L'intervista

Omar Camporese (foto Ansa)

 

«Nonostante le assenze, l’Italia ha le sue chance di vittoria finale». Omar Camporese, ex tennista bolognese, numero 18 al mondo nel 1992 e più volte convocato in Coppa Davis, ritiene che gli azzurri, campioni in carica e alla ricerca della terza vittoria consecutiva, siano pronti nonostante le assenze di Jannik Sinner e Lorenzo Musetti.

È il momento della Coppa Davis. Come vede l’Italia, sia oggi contro l’Austria che per tutto il torneo?

«Contro l’Austria mi sento di dire vittoria facile. Non ci dovrebbero essere problemi, per il prosieguo del torneo vedremo. Va anche detto che, nonostante le assenze, l’Italia per me è una squadra competitiva, con degli ottimi tennisti e con un doppio fenomenale».

Quanto è importante il duo Bolelli-Vavassori in Coppa Davis, visto che per la nazionale italiana è un punto di forza?

«Parto dicendo che il nostro doppio è il migliore del torneo. Le altre nazionali hanno due giocatori in campo, noi abbiamo proprio una coppia. In Coppa Davis poi, storicamente, il doppio è sempre stato fondamentale per la vittoria. Nel caso degli azzurri, avere questa coppia vuol dire partire con un punto già fatto».

Parliamo delle assenze. Sinner e Musetti non ci sono per l’Italia, Alcaraz ha dato forfait pochi giorni prima dell’inizio del torneo per un problema fisico. Troppe partite nel calendario dei tennisti oppure mancanza di appeal per la Coppa Davis?

«Il calendario del tennis è molto fitto, ma questa non è una scoperta. Le assenze sono fisiologiche, visto anche che la Davis si gioca alla fine dell’anno, quando si è già stanchi. Che la Coppa abbia perso il suo prestigio è ormai assodato, però penso che non sia responsabilità dei giocatori, che devono comunque gestire impegni e pressione. L’organizzazione va rivista».

Converrebbe allora non giocarla ogni anno? Dei cambiamenti ci sono stati, il format quest’anno è stato modificato.

«Non sono d’accordo, la Coppa Davis va giocata ogni anno. La vera rivoluzione per me sarebbe inserirla nel circuito Atp, cioè assegnare un punteggio Atp alla manifestazione. Sarebbe un grosso incentivo per i giocatori. Il nuovo format, con le partite spalmate durante l’anno, non mi convince, anche perché non è stato cambiato il problema principale. Una volta alla fase finale della Coppa Davis c’erano solo due squadre, quelle finaliste. Ora sono otto. Quindi ora è più difficile preparare i team, prima sapendo che eri in finale di Coppa Davis ti preparavi fisicamente e sul calendario».

Lei la Coppa Davis l’ha giocata negli anni ’90. Cosa c’era di diverso?

«Era sacra. Ripeto, i tennisti programmavano il calendario in funzione della manifestazione. Poi il formato dell’epoca, con sfide andata e ritorno era davvero avvincente, perché chi era in casa sceglieva la superficie. Se giocavi contro gli australiani, erbivori, sceglievi il cemento. Contro gli spagnoli, che amano la terra, cambiavi ancora in base alle caratteristiche degli avversari. Era sicuramente più interessante».

La superficie oggi conta ancora? Si può dire che i primi due del mondo, Alcaraz e Sinner, abbiano gusti opposti in fatto di superfici.

«No, la superficie non conta quasi più niente. Gli specialisti non ci sono più e ormai è quasi tutto livellato, anche se esistono ancora i giocatori che su alcune superfici rendono meglio di altre, ma non è più un fattore così incisivo. Prendiamo Sinner, in teoria forte su superfici veloci e Alcaraz, forte su terra e erba. Alcaraz ha battuto Sinner sul cemento degli US Open, mentre l’italiano ha vinto su erba a Wimbledon. Poi è chiaro che il livello di questi due è altissimo. Tra il numero due del ranking e il numero tre ci sono più punti di distacco che tra il numero tre e il numero mille».

A proposito dell’equilibrio per ora visto tra i top due, vede la possibilità di un Grande Slam?

«Pensavo quest’anno Sinner avrebbe avuto una grossa chance, poi i problemi extra campo l’hanno penalizzato. Però possono farlo, anche perché in questo momento ci sono loro due, il terzo non c’è».

Tornando alla Davis, pronostico finale?

«Detto dell’Italia, che ha le sue possibilità di vittoria, direi che la Germania è tra le favorite. Ha il numero tre del ranking, Zverev, e un ottimo doppio. Poi guardando i nomi ammetto che la Repubblica Ceca ha dei giocatori ottimi sul cemento, come Lehecka e Mensik. In generale però sarà la forma fisica a fare la differenza. Chi arriva meglio a questo appuntamento parte avvantaggiato».