Referendum

Gianfranco Fini

Gianfranco Fini (foto Ansa)

 

Tra inviti al voto, al non voto, ai rifiuti meloniani della scheda, alle questioni sul quorum sollevati dai giuristi dell’ultim’ora. E tra malumori e nasi tappati. Gianfranco Fini, che la politica l’ha vissuta, mette in guardia da un semplice e ormai abusato consiglio che viene spontaneo ricordare, se i quesiti sono complessi. Quello di Bettino Craxi: «Andate al mare invece che recarvi alle urne». «Poi però al mare ci è finito lui», ricorda l’ex leader di Alleanza Nazionale e ex presidente della Camera, intervistato da “InCronac@” per ripercorrere la sua carriera politica e umana.

«Il referendum è un formidabile strumento di democrazia diretta. Il problema è che i quesiti interessano in minima parte la pubblica opinione. Sa perché non si raggiungerà il quorum? Perché, per capire veramente su che cosa ci si deve pronunciare, bisogna essere veramente molto attenti ai meccanismi legislativi». Meccanismi legislativi che Fini conosce bene e che ripercorre nell’intervista in uscita il 12 maggio sul “Quindici”, di cui va in pagina oggi un'anticipazione su un tema di attualità. «Il referendum è diventato uno strumento di lotta tra i partiti. Si pongono questioni che non portano l’opinione pubblica a schierarsi direttamente a favore o contro qualcosa. Ricordo la consultazione sul divorzio, quello sulla legge elettorale, quello sulla monarchia o la Repubblica. Ecco, quelli erano quesiti sui quali era più che naturale esprimersi con un sì o con un no secco. Poi, non dimentichiamoci che sono tutti referendum abrogativi ed è una gran fatica: “Tu sei favorevole? Sì. Allora devi votare no. Come, voto no se sono favorevole? Questo è un problema di non poco conto».

Sul tema dell’astensione, discusso in queste settimane tra accesi scontri della maggioranza e dell’opposizione, Fini ricorda alcune dichiarazioni dell’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, secondo cui «il non recarsi alle urne è già una bocciatura. Certo, il no è una bocciatura dichiarata, ma se non vai a votare vuol dire che il quesito non ti interessa, che non lo ritieni rilevante». E poi il quorum, una parola dal fascino latino che è tornata di moda più che mai, come a dire che le buone vecchie tradizioni sono dure a morire. «Attenzione, io non parlerei di abolizione del quorum. Se non ci fosse, ci sarebbe il rischio di far passare una legge con il voto del 5% degli elettori, tanto per dire. Certo lo abbasserei, ma bisogna evitare che passi una legge su cui si sono pronunciati pochi aventi diritto. C’è il rischio che il referendum diventi uno strumento molto demagogico. L’Assemblea Costituente fissò il quorum al 50% proprio perché il quesito era fondamentale. Monarchia o Repubblica, mica si discuteva del comma 7 dell’articolo 4 e via dicendo. Volete un Presidente o un Re? Bene, vogliamo un Presidente».