Intervista
Giovanni Cotugno, segretario regionale Fiom (foto concessa dall'intervistato)
Cotugno, qual è la caratteristica distintiva del modello industriale emiliano-romagnolo e quali fattori ne stanno determinando l'attuale momento di crisi?
«Il modello industriale emiliano romagnolo, che è anche il modello italiano e tedesco, è votato alle esportazioni e si era sempre basato sulla qualità del prodotto, in cui c'è anche qualità tecnologica e un prezzo competitivo rispetto ad altri mercati. Oggi quel modello entra in crisi per l’aumento dei costi dell’energia e dell’ascesa tecnologica degli Stati Uniti e del costante progresso tecnologico della Cina. Tutti elementi che si sovrappongono alle difficoltà dell'industria italiana ed europea nel suo complesso»
Qual è la situazione attuale nel settore dell'automotive in Emilia-Romagna?
«Abbiamo una situazione diversificata in regione rispetto ai settori colpiti. Abbiamo il mondo dell'automotive in estrema difficoltà perché da un lato c’è la crisi di Stellantis (si risente delle scelte strategiche dell'azienda che sta a nostro avviso disinvestendo dall'Italia) e dall’altro c'è il divario tecnologico che sta maturando rispetto ai due grandi competitor a livello globale e che detengono da un lato la supremazia tecnologica derivante dal passato – gli Stati Uniti – e dei passi in avanti che sta compiendo l'industria cinese in termini tecnologici. È emblematico il riferimento all'auto elettrica»
Oltre all'automotive, quali altri settori produttivi regionali stanno attraversando un periodo di difficoltà e quali sono le cause specifiche per ciascuno di essi?
«Un altro segmento in difficoltà è quello della meccanica agricola. Questo deriva da più fattori: una diminuzione del mercato, una competizione nel prezzo che porta minore valore aggiunto e il fallimento di una politica agricola comune. È in forte difficoltà anche il settore della produzione di elettrodomestici, diffusa in modo importante nel Reggiano e nel Modenese».
Ci sono segmenti o settori che, al contrario, stanno resistendo meglio alla crisi o mostrano una condizione positiva?
«Se pensiamo al packaging e alle macchine da riempimento, siamo ancora in una condizione abbastanza positiva. È un segmento particolarmente concentrato nel Bolognese e nel Parmense dove grossi ed evidenti segnali di crisi non ne stiamo vedendo. Resistono invece i marchi di lusso come Ferrari e Lamborghini che però seguono delle dinamiche a parte. Per essere chiari, se a Lamborghini applichi un dazio, non ha quasi nessun effetto»
Quali sono i dati attuali sull'utilizzo degli ammortizzatori sociali e quali sono le vostre previsioni in termini di occupazione per il futuro prossimo, in particolare per il 2026?
«Abbiamo un livello di utilizzo degli ammortizzatori sociali pari ai livelli del 2010-2012 e io vedo una condizione di peggioramento. Iniziamo ad avere il timore di ondate di licenziamenti per il 2026»
Ritiene che l'intervento delle istituzioni locali, in particolare la Regione, sia sufficiente nella gestione, prevenzione e risposta alle crisi industriali? Esiste una strategia industriale territoriale adeguata?
«Io, guardando anche un po' quello che succede nel resto del Paese, sono convinto che il contesto emiliano romagnolo sia quello che porta avanti la politica maggiormente incisiva. C'è un tema che non è la Regione che determina l'arrivo di nuovi insediamenti industriali. Certo, che questo è il grosso problema che io vedo oggi. La legge regionale sul finanziamento relativo all'impatto tecnologico sicuramente dà delle risposte. Il ruolo informale della Regione nelle crisi, ma anche nella reindustrializzazione e nella ricerca di soggetti che possono arrivare ad investire, funziona ed è ben distribuito».
C'è un messaggio che vuole lanciare ai lavoratori e alle istituzioni riguardo al futuro industriale della regione?
«Bisogna sviluppare un progetto di politica industriale per quanto riguarda il mondo delle istituzioni. Un piano serio e seriamente finanziato. Bisogna agire sull'energia, sulle infrastrutture, a livello burocratico, sulla ricerca e sviluppo, perché altrimenti smetteremo presto di essere la seconda potenza industriale europea, o continueremo ad esserlo ma all'interno di un processo di certificazione tremendo. Ai lavoratori voglio dire che bisogna sempre essere determinati.