Intervista
Don Davide Baraldi (foto concessa dall'interessato)
Don Davide Baraldi, prete della parrocchia di Santa Maria della Carità, spiega la scelta del nuovo confessionale e risponde alle critiche ricevute dal Comitato per Bologna storica e artistica.
Don Davide, perché fondere arte moderna e chiesa?
«Da tanti anni nella nostra parrocchia lavoriamo per ricucire l’arte e la religione, sulle orme del cardinale Lercaro (cardinale a Bologna a metà ‘900 ndr). Lui sosteneva che l’arte e il sacro, dopo lo strappo dato delle avanguardie, potessero tornare a dialogare, come il cardinale Montini a Brescia. Siamo vicini a quell’idea sia spiritualmente che fisicamente, il Museo Lercaro non è lontano da qui. Nel 2017 abbiamo acquistato da loro un’opera che mi aveva colpito dell’artista Ettore Fraini, un trittico sull’eucarestia ispirato anche dall’uso della luce di Carracci nella sua Crocifissione, ancora oggi esposto da noi. Da lì il dialogo non si è più interrotto, abbiamo avuto due installazioni di Giulietta Gheller, una sulla Pasqua e una sull’amore, a San Valentino abbiamo ospitato la mostra “Profumo di pane”, siamo una delle sedi di “Art City”. Il confessionale è solo un nuovo passo su un percorso già avviato».
L’idea del confessionale moderno è stata sua, come le è venuta?
«Sono stato il primo a volerlo e a pensarlo, affidando poi il progetto ad architetti esperti, per due motivi. Uno pratico, il precedente confessionale era antico, con inginocchiatoio esterno, mentre le norme liturgiche prevedono che la confessione avvenga come dialogo con il confessore in uno spazio chiuso e riservato. Inoltre la cornice a riccio nella parte superiore copriva in parte l’opera del Carracci, al contrario di quella di oggi, che ostacola la vista solo se si è molto vicini. Il secondo motivo, quello che spiega l’estetica moderna, è che la nostra chiesa da anni cerca un dialogo fra arte sacra e arte contemporanea. Il nero della struttura poi richiama quello dell’antica balaustra della chiesa, mentre le righe bianche la cornice della Crocifissione di Carracci».
Una delle principali critiche è proprio alla posizione del confessionale, che bloccherebbe la vista del quadro di Carracci, non si poteva mettere altrove?
«È stata una scelta assolutamente consapevole e voluta, a coronamento del percorso che il fedele fa venendosi a confessare. Si posiziona sotto la croce dipinta e può vederla alzando lo sguardo che non viene bloccato da un tettuccio del confessionale che non c’è. La visione del quadro poi non ne soffre, come si vede dalle foto. Anzi, credo che nulla abbia mai fatto una pubblicità migliore al quadro di Carracci che questo confessionale che lo deturperebbe: tanti curiosi che non sapevano che il quadro esistesse prima della storia del confessionale ora vengono a vederlo».
E i parrocchiani come l’hanno presa?
«La maggior parte sono contenti del lavoro. Ovviamente non a tutti piace, ma è legittimo. C’è una differenza però fra esprimere una preferenza e richiedere rimozioni coatte come ha fatto il Comitato per Bologna storica e artistica, che sembra pensare di essere la sola voce competente al riguardo».
Ha espresso anche l’intenzione di brevettare l’opera e preoccupazione per il suo futuro.
«Il brevetto per tutelare il lavoro dei due architetti che ci hanno lavorato, Laura Venturi e Matteo Sergi, due professionisti che meritano venga riconosciuto il loro prodotto. La preoccupazione è per quello che potrebbe decidere la Soprintendenza dopo l’esposto. Se decideranno di farla rimuovere non ci sarà nulla che potrò fare».