Referendum

I sindacati spingono per i cinque sì (Foto di Matteo Zoboli, delegato Fiom alla Lamborghini)
È partito il conto alla rovescia per il referendum dell’8 e del 9 giugno. Gli italiani saranno chiamati alle urne per votare i cinque quesiti: quattro riguardanti il lavoro e uno sulla cittadinanza. I seggi elettorali sono pronti, ma fuori il clima è ancora incerto. A Bologna, nei capannoni e nelle mense delle grandi aziende metalmeccaniche, si respira una tensione fatta di aspettative e speranze. Negli ultimi giorni il dibattito è entrato anche nelle pagine di Incronac@, con gli articoli di Federico Mosca che ha dato voce ai protagonisti politici e sindacali di questa campagna referendaria. Insomma, sono ore di battiquorum, di mobilitazione, di volantini distribuiti nelle piazze, da quella dedicata a Lucio Dalla, fino ad arrivare a quella del Nettuno in pieno centro storico. Sono state numerose anche le riunioni sindacali. La parola d’ordine è partecipazione, anche se la sfida più grande resta convincere chi ancora non ha deciso se andare a votare per far raggiungere il quorum.
«La cosa positiva è che finalmente si è tornato a parlare di lavoro, un tema sempre ai margini della discussione politica», dice Matteo Zoboli, delegato Fiom alla Lamborghini. Alla casa del Toro, l’atmosfera è intensa. Le assemblee hanno coinvolto non solo i dipendenti diretti, ma anche i lavoratori in appalto. «Il referendum li riguarda in prima persona ed è molto sentito – prosegue Zoboli –. Sui quattro quesiti sul lavoro l’allineamento è costante, sul quinto invece, quello riguardante la cittadinanza, è servito un approfondimento perché c’era confusione. Abbiamo invitato una promotrice della campagna e, una volta capito il contenuto, ha trovato consenso unanime». In Lamborghini si voterà «compatti e con coscienza». E mentre si avvicina anche il Family Day – festa aziendale che coincide con il giorno del voto – il referendum sarà ancora una volta al centro, un’occasione per rinnovare l’invito ad andare alle urne e festeggiare insieme. «Tra i giovani il sì alla cittadinanza è netto – conclude Zoboli – mentre tra i più vicini alla pensione c’è più titubanza. La tv non ha aiutato: la campagna informativa è stata lacunosa».
A ribadire il divario generazionale è anche Daniele Ippoliti, delegato Fiom: «I giovani sentono il tema dei contratti precari, la loro partecipazione è alta. I più anziani, dopo le assemblee, tornano più consapevoli, ma una parte resta scettica per ragioni politiche perché non si sentono rappresentati dai partiti e rimangono scettici sul quesito sulla cittadinanza. Ma sono fiducioso, anche solo essere riusciti a riportare il lavoro al centro del dibattito è una mezza vittoria».
Allo stabilimento Gd, la situazione è più frastagliata. Mirco Simili, delegato Fiom, descrive “diversi sentori”. «C’è chi non andrà a votare perché non si sente rappresentato, chi voterà solo per alcuni quesiti, chi ha dubbi su quello che mira a per facilitare l’ottenimento della cittadinanza italiana da parte di figli di persone straniere nati o cresciuti in Italia. Noi spingiamo per il voto, soprattutto per i giovani e per i temi degli appalti; serve tutela, non solo per i lavoratori ma anche per quei ragazzi stranieri che oggi non possono neanche andare in gita scolastica come gli altri bambini Italiani».
Ma l’umore più teso arriva dalla multinazionale italiana Ima, dove Massimo D’Alessandro, delegato Fiom, non nasconde la frustrazione. «Ieri ci sono rimasto un po’ male, soprattutto per i giovani. Metà di loro non ha idea di cosa sia il sindacato, né del mondo del lavoro. Alcuni ci hanno persino deriso. Ho timore che da parte dei giovani possa esserci molto astensionismo perché molti mostrano poco interesse a comprendere i cinque quesiti referendari, se il quorum non verrà raggiunto sarà anche per colpa di questa nuova generazione di giovani disinteressati, sempre attaccati al cellulare che non si informano e che non andranno a votare. Peccato che questo referendum parli proprio a loro», ha detto.
Poi l’affondo. «Il tema dei diritti oggi non interessa più. Eppure basterebbero cinque minuti domenica o lunedì per riconquistarli. Sui più anziani almeno possiamo contare, sembrano più consapevoli. Ma sul quesito della cittadinanza vediamo una superficialità allucinante: la maggior parte si ferma allo stereotipo dello “straniero delinquente”. Va chiarito che indebolire una fascia della società vuol dire indebolire tutti».
La Fiom, nel suo complesso, è compatta sui cinque Sì. «Un sindacato che non lotta per i diritti – conclude D’Alessandro – dovrebbe chiedersi se sta facendo bene il suo lavoro».
Diversa la posizione di Gianluca Valentini, rappresentante della Uilm che a margine dell’evento tenutosi oggi presso la sede della Cgl ha dichiarato: «Non siamo promotori del referendum, per noi resta fondamentale il diritto alla libertà di espressione. Abbiamo insegnato che si vota liberamente ma non diamo nessuna indicazione di voto».
Ma chi il referendum l’ha sostenuto fin dal primo giorno, come Giovanni Cotugno della Fiom-Cgil, non ha dubbi: «Veniamo da dieci anni di arretramento sui diritti. Questa è un’occasione irripetibile. Chi si astiene dl voto solamente per il quinto quesito perché non vuole “dare qualcosa a qualcun altro” fa un atto autolesionista. È ora di riprendersi un pezzo di diritti perduti».
Ora la palla passa ai lavoratori e ai cittadini italiani aventi diritto. Le urne resteranno aperte per due giorni e l’obbiettivo è uno solo: raggiungere il quorum per fare la differenza, perché ormai è chiaro che i sindacati spingono per i cinque sì. Nelle parole raccolte tra i reparti emerge un’Italia che vuole ricominciare a discutere di lavoro, tutele e cittadinanza. E che, almeno per un weekend, chiede di non restare in silenzio.