Salute

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Visita medica (foto Ansa)

 

Sei mesi per una visita dermatologica, otto per una tac al bacino, quasi un anno per "vedere" l’oculista. Lamentele e malumori si affastellano agli sportelli del Cup (Centro unico di prenotazione). In coda, è inevitabile il coro degli scontenti: «Quando hai la visita?», ci si chiede. Il prossimo mese, quando va bene, o il prossimo anno? Per tanti cittadini riuscire a prenotare nei tempi indicati dalla ricetta del medico curante è un’impresa. C’è chi si reca in prima persona agli sportelli, chi regge la cornetta per ore, sperando in una risposta, e chi decide di rivolgersi al privato, pagando di tasca propria una prestazione medica. C'è una terza via, in extremis, quella del pronto soccorso, per chi è disposto a passare una giornata in corsia pur di avere accesso a un esame. È l’annoso problema delle liste d’attesa, nota dolente della sanità pubblica italiana, tornato agli onori della cronaca nello scontro fra Ministero della Salute e Regioni.

Come se la cava Bologna con l’erogazione di visite, esami e interventi? Ha retto l’impatto della pandemia e la conseguente chiusura dei reparti?

In forte contrasto con il sentire della gente, i dati rintracciabili sulla piattaforma regionale per il monitoraggio dei tempi d’attesa mostrano una buona capacità di risposta generale, con un dovuto distinguo fra prestazioni urgenti e differibili, e fragilità di lunga data. Scorrendo fra le colonne della banca dati ad accesso libero si osserva l’indice di performance (rapporto percentuale fra il numero di prenotazioni entro i tempi d’attesa standard e il totale delle prenotazioni), per tipologia di prestazione e arco di tempo considerato. Vale a dire, quante prescrizioni effettuate dal medico di medicina generale o dallo specialista ospedaliero hanno avuto una risposta entro i tempi di legge. Per cominciare, abbiamo posizionato la nostra lente d’ingrandimento su visite ed esami strumentali. La tempistica presa in esame comprende il mese di maggio 2025, quello del 2024 e quello del 2022, subito seguente alla riapertura post lockdown. Le prestazioni a elevata urgenza, corrispondenti al codice “B” breve, con necessità di intervento entro dieci giorni, presentano tassi di risposta sempre del 100 e 99%. Segno dell'efficacia con cui l’azienda sanitaria prende in carico i pazienti con rischio di rapido aggravamento della patologia o del dolore. Dall'altro lato, la situazione è più variegata per la classe di priorità differibile “D”, con tempi massimi d’attesa stabiliti per legge rispettivamente a 30 giorni per le visite e 60 per la diagnostica. Se da un lato, a detta della Regione, troviamo campi di indiscutibile eccellenza, come le visite per la chirurgia vascolare, oncologica, fisiatrica, cardiologica e diabetologica, dall’altro permangono criticità non ancora risolte. Prima fra tutte, la dermatologia con il 42, 36 e 34% dei pazienti che, nei mesi considerati, non ha avuto risposta entro i tempi massimi di legge. Analogie con l’oculistica, dove non ottiene una consulenza il 36% dei pazienti. Un’altra nota dolente è la visita otorinolaringoiatrica, caratterizzata da un andamento altalenante. Nel 2022 rimaneva scoperto poco più di un paziente su cinque. Si nota una riduzione dell’indice di performance anche per la visita neurologica: il 96% di copertura del dopo pandemia si indebolisce per assestarsi all’81%. E se una donna necessita di un accertamento ginecologico o di una presa in carico per gravidanza? La probabilità di doversi rivolgere al privato nell’immediato dopo pandemia era del 40%, poi ridotto al 33, fino al 15% del mese in corso. Nell’insieme, è interessante osservare la variazione dell’indice di performance complessivo di tutte le visite. Se nella primavera scorsa si è assistito a un balzo positivo di più di dieci punti percentuali, dal 75,5 all’87,1%, nell’ultimo mese l’efficacia si è ridotta di tre punti, arrivando all’84,1%. Sempre la piattaforma Tdaer segnala una capacità globale di eseguire il 90,1% degli esami diagnostici prescritti, seppur in riduzione del 5% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. Una buona notizia per i cittadini in coda ma non per tutti. Non di certo per quelli in attesa di un elettrocardiogramma da sforzo. Oggi non lo riesce a fare il 32%, un dato in miglioramento rispetto al 51 e al 37% del dopo pandemia. A destare preoccupazione anche l’elettrocardiogramma holter e l'ecocolordoppler, per cui rimane tagliato fuori ancora un paziente su cinque, così come le tac al bacino, al rachide e la risonanza magnetica all’addome, con un tasso di mancata risposta intorno al 14-20%. Sul fronte degli interventi chirurgici, le schede di dimissione consultate sulla piattaforma statistica ReportERHome-Stats evidenziano un aumento della media cumulata dai 56 giorni di attesa del 2022 ai 69 del maggio 2025. Si riducono tuttavia le tempistiche della chirurgia generale, di quella oncologica e di tutte quelle operazioni catalogate come “altro”.

