Crisi

Lavoratori dello stabilimento Caffitaly di Gaggio Montano in corteo (foto Ansa)

 

Lo stabilimento Caffitaly di Gaggio Montano sta attraversando un’altra fase delicata. Il 19 novembre la Federazione Lavoratori Agro Industria Bologna (Flai) si incontrerà con la proprietà e i creditori per fare il punto sul piano gestito attraverso la Composizione negoziata della crisi. A partire da aprile 2024 questo strumento ha consentito di individuare un equilibrio e un percorso d’uscita per l’azienda, fondato su un piano industriale che prevede, come passo finale, la vendita dell’intero complesso produttivo di Gaggio Montano, per garantire il rimborso ai creditori.

Nel dettaglio, il piano include la dismissione di alcune linee produttive obsolete, la loro sostituzione con nuove linee per la produzione di capsule di caffè e la concentrazione della produzione di macchine da caffè destinata principalmente a Costa, cliente considerato strategico.

Per accompagnare questa fase di transizione, l’azienda ha fatto ricorso alla cassa integrazione, strumento necessario a gestire gli spostamenti, le dismissioni e la riorganizzazione interna. Il trattamento scadrà a fine gennaio 2026 (è iniziata a gennaio 2025 e regolarmente dura dodici mesi prorogabili di altri dodici), e prima di quella data è previsto un nuovo incontro tra azienda, sindacati e istituzioni per verificare l’andamento del piano industriale, il calendario degli investimenti e l’andamento degli ordini, in particolare quelli di Costa, che risultano inferiori alle attese.

 

«Alla luce di questi ritardi la necessità di prolungare la cassa integrazione diventa più importante che mai per consentire il completamento degli investimenti e il pieno avvio della produzione prevista dal piano», spiega il segretario della Flai Bologna, Marco Ramponi. Parallelamente, l’accordo già in vigore contempla anche la possibilità di uscite incentivate, destinate soprattutto ai lavoratori che scelgono di intraprendere percorsi di autoimprenditorialità o lavoro autonomo. «Alcuni dipendenti – continua Ramponi – in particolare manutentori e tecnici specializzati, hanno già trovato sbocchi lavorativi più agevoli in altre imprese del territorio, dove queste professionalità sono molto richieste». La situazione è invece diversa per le figure meno qualificate che, nonostante gli incentivi faticano a ricollocarsi.