L'autore
Lo scrittore Erri De Luca (a destra) in dialogo con il giornalista Claudio Cumani (foto di Paolo Pontivi)
Cos’è la vecchiaia? Cos’è quest’età che ormai guarda verso il limitare? Per lo scrittore Erri De Luca la risposta, ai microfoni di InCronac@, porta con sé la meraviglia che succede alla scoperta. «Per me è una salita nelle esplorazioni e non una lenta discesa nelle dimissioni. Va in salita, e il corpo deve adattarsi, ha bisogno di una disciplina rigorosa, di una concentrazione maggiore. Il corpo è felice di essere sollecitato».
Una serata al lume di una leggera e ponderata “filosofia” sulla concretezza della senilità quella di ieri sera con il celebre autore napoletano, che ha presentato all’interno del suggestivo Oratorio di San Filippo Neri di Bologna uno dei suoi ultimi titoli, “L’età sperimentale” (Feltrinelli), nato in collaborazione con la modella e stilista francese Inès de la Fressange, e incentrato appunto su quel particolare tempo della vita che solitamente costringe a fare un po’ i conti su quello che abbiamo dietro di noi e il poco che rimane davanti. A condurre la chiacchierata sul tema il giornalista de "Il Resto del Carlino" Claudio Cumani, e in seguito anche con la redazione di "Giovani Reporter".
De Luca, settantacinquenne cardiopatico ma ancora affamato di vita e di esperienza, non è un uomo che considera la vecchiaia, questa “età sperimentale”, un guardarsi indietro e fare bilanci, fare riflessioni sul decadimento. È piuttosto una via per vivere qualcosa di nuovo, qualcosa che possa mettere in esercizio la mente e il corpo.
«Sono stato avvisato da altri che sono diventato vecchio. Una volta sull’autobus una donna si è alzata per lasciarmi il posto. Io per non sedermi le ho detto che dovevo scendere alla prossima fermata, anche se non era la mia. E sono sceso per davvero. La vecchiaia in pubblico è ingombrante», dichiara lo scrittore sul palco dell’Oratorio.
Eppure, nonostante il peso ingombrante, l’età sperimentale può essere vista come un bosco di montagna che si dirada, sempre di più, mano a mano che si raggiunge la vetta, per guardare lontano. Le montagne sono un simbolo fondamentale nell’opera di De Luca (lui stesso è un abile scalatore), queste creazioni naturali che «vengono dal fondo del mare, un fondo che le ha scaraventate verso l’alto. Ecco perché sui monti si trovano fossili, conchiglie e coralli. Io, da napoletano, ho scelto di seguire queste conchiglie, questi coralli che vanno verso l’alto. La montagna è un luogo in cui si diradano le presenze, è una passeggiata in un deserto minerale. Dai le spalle a tutto e sei solo». E così la sorpresa del nuovo, o la riscoperta del conosciuto, appare in tutta la sua bellezza. Tutto ciò incanta ancora il vecchio, tanto quanto il bambino.
L’età sperimentale è davvero un tempo di nitidezza, in cui «si vede meglio il distante», in cui si impara a riaccorgersi di certe cose, di piccoli dettagli quotidiani. «Mi sono accorto dei fiori, prima non ci avevo mai fatto caso. Ti può capitare di vedere in montagna, su una parete, in un’unghia di terriccio, un raponzolo di roccia, un fiore resistente; lo conosci e allo stesso tempo lo riconosci, lo metti a fuoco: ed è lo stupore». Lo stesso tipo di stupore che lui, autore di una vasta produzione letteraria di successo, prova ancora di fronte a un foglio bianco, sentendosi sempre un principiante che nuota nella realtà del mondo.
Un mondo, oggi, in mano a tanti vecchi, anche se secondo lo scrittore è sempre stato così. L’unica differenza, fa notare, è che prima si era più ingenui, mentre i vecchi potenti di adesso «sono un’associazione a delinquere, con un desiderio spasmodico di regredire nel passato. Sembra quasi che lì si sentano al sicuro. Ma fortunatamente questa generazione di decrepiti è destinata a sparire, e io con essa. Sono entusiasta di questi tempi finali. Siamo biologicamente destinati a sparire, è solo che l’età media continua a prolungarsi e quindi ci mettiamo un po’ più di tempo».