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La sede della cineteca di Bologna (foto di Paolo Tomasi)
«Sono ottimista sul futuro del cinema a patto che riesca a parlare ai giovani». È un appello al rinnovamento quello con cui Thierry Fremaux, direttore del festival di Cannes, ospite alla rassegna “Il cinema ritrovato” di Bologna, descrive lo stato di salute della settima arte.
Solo qualche anno sembrava che il Covid potesse rappresentare la fine delle sale cinematografiche. All’emorragia di pubblico si sommava la crescita esponenziale del mercato delle piattaforme con i film che sembravano ormai un prodotto da declinare solo nella comodità dell’on-demand.
«Le piattaforme hanno mostrato i propri vantaggi ma sono fiducioso perché il grande schermo sta cercando il modo per trasferire il proprio fascino al pubblico e in molti casi ci sta riuscendo». Commenta Fremaux.
Per il direttore del festival di Cannes bisogna sempre partire dalla qualità delle pellicole, così da creare continuità fra una proposta giovane e il catalogo storico delle cineteche. «Il cinema sta diventando come la letteratura. Noi siamo nella fase della creazione contemporanea, bisogna affiancare ora anche quella della consapevolezza storica».
Proprio dalla qualità delle nuove proposte nascono le speranze di Fremaux. «Goddard diceva che era a fine giornata quando aveva finito le idee, al di là degli orari e dei formalismi, si è dimostrata una libertà feconda. È importante che gli emergenti siano lasciati liberi di gestire il proprio processo creativo. La creazione contemporanea mi dà fiducia. Vi faccio un esempio tutto italiano, “La città di pianura” di Francesco Sossai è una grande scoperta recente».
Al di là dell’ottimismo il settore cinematografico sta vivendo un momento di transizione, denso di contrasti. La contrapposizione più evidente è quella fra i diversi tipi di pubblico, fra il circolo ristretto dei cinefili e chi invece ha una visione della settima arte che sconfina nell’intrattenimento. Se da un lato le rassegne delle cineteche si dimostrano in grado di attrarre spettatori – il Modernissimo della cineteca di Bologna lo scorso anno è stata la prima fra le monosale in Italia per biglietti venduti – dall’altro non sembra esserci fine al trend negativo dei cinema tradizionali.
«La gente, in termini assoluti, va meno in sala, vale in Italia, vale in Francia e nel resto del mondo. Il problema è che le proiezioni sul grande schermo, nel secolo scorso sono state importanti per plasmare gli spiriti delle persone, per parlare alle masse, anche oggi potrebbero avere quel ruolo. Il pubblico è ancora lì, dobbiamo trovare un modo per riportare la gente in sala», commenta Fremaux.
La chiosa finale chiama in causa proprio le cineteche. Per Fremaux: «C’è bisogno di storici e critici per raccontare la storia del cinema. Cosa faremo nei prossimi anni? Il restauro dei film in digitale ha già interessato praticamente tutti i grandi classici. Ormai spesso si parla di restauro del restauro, bisogna tornare ai cataloghi cercando di promuovere opere di nicchia ma di qualità».