campiello

La selezione della cinquina del Campiello (foto Ansa)
«L’unico vero Nord è il polo magnetico». Non ha alcun dubbio su questo lo scrittore e italianista Marco Belpoliti, reggiano d’origine ma trapiantato in Lombardia, candidato finalista al Campiello 2025 per la narrativa, il premio letterario sostenuto da Confindustria Veneto. Il titolo con cui concorre è “Nord Nord” (Einaudi), un travolgente percorso storico e geografico all’interno dei confini e oltre del cosiddetto “Nord Italia”, un concetto nebuloso e affascinante, ricco di suggestioni e punti di domanda. L’autore si racconta a “InCronac@” in attesa della serata del 13 settembre, data in cui verrà proclamato il vincitore.
Lei è entrato nella cinquina finalista del Campiello. Cosa ha provato alla notizia di ciò?
«Sorpresa. Qualche premio l’ho vinto, ma non pensavo a tutto questo, a un onore così importante. Non sono abituato».
È candidato al più noto premio letterario del Nord Italia con un’opera che tratta proprio di quest’area. Coincidenza?
«Può darsi. Però nel mio libro il Veneto non c’è, se non di sguincio, perché parlo di Bergamo, che fu sotto l’influenza della Repubblica di Venezia. È anche vero che tratto della figura di Arlecchino, quindi potrebbe esserci un’allusione. E poi c’è il capitolo sul merluzzo, alla base della cultura culinaria veneta. Ma alla fine ritengo sia una cosa assolutamente casuale».
Che cosa l’ha spinta a redigere un lungo reportage che mette insieme letteratura di viaggio e memorialistica su una terra così eterogenea?
«Il fatto che io vivo nei territori che racconto da trentacinque e passa anni. Sono luoghi, paesaggi che ho percorso, di cui conosco la storia, la geografia, le persone».
E che rapporto ha oggi con la Bassa padana e con Bologna?
«Ho vissuto fino a trent’anni tra Reggio Emilia, Modena e Bologna. In quest’ultima ci ho anche studiato. Ritorno spesso sia nella zona dell’Emilia che in quella della Romagna. Sono terre che frequento con piacere. “Nord Nord” è il secondo sportello di questo mio retablo, di questa mia “trilogia italiana”, iniziata con “Pianura”, e la terza parte racconterà storie della mia famiglia, dei miei luoghi d’origine».
Può citare un personaggio realmente esistito protagonista del suo narrare?
«Mi viene in mente Alberto Arbasino, un grande scrittore lombardo che ha passato la vita a Roma, città unica, la più bella del mondo per me. Tolto Venezia, che è un gioiello, è fuori dall’idea che abbiamo di città. Roma è come se ci fosse sempre stata, e ci sarà ancora. Arbasino ci ha vissuto ma è sepolto al Nord, a Voghera, appena sopra il livello del mare».
E un aneddoto legato alla stesura del testo, alle esperienze fatte durante il suo peregrinare?
«Sono interessanti le ricerche che ho fatto sulle origini della sorgente del fiume Drava, che nasce in Trentino-Alto Adige, corre verso Est e confluisce nel Danubio, il quale poi sfocia nel Mar Nero. Nasce dal versante di un’alta montagna, come un trasudo. È un fiume lungo un centinaio di chilometri più del Po».
Qual è il tema cardine del libro?
«In “Nord Nord” l’asserto principale è che l’Italia è un Paese europeo del Sud. Tutti in Europa lo sanno, tranne noi italiani. Per tutti gli altri è Sud. Il Nord è un concetto relativo».
Quindi alla fine questo “Nord Nord”, dal punto di vista della cultura e dell’identità, non esiste per davvero?
«L’unico vero Nord è il polo magnetico, l’unico a essere assoluto. Bisogna tirare fuori la bussola, valicare le Alpi, la Germania, la Danimarca e così via. C’è sempre un Nord ulteriore».