I malumori trapelano dai cittadini ma anche dalle istituzioni. Il Ministero della Salute e le Regioni portano avanti, da oltre un anno, un’interlocuzione che ha infuocato la conferenza Stato-Regioni. Lo scontro si gioca sulla possibilità, avanzata dal ministro della salute Orazio Schillaci, di attivare poteri statali sostitutivi in caso di «situazioni indegne e pratiche opache», che ostacolino l’esercizio del diritto alla salute dei cittadini. Il riferimento è a quel 27% di strutture sanitarie, su base nazionale, in cui sono state rilevate irregolarità dai Nas. Prima fra tutte, la chiusura delle agende, indizio dell’impossibilità a prenotare anche a distanza di mesi. In risposta, le Regioni denunciano il rischio di un’invasione delle competenze in una materia, quella della salute, a legislazione concorrente. Insomma, alcuni avanzano il sospetto di un commissariamento politico, imposto secondo logiche di opposizione partitica e privo di indicatori chiari per distinguere le regioni virtuose da quelle negligenti. Nello specifico, il focus posto su Bologna rivela un andamento con fragilità residue difficili da estirpare ma che, in linea generale, lascia ben sperare. L’assessore alla sanità Massimo Fabi ha annunciato l’aumento, in termini assoluti, di un milione e mezzo di prestazioni nel solo 2024, ottenuto grazie allo stanziamento aggiuntivo di 50 milioni di euro da parte della Regione. Un'iniziativa resa necessaria data l'insufficienza di fondi statali: «Con tutto il rispetto per il ministro Schillaci, nei finanziamenti ordinari che vengono forniti alle Regioni sono contenute anche le risorse destinate all'abbattimento dei tempi d’attesa - spiega Fabi - ma nell’ultimo documento economico finanziario si è persa anche quella destinazione specifica. Quindi non c’è un obiettivo specifico e aggiuntivo di risorse. All’EmiliaRomagna spettavano 38 milioni non aggiuntivi, noi ne abbiamo utilizzati più di 50». Un aumento di fondi che deve andare di pari passo con il governo della domanda, ossia con l’appropriatezza delle prescrizioni fatte da medici di medicina generale e ospedalieri, per ridurre la pressione di quelle ritenute non necessarie. Sul tema si è espresso anche Salvatore Lumia, presidente regionale del sindacato dei medici Cimo-Fesmed, con una riflessione che amplia la prospettiva del dibattito. «Oltre a chiedere maggiori finanziamenti, sarebbe opportuno intervenire sulle cause della carenza di personale, rendendo nuovamente attrattivo il lavoro del medico negli ospedali pubblici. Migliorare le condizioni di lavoro, adottare rapidamente i contratti integrativi, assumere gli specializzandi con il "Decreto Calabria" e rendere competitive le condizioni economiche».

La disputa fra Stato e Regioni è in continuo sviluppo. È del 22 maggio l’accordo che, secondo Massimiliano Fedriga, presidente della conferenza delle Regioni, renderà più trasparenti i parametri per l’imposizione e il piano spese che riguardano i poteri statali periferici. E intanto si attende l’inaugurazione della piattaforma nazionale delle liste d’attesa, in cui confluiranno tutti i dati regionali. Un mezzo realizzato in collaborazione con Agenas che, si spera, dirimerà dubbi e responsabilità agli occhi dei tanti cittadini ancora senza cure.

 

L'articolo è tratto dal "Quindici" n. 6 del 25 giugno 2025