il caso

I ciclisti sono tra le categorie più a rischio degli utenti della strada (foto Ansa)

 

«Come Associazione Sostenitori Amici Polizia Stradale siamo il vero termometro della sicurezza stradale in Italia. Ogni fine settimana segnaliamo il numero di vittime e sono sempre cifre assordanti». Giordano Biserni, presidente dell’Asaps, non usa mezze parole per segnalare l’urgenza di intervenire con decisione su un sistema complessivo di sicurezza stradale che richiede attenzione e impegno costanti. «Le cifre impressionanti sono soprattutto quelle che riguardano pedoni e ciclisti, gli utenti più vulnerabili».

 

I numeri sono davvero alti.

«Giudichi lei: 373 pedoni morti in un anno. E da anni navighiamo sempre sugli stessi temi».

 

Ovvero?

«La causa principale è una velocità assolutamente non arbitrata. E, badi bene, non parlo solo dei limiti di velocità fissati a 30 all’ora. Viviamo in un Paese che ha messo sotto inchiesta gli autovelox. Abbiamo creato gli eroi virtuali, i cosiddetti fleximan, che abbattono i misuratori di velocità sulle nostre strade. E consideri che, in alcuni casi, siamo ancora alla fase di monitoraggio dei velox, di collaudo e di verifica della loro legittimità giuridica e amministrativa. Bisogna fare chiarezza sui concetti di autorizzazione e di omologazione. Ribadisco che l’alta velocità è un elemento primario devastante. Quando andiamo in Austria o in Slovenia questi cavilli burocratici non li facciamo. Ci bastano i cartelli e la velocità la rispettiamo. In Italia no».

 

E gli altri fattori che causano così tanti incidenti?

«L’uso del telefono cellulare, che in inverno è possibile monitorare solo per poche ore al giorno, perché con il buio è praticamente impossibile individuare gli automobilisti che guidano e intanto utilizzano gli smartphone non solo per parlare, ma anche per utilizzare i servizi di messaggistica. E poi le droghe e l’alcol che, mi consenta di dire, emergono sempre più spesso in maniera deprimente. Soprattutto sul tema della guida in stato di ebbrezza mancano le linee guida definitive. Faccio l’esempio dell’Alcol Lock, un dispositivo che sarà montato obbligatoriamente sulle vetture di coloro che sono stati condannati per essersi messi alla guida con un tasso alcolemico superiore agli 0.8. Blocca la partenza della macchina. I protocolli ci sono ma ancora non è ben chiaro chi dovrà montarli, quando dovranno essere revisionati. Il risultato? Non è ancora partito niente».

 

Una responsabilità anche della politica dunque.

«A livello nazionale i provvedimenti ci sono. Il 10 dicembre festeggeremo un anno dall’entrata in vigore del nuovo Codice della strada. Alcune cose importanti sono state fatte, come l’inasprimento delle sanzioni per l’utilizzo del telefono cellulare. Mancano ancora gli elementi definitivi per capire come targare i monopattini e come assicurali. Mancano i decreti. Siamo “al decreto del decreto”, questo è un fatto innegabile. Noi possiamo fare tutte le riforme che vogliamo, ma se non c’è chi costringe ad applicare le regole come si deve, si perde solo tempo»

 

La politica locale invece?

«Le strutture locali sono meno attente e alcune latitano. A Bologna il provvedimento che in alcune zone della città ha ridotto il limite ai 30 all’ora mi è sembrato andare nella direzione giusta, soprattutto nell’ottica della tutela di pedoni e ciclisti. Però, attenzione, il limite dei 30 non è la scoperta dell’acqua calda. Nella maggior parte delle città europee è in vigore da anni. E non diciamo sciocchezze, i 30 non incidono sul Pil. In Spagna, tutte le metropoli hanno questo limite di velocità e il Pil è più alto del nostro. Interventi come questo vanno fatti nei punti più nevralgici e critici. Anche Firenze e Roma hanno avviato studi per regolare la velocità su questi limiti.

 

Quindi?

«Serve una cultura del rispetto degli altri. Qui parliamo di educazione civica, che non esiste più. Oltre a un controllo sulla struttura stradale, sulla segnaletica luminosa, sugli interventi dissuasivi, ciò che bisogna fare è costruire nuove conoscenze. L’educazione stradale più sicura è quella della paletta della polizia, che quasi non si vede più. I lampeggianti blu, che danno sicurezza e certezza, li vedi ormai solo vicini agli stati o ai palazzetti. Nelle strade è un deserto quasi totale».  

 

Giordano Biserni, presidente di Asaps (foto Ansa)