Quorum

Il referendum è stato un flop (foto Ansa)

 

L'Emilia-Romagna non è più la regina del quorum. La regione si guarda al referendum e non si riconosce: come un Dorian Gray che sembra quasi la controfigura di ciò che pensava di essere. Innanzitutto viene scalzata dalla Toscana in quanto ad affluenza al voto: 1.284.136 emiliano-romagnoli (38,10% degli elettori) sono stati battuti dagli 1.095.782 di toscani (39,09% degli elettori) accorsi alle urne. A seguire un’altra sorpresa: è la percentuale dei no al quinto quesito, quello sulla cittadinanza per gli stranieri. In Emilia-Romagna si è votato al 35,68 % contro la diminuzione da 10 a 5 anni del tempo necessario per diventare cittadini italiani. Un risultato che supera sia la già citata rivale Toscana (32,94%) sia l’Italia in generale (34,51%). È evidente che anche in una regione storicamente di sinistra qualche crepa inizia ad esserci. La differenza rispetto al rapporto sì/no del primo quesito è abissale: in Emilia-Romagna solo l’11,92 % ha votato contro il reintegro dei dipendenti licenziati illegittimamente. 

Diverso il caso di Bologna, dove il no al quinto quesito è arrivato dal 22,36 % dei votanti (31.352 cittadini). Un piccolo successo per i sostenitori dell’abrogazione, che rimangono però con l'amaro in bocca: neanche sotto le Due Torri è stato raggiunto il quorum. Lo si sfiora, è vero, con il 47,67% degli elettori votanti, ma l’esito non può che deludere chi come Michele Bulgarelli, leader della Cgil di Bologna, pensava che «il quorum fosse davvero raggiungibile». E invece il referendum è stato un flop nell’intera nazione: i numeri dicono che 14.067.256 persone sono andate a votare, il 30,58% degli elettori. Risultati che non stupiscono dal momento in cui negli ultimi trent'anni, solo i referendum su nucleare e acqua pubblica (nel 2011) hanno superato il quorum.

Difficile dare una sola motivazione al fallimento dei quesiti proposti dall'opposizione al governo. La stessa Bologna si è frammentata in aree con più partecipazione e altre meno: la sezione 17, corrispondente a via Sabotino, è riuscita addirittura superare il tetto del 61%, registrando un record. A fare da contraltare è la sezione 189, Santo Stefano, dove è stato raggiunto appena il 17% dei partecipanti al voto. 

La provincia arricchisce il quadro delle curiosità: l’unico comune bolognese ad aver ottenuto più della metà dei voti è Anzola dell’Emilia con il 50,16% di partecipazione. Ad essere alto, però, è anche il tasso del no al quesito sugli immigrati: 36,03%, un valore che supera sia la percentuale generale italiana che quella dell’Emilia-Romagna. Il comune invece con la minore affluenza alle urne è Castel d’Aiano con il 26,46%, dove la percentuale contraria all'ultimo quesito del referendum è del 31,29 %.

Per Stefano Bonaccini, ex governatore dell’Emilia-Romagna, la sconfitta dei quesiti promossi dalla sinistra «fa riflettere». Ancora più netto il sindaco di Bologna Matteo Lepore:  «Abbiamo perso, ma c'è un'autostrada davanti a noi. Siamo al momento a livello nazionale di trasformare la ritrovata capacità di mobilitazione del Pd e del centrosinistra tra piazze e urne in qualcosa di più grande: una Costituente dell'alternativa alle destra, ma anche alla sfiducia». Secondo invece Emily Clancy, vicesindaca di Bologna, «sulla cittadinanza c’è stata mistificazione». 

Massimo Bussandri, Segretario della Cgil Emilia-Romagna, ammette: «Non abbiamo vinto ma uno su tre è con noi. Peccato non aver raggiunto nemmeno lo scopo di abrogare norme nefaste per il lavoro e i lavoratori». Il sindacalista analizza le cause della sconfitta: gli appelli a non andare a votare hanno avuto un peso, specie quelli delle istituzioni che hanno invitato a stare a casa o non ritirare le schede al seggio». Bussandri preferisce tuttavia guardare il bicchiere mezzo pieno: «Più di 1,1 milioni di elettori quindi hanno condiviso il progetto proposto dalla Cgil per un lavoro sicuro e non ricattabile». Un patrimonio, a detta del segretario, che la Cgil farà valere in futuro.