Casa
La zona intorno a Piazza Malpighi, con molte stanze dedicate agli affitti brevi (foto Wikimedia Commons)
«Non sono le locazioni brevi a ridurre le case disponibili, ma è l’incapacità del sistema immobiliare di far rimanere gli alloggi nel mercato». Così Alberto Zanni, il presidente dell’associazione di proprietari immobiliari Confabitare, "ribalta la prospettiva" sulla crisi abitativa di Bologna, prendendo le parti dei locatori che entrano nel mercato degli affitti brevi, piuttosto che quelli a lungo termine. In una delle città che più soffre l’emergenza abitativa, si tratta di una posizione in controtendenza, come ci dimostrano gli ultimi dati del mercato bolognese. Nomisma, società di ricerca economica privata con sede nel capoluogo, ha rilasciato il suo terzo “Osservatorio sul Mercato Immobiliare 2025” sullo stato di compravendite e affitti sotto le Due Torri.
Quando un appartamento si libera, mediamente entro un mese e mezzo verrà occupato da un nuovo inquilino, a volte anche entro una settimana per gli immobili più appetibili. Il canone medio delle abitazioni usate è aumentato, sia su base annuale (+3%) che semestrale (+1,6%), mentre rimane stabile al 5,1% il rendimento medio lordo da locazione, cioè quanto guadagna un proprietario mettendo in affitto una casa, rispetto al valore della stessa. Considerando tutti i canoni a Bologna, invece, Nomisma rivela un incremento dello 0,4% e la stabilizzazione al 4,8% del rendimento medio lordo annuo: questo ha spinto l’osservatorio a prevedere un altro incremento medio degli affitti nel primo semestre del 2026.
Nonostante questo, Zanni giustifica così la sua tesi: «Una parte del fenomeno non sottrae unità al mercato residenziale tradizionale, perché la maggioranza sono stanze o porzioni di abitazioni, spesso interne a immobili già occupati, il che ne diminuisce l’impatto». Il presidente di Confabitare arriva a definire gli affitti brevi come un "alibi collettivo" e che «bisognerebbe investire risorse per capire dove si genera veramente la crisi».
Ma da cosa deriva questa fuga dei proprietari dal mercato tradizionale? Secondo Zanni, «il problema non è la redditività, ma è l'incertezza: una quota rilevante del patrimonio residenziale non entra nella locazione a causa delle scarse tutele contrattuali e i rischi di morosità e i tempi imprevedibili per recuperare un immobile. Basti pensare che un terzo dei proprietari sottrae i propri immobili al mercato della locazione». Da una parte, dunque, un mercato rischioso e inappetibile, mentre dall’altra una frontiera più stabile e redditizia. «Le locazioni brevi sono facili da vedere e facili da accusare, ma difficili da comprendere nella loro reale dimensione. La loro espansione compensa ciò che l’offerta alberghiera non può coprire. L’offerta non aumenterà finché non punteremo sul miglioramento della sicurezza contrattuale, invece che sulla regolamentazione».
Per esplorare di più la questione, Confabitare terrà un convegno all’Hotel Savoia Regency venerdì 5 dicembre (dalle 14 alle 19) per «uscire dalle semplificazioni che animano il dibattito pubblico, portando numeri e una domanda che attraversa il Paese: dove nasce davvero la crisi dell'abitare?».