Diritti

La consigliera Dem Simona Lembi (foto concessa da ufficio stampa)

 

«Nel 2024 l'offerta della pillola Ru486 sul territorio regionale ha raggiunto quasi il 73% delle interruzioni volontarie di gravidanza (ivg) eseguite complessivamente in Emilia-Romagna». Lo ha detto stamattina, in Regione, l’assessore alla sanità Massimo Fabi, rispondendo all'interrogazione della consigliera Dem Simona Lembi. Una tema delicato e complesso, quello dell’aborto, su cui da sempre si scontrano direttamente e indirettamente le diverse fazioni politiche e le diverse correnti partitiche, in un insieme di propaganda e ideologia difficile da decifrare.

Il dato interessante riguarda anche i medici obiettori di coscienza (quelli che si rifiutano di somministrare la terapia o di procedere all’interruzione della gravidanza invasiva) che, sempre nel 2024, sarebbero il 38,8%, diminuiti rispetto al 46,6% del 2020. Un dato ben al di sotto della media nazionale che si assesta al 63,4%. La pillola Ru486 consente alle donne di interrompere la gravidanza senza sottoporsi all’intervento chirurgico, sempre che l’assunzione avvenga entro le prime sette settimane. Il farmaco blocca l’azione del progesterone, un ormone necessario per il mantenimento della gravidanza, mentre l’espulsione dell’embrione è favorita dall’azione della prostaglandina, somministrata insieme alla Ru486, che induce le contrazioni uterine e la fuoriuscita del tessuto embrionale.

La consigliera Lembi, sentita da InCronac@, precisa che «in tutta Italia la Ru486 ha ormai superato gli interventi chirurgici. Peraltro, nel 2023, in Regione, le interruzioni di gravidanza complessive sono state 5.854, in calo rispetto all’anno precedente dell’1,3%. Con riferimento all’utilizzo della pillola Ru486, il dato è molto buono. Ci sono alcune differenze territoriali ma è comunque la manifestazione di un trend in aumento dell’ivg farmacologica. L’utilizzo della pillola permette di intervenire precocemente e, così, diminuire i rischi di complicazioni. E poi le donne la preferiscono. In ogni caso, vanno potenziate le strutture, come richiedono anche i medici e gli operatori dei consultori e va promossa la diffusione della Ru. Un punto di debolezza che non è più attuale è la necessità di imporre alla donna una settimana di riflessione, questo sia per l’assunzione della pillola, sia per la procedura chirurgica. Forse, aveva senso cinquant’anni fa, quando era una sorta di mediazione tra le diverse esigenze in campo. Oggi è un punto superato. È evidente che una donna che si reca in un consultorio la decisione l’ha già presa. Considero malvagie e cattive quelle politiche che impongono ulteriori momenti di attesa. È dal 1996 che l’Oms considera la Ru un medicinale vitale per la donna, e questo la dice lunga».