romagna, come a Parma e a Ravenna, a Bologna non è arrivata. Per comprare i prodotti del lusso, oltre che andare a Milano e a Roma, come è sempre stato, la gente viene qui anche da altre città perché trova marchi che magari non trova più vicino. Aiuta il fatto che Bologna ora è una città più turistica di un tempo. Dopo lo shopping, i clienti visitano il centro e fanno altre spese, mangiano e fanno aperitivo».
Per finire, che Natale ha organizzato Ascom con il Comune?
«Sono contento del lavoro fatto. Abbiamo illuminato la Torre Asinelli e messo le luminarie con le parole di Carboni su via Indipendenza. Il Comune ha allestito il grande abete in piazza del Nettuno. Questa è la città che mi piace».
L'intervista è tratta dal "Quindici" n. 9 dell'11 Dicembre 2025